Case Manager nella continuità assistenziale dei pazienti oncoematologici

Redazione 18/10/19
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Il contributo dell’Infermiere Case Manager nella continuità assistenziale dei pazienti oncoematologici

A cura di Di Lorenzo Filippo
Infermiere Ematologia Ospedale S.Eugenio – ASL Roma 2

Background

L’oncoematologia si occupa delle malattie tumorali del sangue e degli organi ematopoietici. La malattia oncoematologica è ancora oggi molto temuta nonostante siano stati fatti passi da gigante rispetto al passato.

Le malattie oncoematologiche incidono fortemente sul corpo e sulla psiche, sul senso di sé, sull’individuo in toto, sulle relazioni e sullo stile di vita modificando talvolta l’aspetto fisico stesso della persona malata. La malattia però deve essere affrontata con decisione e può diventare un’occasione di cambiamento e trasformazioni migliorative.

A tal fine è necessaria una continua ricerca scientifica, l’instaurarsi di una nuova relazione infermiere-paziente, una straordinaria collaborazione tra professionisti al servizio della persona ed un lavoro della persona su sé stessa che le permetta di scoprire risorse e potenzialità utili ad affrontare questo difficile percorso.

Oggi, grazie a diverse ricerche scientifiche, cui hanno contribuito molti gruppi italiani, sono state messe a punto, negli ultimi anni, nuove e più efficaci strategie assistenziali in grado di migliorare le prospettive di guarigione, di prolungare la sopravvivenza, condurre a risultati impensabili e assicurare la massima qualità di vita possibile.

Esistono decine di sottotipi diverse di neoplasie ematologiche appartenenti a tre grandi macro-gruppi: leucemie, linfomi e mielomi. Possono manifestarsi in forma acuta (più grave e aggressiva) o cronica. Possono distinguersi diverse varianti in relazione a caratteristiche genetiche, istologiche, immunoistochimiche, funzionali e cliniche.

La leucemia

  • La Leucemia linfatica acuta (LLA) è un tumore relativamente raro, pari al 9,5% di tutte le leucemie e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 770 persone, 450 fra i maschi e 320 fra le femmine (1).
  • La Leucemia linfatica cronica (LLC) invece è la più diffusa tra le leucemie (circa il 33,5% dei casi totali) e si stima che colpisca ogni anno il Italia circa 2750 persone, 1600 fra i maschi e 1150 fra le femmine. In questo caso la maggior parte delle persone affette è rappresentata da anziani, e solo il 15% dei pazienti ha meno di 60 anni alla diagnosi (2)
  • La Leucemia Mieloide acuta (LMA) è la seconda leucemia più diffusa (rappresenta circa il 26, 4% del totale) e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 2100 persone, 1200 casi fra i maschi e 900 fra le femmine. Colpisce soprattutto gli anziani (sopra i 60 anni) ma può svilupparsi anche nei bambini. Il rischio di imbattersi in una diagnosi di LMA nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 2,5% fra i maschi (1 caso ogni 398 uomini) e di 1,7% fra le femmine (1 caso ogni 578 donne)(3).
  • La Leucemia mieloide cronica (LMC) rappresenta circa il 14,1% di tutte le leucemie e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 1150 persone, 650 fra i maschi e 500 fra le donne. Il rischio di avere una diagnosi di LMC nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 1,3% fra i maschi (1 caso ogni 763 uomini) e di 0,9% fra le femmine (1 caso ogni 1163 donne)(4).

La diagnosi di leucemia genera ansia, paura ed altera certi equilibri modificando la qualità della propria vita. La modalità per affrontare queste patologia è molto complessa e richiede estrema attenzione in ogni sua fase del percorso (diagnostica, terapeutica e assistenziale).

L’adozione di percorsi specifici e dedicati presuppone l’integrazione tra professionalità diverse (medici, infermieri, tecnici ecc). Occorre incoraggiare la multidisciplinarietà e stimolare la ricerca di soluzioni organizzative maggiormente efficaci, efficienti, nonchè garanti di standard qualitativi e di sicurezza delle cure elevati.

Il ruolo dell’Infermiere Case Manager

Il ruolo di coordinamento delle attività previste è affidato al cosiddetto Infermiere Case Manager con l’obiettivo di garantire un processo di assistenza personalizzato e coerente con le indicazioni del percorso durante tutta la durata delle diverse fasi correlate all‘evento patologico e in ciascuna delle strutture organizzative ed operative coinvolte.

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L’Infermiere Case Manager rappresenta quindi il punto di riferimento per il paziente ematologico, a garanzia dell’appropriatezza e dellla continuità dell’assistenza erogata, con l’obiettivo di integrare gli interventi necessari, evitando la frammentazione e la casualità, che spesso sono la causa della percezione di una cattiva qualità dell’assistenza.

