FNOPI: “Calo di iscrizioni al CdL? Ce l’aspettavamo. Urgono prospettive di carriera per gli infermieri”

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Nessuno vuole più fare l’infermiere. E le iscrizioni in calo ai corsi di laurea in Infermieristica sono state così commentate ieri mattina a ‘Tutta la città ne parla’ su Rai Radio 3 da Beatrice Mazzoleni, segretaria nazionale Fnopi: «L’Italia deve diventare attrattiva per gli infermieri. Il calo che stiamo registrando – che si è assestato all’incirca al 10% nelle domande di iscrizione alle professioni di cura, di cui fanno parte le professioni infermieristiche – ce l’aspettavamo. Al di là del picco che c’è stato a seguito della fase pandemica del 2020, c’è un calo abbastanza costante in questi anni, e che sicuramente deriva da diversi fattori».

E ancora: «Sicuramente c’è un problema di pianificazione delle necessità del nostro sistema salute, ma c’è anche una troppo scarsa, seppur maggiore, attenzione rispetto alla ‘questione infermieristica’, che non riguarda tanto gli infermieri, ma i cittadini italiani che, nei prossimi anni, con l’invecchiamento della popolazione, rischiano di trovarsi purtroppo senza assistenza».


E quindi? Cosa fare per correggere gli errori del sistema? Secondo Mazzoleni, sulle priorità non ci sono dubbi: «Per rendere attrattiva una professione di cura, che è uno dei pilasti del nostro sistema sanitario, serve una prospettiva di carriera».

Quindi, in primis, non si tratta di scarso riconoscimento economico e sociale. Non è importante che i commessi dei supermercati con la terza media guadagnino come un infermiere laureato, ed è altresì poco rilevante che cittadini, giornalisti e politici vedano l’infermiere come una sorta di garzone di bottega, pronto a compensare un po’ tutto e a fare da anche da sguattero in nome di concetti arcaici come quello della “vocazione”, ultimamente tornato in voga.


La priorità, secondo la FNOPI, è la “carriera”. Sarebbe questo il motivo principale per cui oggi la professione infermieristica è attrattiva come un lavoro in miniera e i giovani non la scelgono più nemmeno se torturati. Ed è sulla “carriera” che, per l’appunto, come spiega Mazzoleni, ci si sta concentrando, «proiettando, anche nella clinica, la possibilità che gli infermieri diventino specializzati e liberare così delle competenze che oggi vengono già esercitate dagli infermieri, ma che non sono riconosciute ufficialmente dal punto di vista economico e organizzativo».

«Siamo in una fase di cambiamento del sistema sanitario – ricorda Mazzoleni -. Proprio grazie allo sviluppo del territorio abbiamo previsto la figura degli infermieri di famiglia e di comunità, professionisti che riescono a curare a casa i nostri pazienti. Non possiamo continuare a chiedere ai nostri giovani di venire a fare un corso di laurea per un minimo di 3 anni, che possono diventare 5, di specializzarsi su patologie molto complesse, per poi ritrovarsi ad avere trattamenti uguali».


A tale proposito, conclude la rappresentante FNOPI, c’è «la proposta di una revisione del sistema perché riconosca le competenze specialistiche, in modo che l’Italia diventi un Paese attrattivo per gli infermieri, anche dall’estero. In questo momento stiamo fornendo ai Paesi stranieri più di 30mila infermieri italiani che, appunto, lavorano fuori, dove c’è un sistema che è molto più attrattivo. L’Italia deve diventare attrattiva per gli infermieri, naturalmente con una revisione della flessibilità organizzativa e lavorativa».

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Alessio Biondino

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