Per attuare il PNRR, con tutta la “territorialità” del caso attraverso cui ci si riempie la bocca oramai da qualche anno, in Italia mancano qualcosa come 20mila infermieri. Lo ha spiegato, in risposta ad un’interrogazione di Avs durante il Question time alla Camera, il Ministro della Salute Orazio Schillaci (VEDI articolo: Schillaci sul PNRR: “Per attuarlo servono 19600 infermieri”).
La replica di Avs, per mezzo dell’intervento di Luana Zanella, non si è fatta attendere: «Va chiarito, innanzitutto, che la medicina territoriale è stata ed è una risposta fortissima se effettivamente attuata e realizzata a quello che ha dimostrato essere il periodo della pandemia, e cioè un’incapacità del nostro sistema sanitario e sociosanitario a livello sia di prevenzione, che di cura.
È questo il problema, e per questo sono stati stanziati, per la missione n. 6, un numero congruo, importante di miliardi che diciamo essere soldi pubblici e che, a mio giudizio, non sono stati ancora ben utilizzati, perché?
Perché al di là di quello che il Ministro oggi ci ha comunicato, rimane un deficit pauroso del personale infermieristico non soltanto nelle strutture sanitarie tradizionali, ma anche in queste strutture, che non sono nuovissime, però sono abbastanza – diciamo – centrali nella prospettiva di riforma prevista, anche in sintonia con il PNRR, in quanto anche l’AgeNaS dichiara che mancherebbero – e chiudo, Presidente – addirittura da 2.400 a 3.600 infermieri di famiglia e di comunità, personale per cui è già stata stanziato la somma di 480 milioni nel decreto n. 34 del 2020».
Ed ecco che c’è di nuovo spazio per discutere anche dell’assurda questione degli Operatori Socio Sanitari “strumentisti”, proposti dalla Regione Veneto per far fronte alla gravissima carenza di infermieri, che fa riflettere non poco circa la volontà di sostituite i professionisti laureati con altre figure (ausiliarie e a basso costo). Zanella, infatti, rivolgendosi al Ministro, ricorda: «Ebbene, la carenza di personale, in particolare infermieristico, addirittura viene supplita, per esempio nella nostra regione (il Veneto) con dei corsi di 200 ore per far sì che infermieri non specializzati – o meglio, operatori sociosanitari – possano addirittura entrare con funzioni di infermiere specializzato nei reparti chirurgici.
Ecco, quindi per supplire a queste carenze, Ministro, bisogna che il sistema e il Servizio sanitario nazionale venga finanziato adeguatamente …Servizio pubblico, perché altrimenti, anche queste parole, prese in carico, in particolare delle persone più fragili come i tanti anziani e le tante anziane sono flatus vocis».
Tutto giusto, sacrosanto. Ma che ora gli OSS vengano addirittura chiamati “infermieri non specializzati”, non fa che acuire la tristezza degli infermieri italiani e la confusione di ruoli che da tempo regna sovrana in sanità: tra “assistenti infermieri”, super OSS e il dannato demansionamento sistematico che colpisce i professionisti laureati in Infermieristica e che spesso li fa comportare davanti agli occhi di tutti come manovali ospedalieri (altro che professionisti laureati!), in sanità infatti non si capisce quasi più nulla.
Può davvero essere questo il futuro del nostro sistema sanitario?
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