L’analisi della letteratura ha permesso di reperire evidenze scientifiche comprovanti l’importanza e l’influenza positiva esercitate sul paziente e sulla famiglia nel PDTA, in termini di informazione, comprensione, gestione e soddisfazione per le cure e l’assistenza ricevute e per la relativa continuità assistenziale.

La continuità assistenziale

La continuità delle cure/assistenza è il processo attraverso il quale il paziente e il suo team multiprofessionale coordinato dall’Infermiere Case Manager sono coinvolti in modo cooperativo nella gestione dell’assistenza e della cura del paziente per cercare di migliorare la sua qualità di vita ed evitare ricoveri impropri o ricorso inappropriato al Pronto Soccorso.

Per garantire la continuità è importante che ci sia innanzitutto integrazione tra i professionisti e le risorse, tra setting assistenziali, tra servizi e professionisti all’interno degli stessi setting, tra ambito sanitario e sociale, tra paziente-professionisti-servizi, all’interno della rete di servizi ed infine tra questa e gli enti decisori.

Caratteristiche principali della continuità assistenziale

Le caratteristiche principali della continuità assistenziale sono:

  • coerenza e costanza informativa tra l’Infermiere Case Manager, il paziente e la sua famiglia;
  • efficace comunicazione tra professionisti e paziente;
  • flessibilità di adattamento ai bisogni del paziente che si modificano nel tempo;
  • assistenza assicurata nelle varie fasi della malattia;
  • assistenza garantita da uno specifico professionista col quale il paziente sviluppa un’alleanza terapeutica.

Per garantire ciò è necessario che il paziente e la famiglia siano adeguatamente informati e preparati e che venga attivato per loro un percorso clinico-assistenziale che prosegue anche dopo la dimissione ospedaliera. Importante è anche valorizzare il ruolo della famiglia e dei caregivers.

La continuità assistenziale operativamente consiste dunque in:

  • passaggio di informazioni e condivisione della “storia” con altri professionisti;
  • tempestività nella raccolta delle informazioni in fase ospedaliera e nell’attivazione delle
  • risorse necessarie nel momento immediatamente successivo alla dimissione;
  • pianificazione della dimissione;
  • monitoraggio ed accompagnamentodel paziente;
  • previsione dei bisogni dell’utente, della famiglia e del caregiver;
  • coordinamento dell’assistenza con modelli che abbiano il focus sulla persona e la sua famiglia;
  • educazione dei pazienti alla sicurezza nella continuità delle cure;
  • miglioramento dell’empowerment dei pazienti e degli operatori.

L’importanza dell’educazione terapeutica del paziente e del caregiver.

Affinchè ci sia una continuità delle cure efficace, è importante educare i pazienti ed i loro familiari. Secondo una definizione dell’OMS, l‘educazione terapeutica del paziente (in inglese “Therapeutic Patient Education”o TPE) è “un’attività finalizzata ad aiutare il paziente e la sua famiglia a capire la natura della malattia e dei trattamenti, a collaborare attivamente alla realizzazione di tutto il percorso terapeutico/assistenziale e a prendersi cura del proprio stato di salute per mantenere e migliorare la propria qualità di vita”.

La dimensione educativa costituisce una delle quattro funzioni indicate dall’OMS come proprie del ruolo infermieristico insieme a quella della gestione dell’assistenza, il lavoro nell’equipe sanitaria e la ricerca scientifica.

Il termine educare deriva dal latino “ex-ducere” che letteralmente significa “far venire fuori”, trasformando le potenzialità di ognuno in concrete capacità di autocura e autoassistenza.

In campo oncologico l’educazione terapeutica indirizzata a specifiche categorie di malati si presenta come una formidabile sfida, sia per i professionisti che per i pazienti stessi: per i primi, perchè richiede l’acquisizione e lo sviluppo di sempre nuove competenze professionali; per i secondi, perchè comporta l’assunzione di un ruolo attivo e centrale nella gestione della propria malattia.

L’educazione terapeutica del paziente è quindi una pratica articolata e complessa che presuppone l’esistenza di una corretta informazione e di un buon livello di comunicazione tra paziente e professionista.

Il percorso educativo implica più fasi, che vanno dalla “diagnosi” educativa all’identificazione di contenuti ed obiettivi d’apprendimento aderenti ai bisogni del malato, fino alla scelta di strategie d’insegnamento e di valutazione pertinenti (approccio sistematico).

Abilità e responsabilità del Case Manager nell’educazione terapeutica

Le responsabilità dell’Infermiere Case Manager saranno quelle di:

  • identificare i bisogni educativi di ogni paziente (diagnosi educativa);
  • negoziare col paziente contenuti e obiettivi educativi (contratto educativo terapeutico);
  • proporre percorsi d’apprendimento pertinenti ed interattivi (insegnamento/apprendimento attivo);
  • controllare la qualità e i risultati dell’attività educativa con strumenti idonei (valutazione).

