Le nuove linee guida che delimitano le condizioni di utilizzo dei medici e degli infermieri “gettonisti” (VEDI Ansa), stanno facendo parecchio discutere. Sul tema si è espresso anche Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up. Riportiamo qui la sua nota.
«Le linee guida appena pubblicate in Gazzetta Ufficiale per il ricorso ai professionisti sanitari gettonisti sembrano un concreto passo in avanti, ma in realtà sono ben lontane dal cuore del problema.
La sanità italiana continua a “tamponare” le carenze croniche di personale con soluzioni temporanee, senza affrontare il nodo cruciale: la valorizzazione del personale sanitario dipendente, priva di un piano strutturale di assunzioni.
Le nuove regole fissano tariffe che vanno dagli 85 euro all’ora per i medici di pronto soccorso e rianimazione, ai 75 euro per altri servizi medici. Per gli infermieri, invece, si parla di 28 euro all’ora per il pronto soccorso e 25 euro per altri servizi.
Orbene, la media annuale di 8.000 dimissioni volontarie di infermieri dal servizio pubblico rappresenta una spia allarmante di un sistema in crisi profonda, e la mancanza di personale, in particolare nei reparti di emergenza-urgenza, non può essere risolta con interventi temporanei, come il ricorso ai gettonisti.
Siamo di fronte a una voragine che richiede interventi radicali: invochiamo da tempo la necessità di valorizzare gli infermieri dipendenti attraverso un adeguamento delle retribuzioni agli standard europei, offrire incentivi e condizioni di lavoro dignitose e varare finalmente un piano nazionale di assunzioni.
Ma vi è di più perché facendo due conti emerge, e certo stride non poco, una disparità eclatante in questo provvedimento: un medico gettonista può arrivare a guadagnare oltre 8mila euro netti al mese, mentre un infermiere a gettone dovrebbe accontentarsi di circa 2.700 euro netti (o poco più di 3.000 per chi lavora nel pronto soccorso).
È una differenza davvero spropositata! Quale infermiere, già sovraccarico di lavoro, dovrebbe accettare di essere privato delle tutele di un contratto da dipendente, e quindi delle ferie, di dignitosi contributi pensionistici, e di tutte le altre importanti prerogative legate alla dipendenza, per accettare queste condizioni?
Finché le necessarie misure strutturali continueranno a essere rimandate, le fughe dal servizio pubblico non si fermeranno, e l’Italia si troverà costretta a spendere sempre di più per soluzioni emergenziali che, di fatto, non risolvono affatto i nostri problemi».
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