L’erionite è un minerale appartenente al gruppo delle zeoliti, comunemente presenti nelle rocce vulcaniche e ampiamente utilizzate in vari ambiti, dall’edilizia all’agricoltura. Sebbene la maggior parte delle zeoliti non rappresenti un rischio per la salute umana, l’erionite si distingue per la sua elevata tossicità se inalata, risultando centinaia di volte più pericolosa dell’amianto. A partire dagli anni Settanta, questo minerale è stato identificato come la causa principale di un’epidemia di mesotelioma pleurico maligno (MPM) in alcuni villaggi della Cappadocia, dove il materiale da costruzione delle abitazioni conteneva erionite.
Un recente studio condotto da un team di ricercatori della Sapienza Università di Roma, dell’Università di Genova e dell’ENEA, nell’ambito del Partenariato Esteso RETURN e finanziato dall’UE – NextGenerationEU, ha approfondito i meccanismi alla base della tossicità di questo minerale, finora poco chiari. Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Hazardous Materials, ha adottato un approccio interdisciplinare per esaminare le modifiche strutturali e chimiche che le fibre di erionite subiscono una volta fagocitate dai macrofagi polmonari, cellule immunitarie deputate alla rimozione di particelle estranee.
I risultati della ricerca hanno evidenziato che l’ingestione delle fibre da parte dei macrofagi innesca uno scambio ionico che altera il pH cellulare, compromettendo il funzionamento dei lisosomi, organelli responsabili della degradazione delle sostanze estranee. “Il processo di scambio ionico – spiega Paolo Ballirano, docente alla Sapienza – è stato individuato grazie ad esperimenti di diffrazione a raggi X su polveri, condotti su quantità minime di fibre recuperate dalle cellule dopo periodi di incubazione variabili tra 24 ore e 14 giorni”.
Sonia Scarfì, docente dell’Università di Genova, aggiunge che “l’alterazione del pH cellulare provoca un’elevata richiesta energetica, portando a un’iperattivazione dei mitocondri. Dopo alcuni giorni, questa condizione determina un aumento della produzione di radicali dell’ossigeno, seguito da un progressivo deterioramento mitocondriale che può culminare nella morte cellulare”.
Un aspetto critico di questo processo è la straordinaria stabilità chimica dell’erionite nei fluidi biologici. Una volta rilasciata nello spazio extracellulare, la fibra recupera la sua tossicità, dando il via a un ciclo potenzialmente infinito di danni cellulari. “Questo fenomeno – concludono Ballirano e Scarfì – alimenta uno stato di infiammazione cronica, che nel tempo può favorire lo sviluppo di patologie oncologiche” (VEDI Agenzia DIRE).

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