L’assordante rumore degli allarmi nelle terapia intensive: solo un fastidio?

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“Il rumore non necessario è la forma più crudele di assenza di cura che può essere inflitta a qualunque persona sana o ammalata” (Florence Nightingale, Notes on Nursing).

Il rumore degli allarmi nelle terapia intensive: solo un fastidio?

Il rumore è definibile come un suono non desiderato; ciò che è rumore per una persona può non essere considerato tale per un’altra. Tuttavia molti studi indicano che i livelli di rumore in Ospedale sono notevolmente aumentati negli ultimi 50 anni, eccedendo i livelli raccomandati dall’OMS, soprattutto nelle Terapie Intensive (ICU) dove maggiore enfasi dovrebbe essere data alla riduzione dei rumori.

Una revisione sistematica di 29 Studi riporta che le principali fonti di rumore in ICU sono:

  • Conversazione
  • Apparecchiature elettromedicali
  • Allarmi
  • Telefoni
  • Radioline cercapersone
  • Oggetti che cadono

Le conseguenze negative per gli operatori

Questo può determinare conseguenze negative sia per le persone assistite che per gli operatori. Per quanto riguarda gli allarmi, in particolare, la Joint Commission International (Manuale per l’accreditamento all’eccellenza degli Ospedali, 6° Ed.) richiede che siano utilizzate linee guida per l’utilizzo corretto degli stessi e sono previsti requisiti più stringenti nella 7° Ed. del Manuale che sarà disponibile ad aprile 2020 e avrà efficacia da ottobre 2020.

Come mai questa grande attenzione?

  • Perché la frequenza di attivazione degli allarmi è estremamente alta, se si considera che un infermiere deve rispondere a tre o più allarmi in un minuto e mediamente un paziente può generare 180 allarmi nelle 24 ore (studio web 2012, JUNICON)
  • Perché quando ci sono troppi allarmi (e la gran parte non ha rilevanza clinica come dimostrato dagli studi) è possibile che il personale sanitario diventi meno sensibile fino alla violazione dei protocolli di monitoraggio con conseguenti danni o addirittura decesso del paziente
  • Perché gli allarmi sono “rumore” e quindi fonte di stress per pazienti e operatori (fatigue).

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore

15.00 €  12.00 €

Cosa fare?

Dovrebbero essere sviluppate strategie per definire:

  • La regolazione clinicamente appropriata dei segnali di allarme
  • Le situazioni in cui i segnali di allarme possono essere disabilitati
  • Le situazioni in cui è necessario/opportuno variare i parametri di impostazione
  • L’identificazione chiara e formale di chi ha l’autorità per disabilitare gli allarmi o cambiare le impostazioni

Autore: Filippo Di Carlo

Studio Infermieristico DMR

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