Emozionario dei professionisti sanitari: il progetto del Laboratorio di Nursing Narrativo
a cura di Paola Gobbi e Titti De Simone – Laboratorio di Nursing Narrativo, Milano
nursingnarrativo@gmail.com – desimone.titti@gmail.com
Ogni infermiere, ogni professionista della salute nella pratica quotidiana si trova ad utilizzare parole, gestire relazioni, stabilire connessioni, sentire emozioni, provare sentimenti, elaborare, o almeno provarci, stati d’animo.
Il fragilissimo materiale (esseri umani ed emozioni) con cui lavoriamo ci obbliga a sviluppare competenze comunicative e relazionali, patrimonio del singolo che deve divenire risorsa per tutte le professioni, punto di partenza e di discussione che si rinnova e che trae spunto, per riflettere, dalla pratica quotidiana che ad ogni ora del giorno e della notte ci vede “accanto ad un altro” (assistito, collega, membro dell’équipe multidisciplinare), portatore di storia, di conoscenze, di vissuti.
L’idea dell’Emozionario nasce per dare respiro e spazio alla elaborazione di un piccolo prontuario, per ragionare insieme sulle emozioni che ci troviamo a gestire ogni giorno, per cercare di afferrare significati, decifrando sensi, partendo dalle radici etimologiche, filosofiche, antropologiche e sociali di parole che ci parlano di emozioni, sentimenti, sensazioni, del fragile e ricchissimo mondo del sentire che appartiene alle umane creature ed alle professioni di aiuto.
Sono significati che si arricchiscono delle esperienze e del vissuto di ognuno di noi, che cercano sguardo ed attenzione per trasformarsi in validi strumenti di cura ed autocura, per sviluppare l’intelligenza emotiva di chi, ogni giorno, è pronto a connettersi con l’altro in luoghi di intimità esposta e fragilità dovute alla malattia, la morte, il dolore, la disabilità.
E’ un progetto che ha l’ambizione di coinvolgere tutta la comunità dei professionisti sanitari. Giunge in questo momento storico, in mezzo ad una pandemia che ci ha affaticati e messo sotto i riflettori. Arriva per ridisegnare, tutti insieme, nuovi confini e si auspica di divenire un modo per ricominciare, semplicemente da noi, da ciò che siamo e da quello che siamo sempre stati, da quello che abbiamo intenzione di divenire.
Il Laboratorio di Nursing Narrativo, Milano – presente su Facebook con 2300 iscritti, ha accolto con entusiasmo il progetto proposto dalla collega Titti De Simone mettendo a disposizione spazi e risorse (umane e tecnologiche) affinché l’Emozionario possa prender vita e diventare uno strumento di lavoro per tutti gli infermieri, così come lo è diventato il libro “Storie di persone, voci di infermieri”, edito da Mc Graw Hill e promosso dal Laboratorio stesso.
Dal 22 marzo, data della pubblicazione del primo post, ad oggi 1° maggio, attraverso il gruppo Facebook del Laboratorio sono stati realizzati sei contributi (denominati “puntate”) che hanno illustrato il progetto dell’Emozionario dei professionisti sanitari e invitato i lettori a riflettere, e a fornire propri contributi, sulle seguenti emozioni (che diventeranno alcune delle parole dell’Emozionario):
- Compassione
- Empatia
- Dolore
E’ stato inoltre dato spazio ai “contributi dei lettori”, pubblicando le esperienze delle colleghe Giovanna Degni, Annarita Rendina, Isa Scanniffio, Ornella Ventura, Dina Uggeri che si sono narrate prendendo spunto dalle suggestioni stimolate dalle definizioni che hanno accompagnato le tre emozioni (vedi box 1)
Sono state realizzate tre dirette Facebook, moderate magistralmente da Titti de Simone e realizzate grazie alla regia di Elisa Crotti, che hanno visto la partecipazione di Laura Campanello, Ornella Ventura, Isa Scanniffio, Rosa Anna Alagna, Cristina Trabucchi, Agostino Guarino, Paola Gobbi.
Questo è il terzo contributo del Laboratorio di Nursing Narrativo di Milano della sezione “Bioetica” del sito DimensioneInfermiere.it, che ringraziamo nuovamente per l’ospitalità.
