Il tribunale di Brindisi condanna la Asl che costringeva al demansionamento dell’infermiere

Ha fatto discutere la sentenza del Tribunale di Brindisi con la quale una ASL è stata condannata al risarcimento del danno sofferto da un infermiere, costretto a svolgere non le sue mansioni ma quelle proprie degli OSS. Le ragioni sottese a questa condanna risiedono nell’avvenuto demansionamento dell’infermiere, una pratica vietata in Italia, così come stabilito dall’art 52 D.lgs 165/01.

Le differenti figure professionali

I giudici investiti del procedimento hanno evidenziato da subito le differenze intrinseche nelle due figure e senza che sia stato dato vita ad un giudizio volontario sulla posizione gerarchica rivestita da una categoria sull’altra, il tribunale ha messo in risalto il carattere proprio delle competenze infermieristiche, maggiormente qualificate e pertanto superiori a quelle dell’operatore socio sanitario.

Il fatto

Il caso ha riguardato la posizione di un infermiere di un reparto  di chirurgia vascolare, che ha lamentato, a causa della carenza organica di personale OSS e OTA all’interno dell’azienda, che lo stesso venisse impiegato in funzioni alberghiere non rientranti tra quelle proprie della professione infermieristica. Questo è quadro di riferimento che ha portato i giudici ha emanare la sentenza di condanna n° 1306 del 9 maggio 2017.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Il demansionamento è sempre vietato?

E’ fondamentale sottolineare come in Italia, il demansionamento non sia sempre vietato, ma nelle ipotesi in cui si sia stati adibiti a mansione inferiore questa deve avere il requisito della breve durata, deve rivestire carattere esclusivamente occasionale e deve consentire al lavoratore di svolgere in maniera prevalente le mansioni proprie della qualifica professionale di riferimento. Nel caso in esame i giudici hanno ritenuto esistente una violazione di queste prescrizioni evidenziando come il lavoro dell’infermiere per la costante richiesta da parte dei superiori di svolgere altre mansioni, fosse privo di quel carattere eccezionale.

A seguito della sentenza resa il Tribunale di Brindisi ha condannato la ASL al pagamento delle spese di giudizio. Entrando nel merito della questione i giudici hanno inoltre condannato la stessa azienda sanitaria al pagamento di una somma pari al 6% della retribuzione percepita dal 1 ottobre 2006 per tutto il periodo del demansionamento.

 

 

 

 

Martino Di Caudo

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