Il racconto di infermieri fuggiti in Norvegia: “Ecco perché nessuno torna”


Intanto che la politica, ancora oggi, fa seria fatica a capire i motivi della carenza di personale infermieristico (VEDI articolo Il nuovo assessore alla sanità: «Mancano infermieri? Serve capire perché personale qualificato sceglie di andare via»), che mette in atto piani diabolici per peggiorare la situazione (VEDI l’avvento degli indiani, la produzione di assistenti alla salute “con competenze infermieristiche” e l’imbarazzante pastrocchio delle pensioni) e che gli appelli profusi da media e addetti ai lavori alla “vocazione”, alla “missione”, al “sacrificio”, alla “passione” e a “non pensare solo al guadagno” non funzionano più, i giovani non ci cascano proprio più e non si iscrivono più a Infermieristica.


Altresì, moltissimi infermieri stanchi di sole promesse e pochissimi fatti continuano a dimettersi e a fuggire. Verso la libera professione, verso altri mestieri e professioni o verso l’estero, dove le condizioni di lavoro, ma soprattutto gli stipendi, sono decisamente migliori.


E a proposito di estero, sembra proprio che le offerte che arrivano dalla Norvegia, spudoratamente a caccia di infermieri italiani così come altri paesi come Emirati Arabi e Arabia Saudita, stiano iniziando a sedurre seriamente i nostri professionisti. O almeno ciò è quanto viene descritto a Il Corriere da Giulia e Michele, rispettivamente 32 e 28 anni, scappati lassù al freddo per un salario più alto, contratti con benefit allettanti e una migliore qualità dell’ambiente lavorativo.


«L’agenzia – spiega Giulia – mi ha pagato il volo e mi ha assunta subito a tempo indeterminato. Prima di trasferirmi, mi hanno fatto frequentare (gratuitamente) un corso intensivo di norvegese. All’inizio mi hanno utilizzata come OSS, con meno responsabilità».


Dopo quattro anni, Giulia lavora in ospedale per 320 corone norvegesi all’ora (27,40 euro): «Nel mese di luglio ho lavorato 20 giorni in totale per 5700 euro lordi, 3380 euro netti. E nel conteggio mancano straordinari e notti, che non faccio. Altrimenti sarebbero molti di più. C’è anche un bonus estivo per chi lavora da giugno a agosto: sono 250 euro a settimana».


La ragazza non ha dovuto nemmeno spedare un centesimo per l’abitazione, visto che l’agenzia le ha messo a disposizione una stanza in una casa in condivisione: «Per tre anni non ho mai pagato nulla, poi quando ho deciso di prendere in affitto una casa per conto mio, dei 1000 euro che pago ogni mese mi viene rimborsata la metà. In più mi pagano i viaggi verso l’Italia ogni qualvolta decido di tornare. Anche questo è un bel vantaggio».


Come si fa a far tornare in Italia una professionista come Giulia? Complicato: «Se mi piace stare qui? Sì molto anche perché anche a livello professionale, qui c’è molto rispetto per la figura dell’infermiere, al contrario di quanto accade in Italia. Senza contare il lato economico: da quando sono qui spendo pochissimo e ho messo da parte una cifra enorme per me, 50 mila euro».


Anche convincere Michele a ritornare qui da noi non sarà facile, vista l’offerta che lo ha portato in Nord Europa: «Contratto a tempo indeterminato, alloggio gratuito, bonus di 1000 euro annuale per i voli e l’auto in uso (con rimborso del carburante) per gli spostamenti da una struttura all’altra».


A ritornare in Italia «non ci penso nemmeno. Molti mi dicono: sì però lì fa freddo ed è sempre buio. Io rispondo che qui si vive benissimo, ho tanti amici e le condizioni di lavoro sono eccezionali» conclude Michele.


E, da quanto si apprende (VEDI articolo La Norvegia a caccia di infermieri italiani (e di studenti del terzo anno?): 3500 euro netti al mese e benefit vari), le offerte per i nostri professionisti stanno addirittura migliorando e non è più nemmeno necessario partire con la lingua norvegese in tasca…

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Alessio Biondino

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