Grazie alla disponibilità dei colleghi di Dimensione Infermiere, pubblicheremo periodicamente nello spazio Bioetica aggiornamenti sullo stato dell’arte dell’Emozionario, che si arricchirà via via di nuove parole e nuove definizioni.
E quindi vi chiediamo aiuto, attenzione, cura, condivisione, sostegno.
Vi chiediamo parole, storie, sensazioni, tempo, riflessione, fatica, pensieri, emozioni.
Vi chiediamo di partecipare a questo nuovo viaggio attraverso noi stessi e ciò che saremo in grado di diventare.
Mandateci il vostro materiale usando le nostre mail (nursingnarrativo@gmail.com; desimone.titti@gmail.com,) la posta del Laboratorio o #emozionariodeiprofessionistisanitari
Compassione, Dolore, Empatia
Box 1. Le prime tre definizioni pubblicate
C di Compassione.
Dal latino cum patior – soffro con e dal greco συμπἀθεια (sym patheia), provare emozioni con, sentire comunanza di dolore.
La parola nel suo significato italiano è bagnata di pietà e profonda pena che provoca un sentimento di solidarietà affettiva. Nel pensiero cristiano la compassione diviene poi anche uno strumento di redenzione.
I filosofi Smith e Schopenhauer ne parlano come della struttura di tutti i sentimenti morali, la base per prendere coscienza dell’altro e dilatarsi verso il vissuto che unisce gli uomini confortandoli.
Kundera ancora scrive che «tutte le lingue che derivano dal latino formano la parola compassione con il prefisso “com-” e la radice “-passio” che significa originariamente “sofferenza”.
Pertanto la parola compassione assume il significato di “non possiamo guardare con indifferenza alla sofferenza altrui” o anche “partecipiamo al dolore di chi soffre”. La parola ispira diffidenza designando un sentimento mediocre, di second’ordine.
Nelle lingue slave la parola prende vita dal sostantivo “sentimento” e la parola sprigiona tutta la potenza della sua etimologia nel significato che assume, più ampio. Avere compassione, co-sentimento significa vivere la disgrazia ma anche la gioia, la felicità, designa pertanto la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni, il sentimento estremo»
E di Empatia
Secondo il Vocabolario della lingua italiana Zingarelli, l’empatia è definita così: “fenomeno per cui si crea con un altro individuo una sorta di comunicazione affettiva in seguito ad un processo di identificazione”. L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, ovvero di “mettersi nei panni dell’altro”.
In campo medico il concetto è sempre stato ritenuto di carattere esclusivamente psicologico fino a quando un’equipe dell’Università di Parma ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio presenti nel cervello dell’uomo ed altri animali, che funzionano da organo biologico di funzioni empatiche.
La parola “empatia” deriva dal greco antico pathen (patire, soffrire, sentire dentro), ed esprime una modalità del sentire l’altro da sé con piena coscienza.
Sentire empaticamente l’altro non è una conseguenza automatica del nostro vivere, soprattutto nell’epoca odierna, nella quale prevalgono molto spesso la diffidenza verso la diversità, l’essere altro da noi.
Diversi studi parlano dell’importanza nel rapporto terapeutico dell’empatia e di come la fiducia sia già di per se una cura per il paziente.
Carl R. Rogers (1964) psicologo clinico, nella sua teoria della personalità centrata sulla persona, vedeva (così come Maslow) l’individuo come un tutto composto da complessi processi cognitivi, emotivi, biologici e di altro tipo, in grado di auto realizzarsi.
Rogers ha posto molta enfasi sull’esperienza individuale e sulla libertà che hanno le persone di scegliere le azioni che intraprendono e, quindi sulla capacità di crescere e svilupparsi.
Egli ha contribuito all’elaborazione e diffusione della “psicoterapia non direttiva” o “centrata sul cliente”. In questa forma di psicoterapia, il cliente è libero di esporre i propri problemi e di parlare senza alcuna interferenza da parte del terapeuta il cui compito è quello di ascoltare con partecipazione. Il terapeuta non si propone quindi di interpretare o di fornire una diagnosi in base a principi teorici precostituiti.
Secondo Rogers, pertanto, ogni individuo può giungere ad un sano aggiustamento poiché ha in atto la capacità di realizzare le sue potenzialità e di attuare la realizzazione del proprio sé.
Anche nel nostro codice deontologico si enuncia che il tempo di relazione è tempo di cura…Ma si può imparare a essere empatici? Non è eticamente auspicabile che succeda o si deve sperare al caso?
