Infermieri dall’India? Dopo le polemiche di questi giorni, seguite alle parole del Ministro della Salute Schillaci (VEDI articolo Arrivano gli infermieri indiani, Schillaci: “Hanno una scuola infermieristica di alta qualità”), anche la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) si è espressa sulla questione.
«Le soluzioni tampone sulla carenza infermieristica, come gli accordi con Paesi extraeuropei, non ci vedono certo sulle barricate, ma come Federazione auspichiamo un cambio di paradigma e una programmazione complessiva che tenga conto di una maggiore attrattività della professione e delle nostre proposte operative e concrete già avanzate in tutte le sedi» fanno sapere dalla FNOPI.
Sull’eventuale arrivo degli infermieri indiani, dalla Federazione chiedono «evidenza dei protocolli già sottoscritti con altri Paesi come il Giappone» e ribadiscono «l’assoluta centralità dell’Ordine professionale quale ente sussidiario dello Stato e come garante del cittadino, nelle fasi di certificazione in entrata della conoscenza della lingua italiana e dove necessario della normativa professionale».
Altresì, dalla FNOPI auspicano che «si torni a esercitare la verifica, attraverso gli Ordini territoriali, delle competenze accademiche e relativa certificazione del titolo di studio come accadeva regolarmente in epoca pre-Covid per la verifica della competenza dei percorsi di studi, della conoscenza della lingua e della deontologia affinché nel nostro Paese non esistano assistiti di serie A e di serie B rispetto alle competenze infermieristiche».
E intanto gli infermieri italiani, stanchi di condizioni di lavoro terribili e di stipendi da fame, mentre gli ‘stranieri’ arrivano fuggono all’estero o abbandonano la professione. Perciò è «necessario valorizzare innanzitutto gli infermieri che hanno studiato e svolto il tirocinio in Italia, agendo su tutte le leve a disposizione per trattenerli nel nostro Servizio sanitario nazionale, scongiurando le fughe all’estero» sottolineano dalla Federazione.
Per poi concludere: «Come preannunciato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, è arrivato il momento di mettere in campo strumenti ad hoc per favorire il rientro dall’estero dei troppi infermieri che hanno lasciato il nostro Paese». È necessario «lavorare sulle radici profonde della disaffezione alla professione. Vale a dire: l’aspetto economico (gli stipendi degli infermieri italiani sono mediamente il 40% al di sotto della media degli altri Paesi europei) e l’aspetto organizzativo (è una professione che ha scarsi sviluppi di carriera e che soffre di modelli ancorati a logiche vecchie, non più attuabili nell’attuale complessità del sistema)».