“Farò l’infermiere anche se lo stipendio è basso”, ovvero quando gli appelli alla vocazione funzionano?


Lo scorso 12 marzo il polo universitario di Trento ha presentato i suoi otto corsi di laurea triennale in ambito sanitario: infermieristica, igiene dentale, tecnica della riabilitazione psichiatrica, fisioterapia, assistenza sanitaria, laboratorio biomedico, radiologia medica e tecniche della prevenzione nell’ambiente.


Un vero e proprio “open day” di orientamento per i giovani, realizzato per provare disperatamente ad accalappiare quanti più studenti (potenziali) possibili. Ma al di là dei soliti “titoloni” scelti dai media per presentare la giornata formativa (VEDI il Corriere del Trentino: “Sanità, viario agli open day: «Farò l’infermiere anche se lo stipendio è basso»”), di fatto l’aspetto salariale non convince proprio nessuno. Soprattutto per quanto riguarda la professione infermieristica.


«Il bello delle professioni sanitarie è che si ha il posto assicurato una volta terminati gli studi» hanno sottolineato più o meno entusiasti alcuni studenti. Che però, poi, hanno sottolineato come il problema più grande sia quello che si diventa dei professionisti squattrinati: «Mia sorella ha fatto infermieristica e lo stipendio è forse troppo basso per quello che fa, contando soprattutto le notti di lavoro». 

E ancora: «I ragazzi all’interno dei laboratori sono riusciti a trasmettermi la loro passione. Sono focalizzato su infermieristica, ma il dubbio più grande è legato allo stipendio, secondo me inferiore rispetto alla mole di lavoro svolta».


Ad accogliere gli studenti c’era anche l’assessore provinciale Mario Tonina, che ha dichiarato: «Le professioni sanitarie sono una grande opportunità per il futuro dei nostri ragazzi e anche per il nostro sistema sanitario, che ha sempre più bisogno di figure specializzate». E ancora: «Il calo delle nascite e una società sempre più anziana, ci impongono di investire sempre di più sui giovani e sulla loro formazione. Oggi ho visto studenti animati da vera passione».


Il problema è che i riferimenti alla “passione” (VEDI Infermieri introvabili? «Occorre lavorare sulla motivazione, serve passione»), alla “missione” (VEDI Care film festival presentato come: “La missione degli infermieri”. BASTA!), così come i continui appelli alla “vocazione” (VEDI “L’infermiere è un lavoro che si sceglie certamente per vocazione” – Il focus sulle professioni sanitarie), a non pensare allo stipendio (VEDI “La professione dell’infermiere piace ancora ai giovani”, “non bisogna guardare solo al guadagno”… “Metteteci il cuore!”), al sacrificio (VEDI Il direttore didattico: “La professione infermieristica richiede sacrificio”) e le sviolinate in stile “angeli” o “eroi” (Il sindaco all’inaugurazione del CdL: “Gli infermieri sono angeli custodi della salute”), non funzionano più. Ma proprio più. È quindi necessario studiare altro, magari qualcosa di più convincente.

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Alessio Biondino

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