Come paziente avrei voluto che qualcuno mi ascoltasse veramente, come operatore sanitario cerco di essere empatica e di chiedere e di capire, facendo domande e cercando quanto possibile di comprendere il punto di vista dell’altro e aiutare nel miglior modo possibile (ricordiamoci che esiste l’autonomia della persona).
Ma per esercitare l’’Empatia con gli altri abbiamo la necessità di essere empatici innanzitutto con noi stessi. In altre parole, prima di pensarci nello schema di riferimento degli altri, dobbiamo avere la consapevolezza del nostro stesso sistema di riferimento interno, metterci in contatto con ciò che sentiamo interiormente, con le nostre emozioni e reazioni.
Ciò che dimentichiamo spesso nelle relazioni d’aiuto, è che non è chi aiuta che deve capire o agire per l’altro, semmai è ascoltando, informando e sostenendo il diretto interessato facendolo parlare, riflettere e accogliendolo veramente, che lo aiutiamo a risolvere da solo il suo problema.
D di Dolore
Dolore s. m. [lat. Dolor-ōris, der.di dolere «sentir dolore»]. Patimento dell’animo, strazio, sofferenza morale. Questa la definizione di dolore secondo il vocabolario della lingua italiana Treccani.
L’OMS ne parla come di “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, presente o potenziale, o descritta in termini di danno”. Si parla di una sensazione esperita fisicamente che si correla alla dimensione emotiva, affettiva e cognitiva, al ricordo, alla memoria.
Per noi infermieri il dolore fisico è il quinto parametro vitale, lo valutiamo ad ogni turno, più volte a turno, con scale numeriche, analogiche, uni o multidimensionali. Il dolore è una esperienza soggettiva, complessa, da molti ritenuta un campanello di allarme.
Che interessa il corpo ma anche l’anima, la psiche. Così fortemente connesse da non riuscire a tenere separate le due dimensioni, intrecciate e indivisibili, che si inseguono e si anticipano, in certe situazioni.
Come professionisti sanitari ci troviamo quasi quotidianamente in situazioni di lutto, dolore, perdita, a contatto con questioni bioetiche che sollecitano reazioni e sentimenti. Ma durante le nostre attività siamo in grado di sentirlo, verbalizzarlo, esternarlo? Siamo in grado di liberarcene o ci facciamo logorare? Abbiamo la capacità di staccarci e nutrire la nostra anima provando ad assaporare la bellezza? Cosa ci accade a causa del dolore?
Palpitare di menti
Che cos’è un laboratorio formativo? Quali apprendimenti, consapevolezze, trasformazioni, incrementi di competenze persegue per chi vi prende parte? Con quali approcci ed esiti? Il testo presenta e analizza esperienze di formazionecondotte dagli autori: pedagogisti, psicologi, consulenti pedagogici, ricercatori, che adottano un’ottica sistemica e com-posizionale in pratiche di educazione con gli adulti o con famiglie ‘bloccate’ da pattern ripetitivi e non più generativi. Il taglio è operativo, narrativo, riflessivo e fortementeimplicato. Nella trattazione, ampio spazio occupal’impiego dei linguaggi estetici e artistici, che dialogano con l’emisfero cerebrale destro e sollecitano un apprendimento intuitivo ed emozionale celebrandone palpitanti connessioni, come ad esempio nell’impiego della metafora, del simbolo, del pensiero immaginario, abduttivo e corpoetico.Contributi di prestigiosi esperti nazionali e internazionali, in forma di intervista dialogica, si alternano ai capitoli, a testimonianza di un ventaglio di approcci vitale e multiforme. L’opera si rivolge in particolare a professionisti della relazione educativa, della cura e della formazione, che operano nei servizi alla persona in contesti privati e pubblici e che hanno perlopiù il gruppo come destinatario e interlocutore. Beppe Pasini Psicologo, psicoterapeuta, formatore. Docente di Pedagogia Sperimentale all’Università Statale di Brescia. Collabora alla cattedra di Pedagogia della Famiglia all’Università di Milano Bicocca dove si occupa di supervisione ai tirocini formativi e svolge attività didattica nei laboratori pedagogici interdisciplinari. Didatta del Centro Milanese di Terapia della Famiglia e centro di consulenza sulla relazione Shinui di Bergamo.
a cura di Beppe Pasini | 2016 Maggioli Editore
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