Tutto ciò non era pensabile. Auspicabile. E nemmeno “sognabile”: già, perché neanche nei loro incubi peggiori, mentre si trovavano ad affrontare il Covid guardandolo dritto negli occhi, gli infermieri italiani avranno mai immaginato tutto questo.
Chiacchiere
Semplicemente, si sperava che l’impegno profuso durante la pandemia palesasse a cittadini, politici, dirigenze aziendali e ai maghi dei “tagli” alla sanità l’importanza degli infermieri in modo permanente.
E che alle chiacchiere, fatte di innumerevoli pacche sulle spalle, ringraziamenti, lacrime, promesse, parate, medaglie, monete e altre quisquilie, facessero seguito fatti concreti per riconoscere e finalmente rendere appetibile una categoria professionale a dir poco sottovalutata.
Professione ingrata
E spennacchiata, per giunta, visto che la carenza di infermieri evidenziata dalla pandemia sta oramai toccando livelli insostenibili, tra giovani che non scelgono più l’infermieristica, sacrosanti pensionamenti e gente che fugge a gambe levate da una professione ingrata e mal pagata.
Ci si aspettavano i fatti. E invece… Niente o quasi. Da ciò che si evince, infatti, dal contratto in fase di discussione non bisogna aspettarsi chissà quale svolta epocale. E in giro per l’Italia, intanto, i professionisti boccheggiano.
Ferie annullate, niente riposi e violenze
Ci sono intere equipes che, dopo un anno di lavoro a dir poco stressante in pronto soccorso, si vedono annullare il proprio piano ferie a causa della cronica assenza di personale (VEDI).
E a proposito di ferie… Ci sono anche infermieri che, per poter mandare in vacanza i loro colleghi, sono costretti a lavorare senza sosta con un riposo ogni 11 giorni (VEDI).
Ci sono poi quelli (tantissimi) che prendono le botte, che subiscono violenze verbali e fisiche, che riportano danni psicologici e fisici più o meno importanti e temono per la propria vita sul posto di lavoro: donne colpite con pugni e oggetti contundenti (VEDI), insultate o scaraventate per le scale (VEDI), professionisti che tornano a casa col naso rotto (VEDI) o senza una falange (VEDI).
Abusi aziendali e tagli agli stipendi
Per non parlare di altri abusi aziendali compiuti in nome della carenza di personale, come ad esempio quello di affibbiare ai professionisti 13 pronte disponibilità mensili quando per legge il massimo sarebbe di 6 (VEDI). Oppure quello di far assistere agli infermieri di pronto soccorso anche quei pazienti che dal pronto soccorso sono stati dimessi (VEDI).
E poi, per concludere, un’autentica ciliegina sulla torta: invece di integrazioni e dei tanto agognati aumenti, sono addirittura arrivati dei tagli agli stipendi (VEDI)! E’ accaduto mesi fa in provincia di Ascoli Piceno (VEDI) e adesso anche in quel di Parma si respira una brutta aria.
Come riportato in una nota dal sindacato USI, infatti, in presidio davanti all’Ospedale Maggiore, “le due aziende sanitarie di Parma, in maniera rigida, hanno individuato a modo loro alcuni provvedimenti per rientrare dal debito e portare il bilancio annuo almeno in pari, ma al solito questi provvedimenti li pagano i lavoratori: decurtazione degli stipendi dei sanitari, mettendo le mani sulle voci accessorie, con tagli compresi tra i 400 euro lordi per gli infermieri e circa 600 per i medici; bloccati (da anni) passaggi di fascia, assunzioni, stabilizzazioni, straordinari, rischio infettivo, guardie mediche, tanto per fare alcuni esempi, di ciò che accade già oggi”.
Come sono lontani i tempi degli ‘eroi’… Di cartapesta.
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