L’educazione terapeutica è una peculiarietà del Nursing dove l’infermiere deve possedere le capacità relazionali ed educative per dare corpo interamente all’esercizio della propria professione.

Lo scopo dell’educazione terapeutica è di consentire al paziente di conoscere la propria malattia, gestire la terapia in modo competente e prevenire le complicanze evitabili; infatti la capacità del paziente di prendersi cura di sé stesso dipende da quanto è stata efficace la formazione poiché una adeguata formazione e informazione consente di migliorare la qualità dell’assistenza infermieristica, diminuire la durata delle degenze ospedaliere, ridurre il ricorso ai servizi di urgenza-emergenza, ridurre il numero di ricoveri ospedalieri, migliorare i trattamenti terapeutici.

E’ importante anche educare terapeuticamente il caregiver, poiché partecipa in questo modo attivamente al percorso di cura del proprio congiunto.

Infermiere Case Manager nella continuità assistenziale dei pazienti oncoematologici

L’assistenza domiciliare svolge all’interno del percorso socio-sanitario della persona malata un ruolo notevole in quanto garantisce alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, percorsi assistenziali nel proprio domicilio denominati “cure domiciliari” consistenti in un insieme organizzato di trattamenti medici, infermieristici, psicologici e riabilitativi, necessari per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita.

A domicilio è necessario che il paziente tenga sotto controllo i disturbi più significativi:

  • la febbre (entità, durata e sintomi concomitanti);
  • sintomi respiratori (tosse, affanno, presenza di espettorato anomalo);
  • l’alvo (stitichezza, diarrea o altri disturbi dell‘evacuazione);
  • alterazioni dell‘integrità cutanea (presenza di arrossamenti o lesioni e segni e sintomi correlati).

Assistere a casa

Da chi svolge quotidianamente un lavoro a contatto con le persone malate e i loro contesti famigliari, e che affronta con loro tutto quello che può accadere dentro le case durante l’assistenza domiciliare, nasce questo agile e utilissimo manuale. Non è un testo enciclopedico, non vuole avere, per spirito degli autori stessi, la presunzione di risolvere qualsiasi problema si possa presentare nel corso dell’assistenza domiciliare. Un’assistenza domiciliare non può prescindere dalla possibilità di effettuare a domicilio le cure necessarie ed eventuali esami diagnostici. per questo c’è bisogno di creare un équipe ben addestrata di sanitari coordinati fra loro, di assicurare una reperibilità 24 ore su 24, e di avere la certezza di una base di riferimento, fulcro importantissimo, quale la famiglia e i volontari. Proprio loro infatti rappresentano il raccordo essenziale tra il paziente e il professionista. spesso si trovano a confrontarsi con una realtà diversa, piena di incognite. Devono essere edotti sui diversi aspetti della malattia ma è fondamentale che conoscano il confine entro cui muoversi e quando lasciar posto al personale sanitario. Conoscere significa non ignorare e non ignorare significa non aver paura: una flebo che si ferma non deve creare panico nei famigliari o nel volontario, anche perché essendo loro il punto di riferimento per il paziente sono loro i primi a dare sicurezza e questo avviene solo se si conoscono i problemi. Il testo cerca perciò di porre l’attenzione sulle necessità più importanti, sui dubbi più comuni, sulle possibili situazioni “difficili” che a volte divengono vere urgenze, non dimenticando i piccoli interrogativi che spesso sono sembrati a noi stessi banali ma che, al contrario, sono stati motivo di forte ansia non solo per il paziente ma anche per i famigliari e per i volontari alle prime esperienze. Giuseppe Casale, specialista oncologo e gastroenterologo, è fondatore dell’Associazione, Unità Operativa di Cure Palliative ANTEA, di cui è anche Coordinatore Sanitario e Scientifico. Membro di molte Commissioni del Ministero della Sanità in ‘Cure Palliative’, è autore di diverse pubblicazioni, nonché docente in numerosi Master Universitari. Chiara Mastroianni, infermiera esperta in cure palliative, è presidente di Antea Formad (scuola di formazione e ricerca di Antea Associazione), e membro del comitato scientifico dei Master per infermieri e medici in cure palliative dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata.

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L’asssistenza territoriale consente di garantire al malato una continuità assistenziale ospedale-domicilio, ospedale-ambulatorio, ospedale-D.H., ospedale-hospice e rappresenta uno dei percorsi alternativi possibili e uno strumento indispensabile, soprattutto nell’ottica di conservazione della dignità dell’essere umano.

Le finalità delle cure domicilari sono:

  • migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie;
  • facilitare l’accesso dei pazienti all’erogazione dei servizi, dei presidi e delle terapie;
  • evitare ricoveri impropri in ospedale o ricoveri inappropriati;
  • ottimizzare i processi riducendo i costi assistenziali.

