Gimbe: “In Italia si spende sempre meno per medici e infermieri: – 28 miliardi in 11 anni”


La sanità italiana attraversa una crisi profonda e senza precedenti. A lanciare l’allarme è Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, che nel suo ultimo rapporto descrive il grave stato di difficoltà in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).



Le cause della crisi

Cartabellotta individua le radici della crisi in una serie di “errori di programmazione”, aggravati da decenni di definanziamento e da una crescente demotivazione dei professionisti sanitari. Tra le principali misure responsabili, cita i tagli al SSN, il blocco delle assunzioni, i mancati rinnovi contrattuali e l’insufficienza di borse di studio per medici specialisti e di famiglia. Questo quadro ha determinato una drastica riduzione degli investimenti nel personale sanitario, sia dipendente che convenzionato.



Le conseguenze sul personale

Le ripercussioni sono allarmanti. Sempre meno giovani scelgono di iscriversi a corsi di laurea in Infermieristica o specializzazioni meno attrattive, come emergenza-urgenza. Molti professionisti, invece, abbandonano il SSN per trasferirsi all’estero o lavorare nel privato. Chi resta, deve affrontare condizioni di lavoro insostenibili, tra turni massacranti e carenze di organico, il tutto aggravato dall’aumento degli episodi di violenza nei confronti del personale sanitario, soprattutto nei pronto soccorso.



Impatto economico e numeri del personale

Secondo il rapporto, la spesa per il personale sanitario è stata pesantemente sacrificata negli ultimi 11 anni, con una perdita complessiva di 28 miliardi di euro. Dal 2012 al 2018 la spesa è scesa da 36,4 a 34,7 miliardi di euro, per poi risalire a circa 40 miliardi nel 2022 e ridiscendere successivamente. Cartabellotta sottolinea che, mantenendo i livelli di spesa del 2012, il personale sanitario non avrebbe subito una contrazione così drastica.

Nel 2022, il SSN contava 681.855 unità, con una media di 11,6 unità per mille abitanti. Tuttavia, esistono marcate differenze regionali: il Lazio, la Campania e la Lombardia si collocano sotto la media nazionale, mentre le regioni e province autonome di più piccole dimensioni registrano valori superiori.

L’Italia, con 4,2 medici per 1.000 abitanti, si colloca sopra la media OCSE di 3,7, ma mostra un significativo divario tra medici attivi e quelli operanti nel SSN. Gli infermieri, invece, sono solo 6,5 per 1.000 abitanti, ben al di sotto della media OCSE di 9,8.



Fenomeno dei “gettonisti” e soluzioni proposte

Un aspetto crescente è quello dei “gettonisti”, medici reclutati tramite agenzie di somministrazione del lavoro, che percepiscono compensi superiori rispetto ai dipendenti del SSN. Tra il 2019 e il 2023, questa modalità di reclutamento ha comportato una spesa complessiva di 580 milioni di euro, secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione.



L’appello della Fondazione Gimbe

Cartabellotta conclude con un appello urgente: “È necessario valorizzare la colonna portante della sanità pubblica, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nel SSN e innovando i processi di formazione e valutazione delle competenze. Senza interventi strutturali, il SSN non sarà in grado di garantire il diritto universale alla salute, vanificando ogni sforzo per arginare questa crisi”.

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Alessio Biondino

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