È già operativo in diversi ospedali americani: trattasi di Moxi, un robot umanoide (realizzato da Diligent Robotics) dotato di ruote e di un braccio robotico, che può aprire porte e premere pulsanti, inclusi quelli degli ascensori; caratteristiche che gli consentono di muoversi in spazi complessi, di trasportare forniture e campioni di laboratorio 24 ore su 24 e che gli hanno permesso di raggiungere un grande traguardo: 100.000 corse in ascensore in completa autonomia.
Per raggiungere questo livello di autonomia, Diligent Robotics ha adottato un approccio “human-in-the-loop”, che prevedeva la supervisione umana nelle prime fasi operative. Gli operatori raccoglievano dati sul campo per addestrare l’intelligenza artificiale, ma oggi, grazie a queste basi, i 100 robot Moxi distribuiti in 20 strutture sanitarie possono essere gestiti da remoto.
La capacità di Moxi di interagire con diverse tipologie di porte e ascensori ha consentito lo sviluppo di modelli d’azione avanzati, che potrebbero essere applicati anche ad altri ambiti in futuro. Inoltre, Moxi comunica con il personale attraverso il suo schermo, ad esempio per richiedere un intervento in caso di arresto di emergenza. Utilizza i dati raccolti per evitare percorsi congestionati o ascensori sovraffollati, ottimizzando così i suoi spostamenti.
Cosa c’entrano gli infermieri con questo robot “portantino”? Bella domanda, che andrebbe posta a chi, qui in Italia, lo ha già presentato entusiasticamente come il “robot infermiere” (VEDI hdblog.it). E ciò, ancora una volta, la dice lunga sullo scarso “riconoscimento” sociale di un’intera categoria di professionisti (in fuga) e di una denominazione che forse non riuscirà mai a staccarsi da certi stereotipi e da vecchie figure del passato.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento