Felici, assertivi, pronti a compensare tutto pur di aiutare il prossimo, ad immolarsi pur di togliere le castagne dal fuoco alle aziende sanitarie e per nulla intenzionati a lasciare l’Italia per realtà più soddisfacenti e remunerative: è questo lo stato d’animo, nonostante il periodo nero per l’intera categoria, di alcuni infermieri neolaureati che hanno raggiunto l’agognato traguardo all’Università Statale di Milano.
A riportare tutta la loro soddisfazione è La Provincia Cremona, che ha intervistato alcuni dei neo dottori in Infermieristica: «Il nostro futuro è qui, viviamo questa comunità,al fianco dell’ospedale e della gente cremasca, pronti a fare la nostra piccola parte anche per risolvere la carenza di personale sanitario che affligge il Maggiore» hanno sottolineato, tesi alla mano. E ancora: «Sono pronta per fare del bene, per stare accanto alla malattia, alle persone che soffrono».
La fabbrica degli eroi, fatta anche dei disperati e imbarazzanti appelli delle aziende sanitarie alla vocazione, alla missione, all’umanità e al sacrificio, sta quindi ancora funzionando? In piccola parte sì, a quanto pare, nonostante i dati siano impietosi e ci sbattano costantemente in faccia il fatto che qui in Italia l’infermiere non vuole farlo proprio più nessuno (VEDI articoli In un anno 6000 infermieri cancellati dall’Albo: è allarme vero e Laurea in Infermieristica, a Padova solo 47 iscritti su 100 posti disponibili).
«In questa nuova avventura – spiega convinta una neolaureata – porto con me l’entusiasmo e la speranza che le nuove leve possano dare un contributo attivo alla cura dei pazienti e, nel complesso, a migliorare la situazione. Serve innovazione, manca ad oggi una cultura consolidata del valore della nostra professione. Si sta costruendo, lentamente, ma la strada da fare è ancora tanta. Comunque noi ci siamo, ben consapevoli di quanto la cura sia connubio tra tecnica e relazione. Anche il legame e la comunicazione sono cura».
Quanto dureranno “entusiasmo” e “speranza”, nel nostro martoriato panorama sanitario e in una professione che naviga a vista tra stipendi ridicoli, scarso riconoscimento sociale, sfruttamento, demansionamento e addirittura aggressioni all’ordine del giorno? Difficile dirlo. Anche se un’idea, purtroppo, ce l’abbiamo.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento