Non possiamo aspettarci la stessa caratura da ogni giornalista in tv, la stessa che Gramellini ha manifestato nella fase più acuta della pandemia, con un monologo che ha emozionato migliaia di infermieri, o l’onesta intellettuale della giornalista Gaia Tortora di Omnibus che ha chiesto scusa a tutti gli infermieri per il loro misero stipendio.
Vuoi essere sempre aggiornato con i nostri migliori contenuti?
Iscriviti alla nostra Newsletter! Tranquillo, niente spam!
Anche noi odiamo la pubblicità invasiva: ogni settimana i migliori contenuti e articoli scientifici che abbiamo scritto per voi. In più tanti contenuti esclusivi che stiamo preparando per gli abbonati alla newsletter come interviste, podcast, estratti libri, ecc…
Sei curioso? Partiamo l’8 marzo, la prima newsletter è dedicata alle donne.
https://www.dimensioneinfermiere.it/iscrizione-newsletter/
Abbiamo erroneamente pensato che una pandemia fosse stata sufficiente, non diciamo a farci riconoscere come professionisti intellettuali e professionalmente ineccepibili, ma quanto meno degni di rispetto.
Ma prima poi ci cade qualcuno sullo stereotipo dell’infermiere garzone del medico, anche da persone da cui non te lo aspetti, le stesse persone che si ergono a paladini dei diritti civili e umani come i diritti delle donne e delle categorie più deboli della società. Anche l’infermiere merita lo stesso rispetto.
In attesa di una replica da parte della dott.ssa Annunziata, pubblichiamo la lettera della FNOPI pubblicata su Facebook.
FNOPI risponde all’Annunziata dopo l’infelice uscita “Infermiere aiutante” a Mezz’ora in più.
Gentile dottoressa Annunziata,
nel Suo programma Mezz’ora in più Rai3 del 28 febbraio, ha affermato che “…siamo pronti a lavorare, a laurearci non dico in medicina, ma almeno per fare l’infermiere aiutante …”.
Un’affermazione che se poteva essere immaginata – anche se non giustificata – 30 anni fa, a partire dalle leggi che si sono susseguite dall’inizio degli anni ’90 e fino alla legge di Stabilità 2021 che ha identificato la specificità infermieristica proprio per sottolineare gli aspetti già evidenti, ma emersi durante la pandemia della professione infermieristica, rappresentano un atteggiamento riduttivo di una professione che riguarda oltre 454mila infermieri in Italia, e che rappresentano oltre il 60% dei professionisti del nostro Servizio sanitario nazionale.
L’infermiere, infatti, è il professionista laureato con laurea 3+2 come prevede la legge, in possesso anche di master e dottorati di ricerca e spesso di incarichi di docenza universitaria, iscritto obbligatoriamente all’Ordine, che si occupa dell’assistenza al paziente per innalzare dal punto di vista clinico e non solo la sua qualità di vita, risponde al suo Codice deontologico emanato per legge e per legge risponde delle sue responsabilità professionali.
È sotto gli occhi di tutti poi che in questo periodo gli infermieri hanno assistito e difeso la salute delle persone anche mettendo a rischio la propria e purtroppo anche la vita (con oltre 100mila contagi sono la categoria professionale della sanità più colpita da virus), visto il numero di decessi registrati durante la pandemia in corso.
Nessun tipo di “aiuto” al medico o “del medico”, ma semmai in partnership con lui e con gli altri professionisti della salute. Una multi-professionalità tra chi si occupa della diagnosi e della prescrizione della terapia e chi si occupa dell’assistenza, della qualità della vita dei pazienti e della verifica che la terapia sia aderente alle necessità cliniche.
Inoltre, gli infermieri – attivi da sempre negli ospedali e sul territorio – sono ritenuti proprio dalle associazioni dei pazienti i professionisti che li affiancano lungo tutto il percorso di vita, perché una volta effettuata la diagnosi e individuata la terapia adeguata sono quelli a cui i pazienti fanno riferimento sia nella scelta del percorso sia nelle difficoltà quotidiane di natura clinica, di autosufficienza, educative, relazionali, riabilitative.
“L’infermiere è la figura che ci permette di gestire al meglio la terapia e spesso ci supporta in alcune scelte terapeutiche e sostiene la nostra qualità di vita”, affermano.
Le chiediamo quindi di evitare frasi ormai obsolete e inutili che sminuiscono una professione riconosciuta da tutti a ben altri livelli e che non rendono certo merito dell’attività che quotidianamente i nostri professionisti svolgono per gli assistiti, soprattutto durante questo periodo di pandemia in cui senza infermieri molti di loro sarebbero rimasti soli.
Se lo riterrà opportuno, e se un anno di informazione sulla pandemia non è stato per Lei bastevole a tale scopo, potrà vedere con i suoi occhi in cosa consiste la professione dell’infermiere: le terapie intensive, le corsie degli ospedali e i pazienti in assistenza domiciliare che senza infermieri non avrebbero assistenza né alcuna speranza di vita saranno la migliore testimonianza per far comprendere che l’infermiere non “aiuta”, ma “assiste” e lo fa in prima persona, autonomamente e con piena competenza professionale con un percorso di studi articolato e continuo.
La aspettiamo e siamo sicuri che le basterà anche meno di mezz’ora per rendersene conto sul campo.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento