In arrivo 2500 infermieri dall’Albania, Nursing Up: “Altro che valorizzazione della professione”


Valorizzazione della professione infermieristica, miglioramento della sua attrattività e del suo riconoscimento sociale? Certo, come no. Ma al di là delle tante chiacchiere, purtroppo, i fatti parlano chiaro: si vogliono importare quanti più infermieri possibili dagli altri paesi (quelli poveri) e si vogliono creare figure ibride volte al risparmio.


Ed ecco che, mentre si naviga a vista tra carenza di personale, infermieri indiani, sudamericani e assistenti infermieri, sono in arrivo anche migliaia di professionisti dal mar Adriatico. Lo ricorda Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato infermieri Nursing Up: «Ancora una volta, assistiamo a scelte che sembrano più paradossali e sterili palliativi che reali soluzioni per rilanciare la nostra claudicante sanità pubblica.


In Piemonte, l’assessore Federico Riboldi segue il modello lombardo di Bertolaso degli infermieri sudamericani e si prepara a partire per l’Albania, alla ricerca di 2.500 infermieri da inserire negli ospedali della regione, in accordo con le università locali. Ma siamo davvero sicuri che sia questa la strada giusta o almeno quella prioritaria da seguire?».


Eh già, perché «invece di colmare le carenze con piani di valorizzazione degni di tal nome e creare le condizioni per trattenere i nostri professionisti – sottolinea De Palma – si preferisce andare all’estero a reclutare personale». Ovviamente «nessuno è contro lo scambio culturale o contro un sistema sanitario multiculturale – evidenzia il presidente -. L’Albania è un paese amico e da sempre culturalmente vicino al nostro. Ma vogliamo parlare delle difficoltà di un lavoro che non richiede certo di vendere contratti di luce e gas, e dell’ostacolo legato alla mancata conoscenza del nostro sistema sanitario».


«In Piemonte mancano ben seimila infermieri – spiega De Palma. Potrebbe andar bene il reclutamento di professionisti dall’Albania come supporto, con partnership strategiche con le università, se solo prima fossero state attuate, con azioni concrete, finalizzate a risolvere la carenza di infermieri italiani attraverso un solido piano di rilancio, ma non venite a raccontarci che questa rappresenta la soluzione a lungo termine del problema».


«Se le condizioni di lavoro non migliorano – avverte il numero uno del sindacato –, se gli stipendi restano miseri, nessuno resterà. Né i nostri infermieri, né probabilmente quelli che oggi arrivano dall’estero».

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Alessio Biondino

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