FNOPI: “Rischiamo di avere in corsia infermieri non certificati e non iscritti all’Ordine”


La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) ha preso parte al primo International Congress of Nursing Regulators a Parigi, organizzato dall’Ordine degli Infermieri di Francia. Il congresso si è concentrato sul tema di grande attualità “Nursing professions: regulation and international mobility”, promuovendo la costruzione di reti internazionali proficue.


Barbara Mangiacavalli, presidente della FNOPI, è stata invitata dal suo omologo francese Patrick Chamboredon, in seguito a una collaborazione in corso tra i due Ordini nazionali, avviata negli anni precedenti in collaborazione con l’Ambasciata. Mangiacavalli ha partecipato alla tavola rotonda principale della sessione di apertura dell’evento, intitolata “Regulators and international mobility: experience feedback”. Al confronto con lei c’erano Sandra Postel, presidente del North Rhine-Westphalia Order in Germania, e Dominique Lesueur, tesoriere del National Council of the Order of Nurses di Francia.


Durante l’incontro, Mangiacavalli ha illustrato le caratteristiche e le prerogative attribuite dalla legge alla FNOPI in Italia, passando poi a elencare le principali problematiche vissute dalla professione nel Paese, tra cui la carenza di personale, le basse retribuzioni e le difficoltà nell’avanzare in una carriera soddisfacente.


«Per oltre dieci anni – ha spiegato – non sono stati rinnovati i contratti di lavoro: le Regioni con i conti economici peggiori non hanno potuto assumere, mentre quelle con i bilanci migliori hanno dovuto, comunque, rispettare una regola di risparmio che ha più che dimezzato la loro possibilità di assunzione».


Riguardo alle retribuzioni, Mangiacavalli ha citato l’ultimo rapporto OCSE “Health at a Glance 2023”, evidenziando che gli stipendi degli infermieri italiani sono al 27° posto su 36 Paesi OCSE considerati, e agli ultimi posti tra i Paesi UE.


Il focus della tavola rotonda si è poi spostato sulla questione della mobilità di infermieri tra diversi sistemi sanitari nazionali.
«Negli anni – ha argomentato Mangiacavalli – le svantaggiose condizioni descritte hanno portato a una migrazione degli infermieri italiani all’estero valutabile in circa 3.000-3.500 unità/anno; rispetto alla possibilità di integrare il personale con infermieri provenienti da altri Paesi (non Ue), abbiamo sottolineato la necessità che si torni a verificare, attraverso gli Ordini territoriali, le competenze accademiche e la relativa certificazione del titolo di studio, come accadeva in epoca pre-Covid, della conoscenza della lingua e della deontologia».

Il rischio è infatti, oggi più che mai, in virtù di alcune deroghe previste dal Governo dai tempi dell’emergenza Covid e mai ritirate, di ritrovarci nelle corsie italiane un mare di infermieri non certificati e non iscritti all’Ordine, ma che possono comunque esercitare, creando disparità di qualità nelle cure.

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Alessio Biondino

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