I pazienti ematologici presi in carico a domicilio sono:

  • pazienti in dimissione protetta con malattia curabile o guaribile, sottoposti a chemioterapia intensiva post trapianto di cellule staminali emopoietiche;
  • pazienti in fase cronica – anche non autosufficienti – che necessitano di terapia di supporto;
  • pazienti in fase avanzata con aspettativa di vita ridotta
  • pazienti in chemioterapia o radioterapia, terapia di supporto, o in terapia palliativa;
  • pazienti in fase terminale.

La fase della dimissione

Il momento della dimissione è molto desiderato dal paziente fin dal momento in cui entra in reparto, ma quando si avvicina realmente può associarsi la paura di fare un salto nel “vuoto”.

Infatti il paziente, abituato ad un ambiente che lo ha fatto sentire molto sicuro e protetto, può essere colto da dubbi e da angosce per quanto potrà accadergli dopo la dimissione, nel momento in cui verranno a mancare alcune certezze.

Proprio per questo motivo, l’Infermiere Case Manager sarà il punto di riferimento per il paziente oncoematologico. Egli sarà sempre a sua disposizione per chiarire dubbi, fornire consigli, ridurre ansia e timori.

Dopo la dimissione saranno necessarie frequenti visiste di controllo in ambulatorio con cadenza prestabilita (generalmente settimanale o bisettimanale, anche se, in caso di comparsa di problemi clinici, questa frequenza può naturalmente aumentare).

Dopo i primi mesi le visite si ridurranno sensibilmente, per divenire mensili e trimestrali dopo i 16-24 mesi dal trapianto. In seguito, verrà chiesto ai pazienti di ritornare al controllo almeno una volta l’anno, anche in assenza di sintomi di qualsiasi tipo, per i controlli clinici ed ematologici di routine.

Le visite in ambulatorio hanno l’obiettivo di:

  1. Verificare lo stato di benessere fisico e psicologico della persona affetta da leucemia;
  2. Verificare gli esiti degli esami ematochimici e prescrivere se necessario delle terapie endovenose e/o trasfusionali;
  3. Verificare l’eventuale insorgenza di complicanze del trapianto, quali infezioni e malattie da trapianto verso l’ospite (GVHD)
  4. Verificare la compliance terapeutica e i possibili effetti collaterali legati ai farmaci assunti dal paziente;
  5. Verificare lo stato di malattie per le quali il trapianto è stato effettuato.
  6. Verificare la puntualità con cui il paziente aderisce ai programmi di follow-up.

In conclusione

La figura dell’infermiere con competenze specialistiche avanzate in ambito onco-ematologico sta assumendo un ruolo sempre più significativo nel percorso terapeutico-assistenziale di questa tipologia di malati.

In particolare l’Infermiere Case Manager può contribuire al miglioramento dell’efficienza del sistema delle cure. Questa figura professionale ricopre, infatti, un ruolo nevralgico che necessita di una sempre maggior preparazione e specializzazione.

Citazioni:

  1. Gruppo Lavoro AIOM, AIRTUM, FonDazione AIUM, PASSI. Numeri del cancro in Italia, Report 2018, Intermedia editore, Brescia, 2018.
  2. ibidem
  3. ibidem
  4. ibidem

Approfondimenti:

Bibliografia:

  • Antonuzzo A, Bossi P, Fabi A, Ripamonti C, Santini D. Manuale di cure di supporto in oncologia. 1° ed. Società Editrice Universo; 2015
  • Bain BJ, Bates I, Laffan MA. Dacie and Lewis Practical Haematology, 12 ed. London, United Kingdom: Elsevier; 2016 September 26
  • Bramanti D, Marzotto C, Digranti G. Percorsi innovativi di assistenza domiciare. Il Progetto Nazionale Home Care Premium. Erickson; 2015
  • De Rosa C, Pollio F, Viola A. Vademecum per il paziente oncoematologico. Paziente ematologico: problematiche domiciliari. Terapie e loro effetti collaterali in ematologia. L’alimentazione nel paziente oncoematologico. Associazione Giuseppe Mango Onlus; 2013; 3-11, 12-26, 34-42
  • Lou Turgeon M. Clinical Hematology: Theory and Procedures. 6 ed. Lippincott Williams and Wilkins; 2017
  • Marcus R, Sweetenhamj. W, Williams M. E. Lymphoma: Pathology, Diagnosis, and Treatment. 2 ed. Cambridge University Press; 2014
  • Salmaso D, Toffanin R. La continuità delle cure tra ospedale e territorio. Fondazione Emanuela Zancan; 2013
  • Tempero, Margaret A. The cancer journal. Wolters Kluwer Health 2017 November/December; 23(6):309

 

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