Mobbing Infermieristico
In particolare la Giurisprudenza consolidata riconduce il reato di mobbing infermieristico a quello dei maltrattamenti in famiglia ( art 572 c.p.,: chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 571 c.p., maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte. Si tratta di un delitto qualificato come reato abituale a condotta plurima, in quanto per la sua consumazione è richiesta una reiterazione nel tempo di condotte omogenee.)
Ma la riconduzione a tale disciplina non avviene ovviamente tout court, ma potrà avvenire solo in alcuni casi. Per ciò che attiene allo specifico verificarsi di condotte che integrano la fattispecie del reato di mobbing questo deve avvenire in un ambiente parafamiliare.
Cosa vuol dire ambiente parafamiliare?
Vuol dire che ci si deve trovare in un contesto lavorativo anche privato che, per lo specifico ambiente creato e per le modalità e i legami che si intrecciano tra i singoli soggetti, costituisca molto più che un asettico luogo di incontro tra sconosciuti. Luogo di lavoro che rappresenta a pieno tale definizione è quello specifico delle corsie di ospedale e dei reparti, per tali ragioni il mobbing infermieristico interessa così tanti professionisti e per questo motivo è al centro delle cronache nazionali.
L’estensione applicativa posta in essere dalla Giurisprudenza è ovviamente molto forte, ma è stato necessario per ovviare a quel vuoto disciplinare altrimenti creato.
La dottrina ha invece superato il problema della riconduzione al carattere della parafamiliarità dell’ambiente lavorativo, analizzando nello specifico il dato normativo letterario dell’art 572 c.p., che prevede in maniera esplicita il richiamo all’esercizio di una professione, superando, nei fatti, la questione.
Ricordate che la legge vi tutela anche mediante il ricorso ai principi costituzionali e alla disciplina civilistica:
- La tematica in questione assurge a rango costituzionale, quando si tratta di tutelare il lavoratore nell’ambiente del lavoro, che deve permettere di esplicare la sua piena personalità e le sue capacità professionali ( artt.2,3 e 41 Cost.)
- Art 2043 c.c., con il generale principio del neminem laedere, a seguito del quale chi cagiona un danno ingiusto, obbliga chi ha commesso il fatto doloso o colposo a risarcire il danno.
- Art 2087 c.c., mediante il quale è statuito come il datore di lavoro debba adottare le misure in grado, secondo la particolarità del lavoro, di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. Perché si configuri il mobbing è necessario cioè che la condotta si risolva in: “sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui possa derivare la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità” ( Cass.09/3785 ).
- Art 2103 c.c., a seguito del quale non è possibile dar vita al demansionamentodell’infermiere, con l’unica eccezione del c.d. repechage nelle ipotesi di licenziamento per giusta causa. In pratica è la scelta del male minore, piuttosto che essere licenziati si può accettare di essere adibiti a mansione inferiore.
- Anche i procedimenti disciplinari possono celare un atto di mobbing e porsi in antitesi con i dettami di cui agli 1175 e 1375 c.c., quando, infatti, la fase ispettiva, o di contestazione dell’addebito, o quella istruttoria o sanzionatoria rappresentino strumenti utili al solo fine di integrare la condotta vessatoria in questione, in questi casi si potrebbe parlare di mobbing.
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