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Come viene diagnosticata la dispnea?
Le più comuni scale di valutazione della dispnea sono la scala MMRC e la Borg. Un valido metodo di valutazione oggettivo/soggettivo per diagnosticare il livello di tolleranza allo sforzo del paziente prima che subentri il sintomo dispnoico è il test del cammino, non diagnostico, ma comunque utilizzato spesso nella clinica per verificare lo stato di salute generale.
A seconda del sospetto clinico, dell’anamnesi e dell’esame obiettivo si opterà per diversi esami diagnostici (d-dimero, marcatori di necrosi miocardica) ma quasi sempre, in caso di dispnea conclamata, vi sarà richiesto un’emogasanalisi arteriosa. Tra la diagnostica strumentale, probabile un esame RX per un riscontro dei disegni polmonari, un ecocardiogramma o un ECG per una valutazione cardiologica. Altri esami ovviamente sono sempre possibili in base ai sospetti clinici del medico.
Trattamento e interventi infermieristici per la gestione della dispnea
- posizionare il paziente, se possibile (per condizioni cliniche, fratture?), in Flower alta (seduto a letto con schienale tra i 45° e i 60°) o in posizione ortopnoica supportata da cuscini.
- Monitorare i parametri vitali:
- pressione arteriosa. Il riscontro di un ipertensione è un valido dato clinico da segnalare;
- saturazione. L’uso di un saturimetro per verificare la presenza o assenza di ipossiemia;
- frequenza cardiaca e respiratoria: valutare attraverso i polsi arteriosi la FC e attraverso l’osservazione le caratteristiche del respiro, il respiro è superficiale? Tachipnoico? Ecc..
- Verificare gli esami di laboratorio:
- verificare, in presenza di un emogasanalisi, il rapporto P/F per escludere insufficienze respiratorie.
- Verifica il trattamento farmacologico:
- somministrare O2. Quando il paziente si presenta ipossiemico, se indicato posizionare il presidio più opportuno, maschera o cannule nasali che siano, con flussi di O2/minuto bassi prima di avere prescrizione esatta del flusso necessario (l’ipossiemia/ipercapnia nel paziente con BPCO è adattata ed alti flussi di O2 possono innescare arresto respiratorio). Successivamente potrebbe esservi chiesto di posizionare una maschera Venturi o nei casi acuti dei presidi NIV.
- Gestione psicologica del paziente:
- gestire l’ansia del paziente: nei casi più gravi e acuti il paziente percepisce la propria dispnea come un vero e proprio annegamento con episodi di panico e iperventilazione, inibendo la corretta sincronizzazione tra inspiro ed espiro, quei pochi scambi gassosi residui risulterebbero inefficaci…
- calmare il paziente ed educarlo a compiere atti respiratori quanto più completi possibili attraverso l’esecuzione di esercizi di rilassamento, aiuterà il paziente a sincronizzare il proprio respiro, per quanto possibile, con le proprie richieste metaboliche.
- Accendere un ventilatore, aprire una finestra o sventolare un telo in viso aiutano psicologicamente il paziente con la sensazione d’aria corrente. Posizionare il campanello a portata di mano aiutando il paziente a percepire attorno a sé un ambiente sicuro e protettivo.
Conclusioni
In qualsiasi caso, il paziente andrà costantemente monitorato in quanto sia la dispnea acuta che quella cronica, presentano insidie pericolose, e che possono presentare gravi complicazioni per lo stato di salute del paziente. Per questo motivo consigliamo di consultare il testo qui presentato: solo un attento monitoraggio del paziente potrà evitare che una situazione clinica come la dispnea spesso più disagevole che pericolosa, si trasformi in un quadro più pericoloso che disagevole.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram)
Guida al monitoraggio in Area Critica
Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio. A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.
a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | Maggioli Editore 2015
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