Lo stipendio dell’infermiere ha sempre meno potere d’acquisto. Perché?
Come mostrato dall’infografica (in fondo) del giornalista visuale Davide J. Mancino in un articolo del Sole24Ore.it l’aumento della retribuzione nell’ultimo contratto non ha alcun peso e nessun beneficio se lo stipendio in toto, non viene prima indicizzato all’inflazione.
Negli ultimi otto anni (dal 2010 ad oggi) il caro vita è aumentato del 10% circa ma l’aumento di 67 € lordi (mediamente per i sanitari nell’ultimo contratto) pesa pochi punti percentuali, solo il 2-3% del totale.
Questo vuol dire che un infermiere con il suo stipendio attuale, se dieci anni fa poteva comprare 100 magliette, oggi ne può comprare soltanto 94. Un infermiere, con il suo stipendio, può comprare meno beni e servizi di dieci anni fa. Quindi non è corretto parlare di aumento contrattuale ma di affaticata rincorsa all’inflazione.
Mal comune, mezzo gaudio?
E se foste tentati di consolarvi con la massima “mal comune, mezzo gaudio” notando che i colleghi della classe delle professioni riabilitative (fisioterapisti, terapisti occupazionali, TPNEE, ecc…) hanno perso ben otto punti percentuali del loro potere d’acquisto, vi farei presente che, nonostante il già ampio divario di reddito tra professioni sanitarie e classe medica, i medici non hanno perso nemmeno un punto percentuale…anzi ne hanno guadagnato ventuno!
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 25.60 €
Il potere d’acquisto dei medici continua a crescere
Le variazioni delle retribuzioni medie dei medici negli ultimi anni sono aumentate del 21%. Ventisette punti percentuali di differenza tra il potere d’acquisto di un infermiere e quello di un medico. Chiarisce tutto l’infografica (gentilmente concessa) di Mancino e che ci mostra il divario economico tra medici e infermieri:
Caro vita, inflazione e perequazione
Perequazione, ovvero “un atto o un’azione che abbia lo scopo di eliminare le discriminazioni o sanare eventuali svantaggi subiti” (Wiki).
Questi dati rappresentano la verità di fondo: invece di garantire adeguati aumenti contrattuali agli infermieri e agli altri operatori sanitari, le proposte ricevute sono un mero zuccherino per cavalli.
Un aumento contrattuale dovrebbe provvedere a rilanciare il potere d’acquisto, partire da un’indicizzazione inflazionale che ci porti avanti (o indietro, secondo alcuni punti di vista) di 10 anni almeno, una giusta perequazione dello stipendio dell’infermiere.
Rispetto economico per l’infermiere!
Di questo passo, ci ritroveremo nei prossimi dieci anni con uno stipendio rimasto alla porta dei primi anni 2000 mentre responsabilità e carichi di lavoro continueranno a crescere ogni anno che passa.
Il lavoro dell’infermiere, certamente, non può essere svolto per mero contante, ma qui parliamo di dignità e di rispetto nei suoi confronti. Sembra che ne parli persino un articolo della Costituzione di questo bislacco Paese:
Articolo 36 della Costituzione italiana.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Gli stipendi degli infermieri si svalutano come le macchine, in dieci anni!
A quanto pare il diritto dell’infermiere è in lenta putrefazione visto che la quantità e qualità del suo lavoro non fa che aumentare mentre la sua retribuzione continua a scendere. Non c’è dignità senza riconoscere che il professionista sanitario non si svaluta economicamente come se fosse una vecchia macchina!
Altrimenti, prima o poi, potrebbe crederlo anche lui e come ogni cosa vecchia e obsoleta fermarsi nel bel mezzo di una strada, impantanata, stanca e ribelle, e lasciarti a piedi quando era necessario proseguire oltre. Mi raccomando: “a buon intenditore, poche parole“.
Autore: Dario Tobruk (Facebook, Twitter)
Fonti:
Leggi anche:
https://www.dimensioneinfermiere.it/il-lavoro-dell-infermiere-nel-futuro-secondo-sociologi-esperti/
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