Infermiere di Famiglia e di Comunità: Aumenta la spinta da più parti per la definitiva introduzione di questa figura professionale in tutta Italia.
Dopo la presentazione ufficiale del nuovo Codice Deontologico avvenuta il mese scorso e la recente partecipazione delle principali Società scientifiche, Ordini e Associazioni professionali alla Maratona per il patto della Salute, ecco che spuntano da ogni parte disegni di legge sulla istituzione della tanto agognata figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità.
Sono oramai diverse le Regioni che hanno avviato e concluso (Piemonte, Friuli, Toscana, Lombardia), o che stanno per avviare (Basilicata, Lazio), sperimentazioni tese ad implementare la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità e ad introdurla sul territorio e a domicilio con modelli diversi, ma tutti accomunati da una visione strategica.
Come sostiene infatti la stessa deputata Stefania Mammì, una delle promotrici del ddl. «Questo infermiere si occuperà dei bisogni complessivi delle famiglie: da chi è sano e deve salvaguardare la propria salute attraverso un’azione di educazione fino alle necessità assistenziali complesse dei pazienti cronici». Nel ddl su citato ci sarà anche il richiamo a un decreto attuativo con cui il Ministero della Salute dovrà fissare un tariffario per le prestazioni, «anche perché questa figura produrrà risparmi per il Ssn, riducendo gli accessi al pronto soccorso e alle degenze ospedaliere».
L’infermiere di famiglia e di comunità: tante Regioni sulle stessa lunghezza d’onda.
La bozza del Patto per la Salute e le Regioni lo scrivono nero su bianco, puntando sull’implementazione sul territorio e a domicilio di esperienze assistenziali efficaci partendo proprio dall’infermieristica di famiglia e comunità oggetto da tanti anni di studi, ricerche e progetti internazionali da parte dell’OMS.
Alcune Regioni presenti all’XI Conferenza sulle politiche della professione infermieristica che si è svolta a Firenze, quali Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Liguria e Piemonte sono tutte sulla stessa lunghezza d’onda: cambia la società, cambiano i bisogni assistenziali, c’è necessità di prendersi carico della persona e garantire l’assistenza sociale e sanitaria in un contesto demografico, epidemiologico e sociale nuovo e quindi con modelli organizzativi ed operativi totalmente diversi rispetto al passato, sostenibili economicamente, efficaci rispetto alle risposte attese e che valorizzino inoltre l’impegno , le competenze e gli investimenti degli Infermieri.
Obiettivo finale è quello di fornire ai cittadini ciò di cui hanno veramente bisogno, disegnando i nuovi modelli su quello che segue la diagnosi e la terapia cioè l’assistenza continua e la continuità di cure tra ospedale, territorio e domicilio nei confronti in particolare di pazienti anziani, soli, cronici e non autosufficienti in team con i medici di medicina generale, gli specialisti, le farmacie.
Se cerchi un testo sull’infermiere di famiglia e di comunità, questo fa per te:
Ma quali e quanti infermieri di famiglia serviranno?
Risponde la Fnopi (Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche) la quale stima che per poter rispondere nell’immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone affette da patologie croniche e/o non autosufficienti (in Italia sarebbero attualmente più di 16 milioni), oltre ai medici di medicina generale per ciò che concerne la diagnosi e la terapia, servono almeno 31mila infermieri per l’assistenza continua (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche).
Altra questione riguarda sicuramente il quadro di competenze e il relativo l’inquadramento giuridico-economico e contrattuale da pensare per questi professionisti. Se impossibile inquadrarli, per problemi di organizzazione del lavoro, come dipendenti delle aziende sanitarie pubbliche, la forma contrattuale potrebbe essere quella libero-professionale o convenzionata con il Ssn, proprio come i medici di famiglia.
L’idea della Fnopi è quella di creare una micro-equipe di medici-infermieri sul territorio per garantire cure, assistenza sociale e infermieristica completa e globale. Con una attività ambulatoriale che finalmente potrà prevedere l’erogazione delle prestazioni di maggiore richiesta da parte dei pazienti (prelievi, medicazioni, iniezioni, infusioni, controlli, monitoraggio dei parametri vitali, ecc.), oltre all’orientamento e all’informazione sull’offerta sanitaria, migliorando così l’accesso e l’utilizzo dei servizi sanitari pubblici.
Infermiere di Famiglia come educatore sanitario
Chiaro quindi il contributo infermieristico all’educazione circa il corretto uso dei servizi ospedalieri e di quelli di urgenza-emergenza e alla prevenzione di usi distorti e impropri che ancora oggi rendono complicate e difficili alcune prestazioni e l’accesso alla rete ospedaliera e alle relative prestazioni cliniche con liste di attesa estremamente lunghe.
Infermieri di famiglia e medici di medicina generale dunque potranno e dovranno lavorare insieme anche in un settore da sempre trascurato quale quello della promozione della salute e degli interventi di educazione sociale e sanitaria.
Infine l’Infermiere di Famiglia e di Comunità potrà essere fondamentale per assicurare assistenza infermieristica domiciliare a quei pazienti che – a causa della grave situazione clinica e/o sociale – non possono recarsi presso gli studi oppure a quei pazienti che necessitano di assistenza infermieristica di medio-alta complessità e che oggi non hanno punti di riferimento omogenei sul territorio nazionale.
La formazione dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità
Altra opportunità potrebbe essere quella di dar seguito alle normative che introducono la Farmacia dei Servizi quale articolazione sanitaria sul Territorio e che prevedono l’apertura all’interno delle Farmacie di Ambulatori infermieristici. In questo caso potrebbero essere sbloccati i fondi previsti dal Ministero della Salute ma in questo momento non utilizzabili in quanto assenti le relative Linee Guida.
In Regione Piemonte un Master universitario di I livello in Infermieristica di Famiglia e di Comunità sin dal 2003 forma Infermieri con competenze avanzate e specialistiche per assolvere funzioni ritenute fondamentali per la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria sul territorio, a domicilio, in collaborazione con i medici di medicina generale.
Sempre in Piemonte nasce formalmente per tutta la Regione e non più solo a livello di sperimentazione, la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità. A stabilirlo una delibera della Giunta regionale in cui si prende atto del successo riscosso dalle sperimentazione di questa modalità di gestione dell’assistenza in alcune ASL e di quello del progetto europeo CoNSENSo (Community nurse supporting elderly in a changing society) sfruttando l’innovazione per aiutare le persone senior over 65 sane o malate a vivere autonomamente presso il proprio domicilio il più a lungo possibile.
AIFeC: Associazione Infermieri di Famiglia e Comunità
Nel 2009 nasce l’AIFeC Associazione Infermieri di Famiglia e Comunità. Tra gli scopi:
sviluppare le Cure Primarie, l’Infermieristica territoriale e l’assistenza domiciliare, effettuare studi, ricerche, progetti e sperimentazione, promuovere la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità capillarmente in tutte le Regioni, sostenere gli Infermieri impegnati sul territorio, collaborare con gli Enti istituzionali, le Agenzie regionali, le Università, Enti accreditati, gli Assessorati, gli Enti locali, gli organismi nazionali e internazionali, gli Ordini Professionali ed infine redigere, attrraverso gruppi di lavoro anche interdisciplinari Raccomandazioni, Protocolli e procedure.
Nei Paesi a sanità avanzata la figura dell’IFeC è oggi considerata un tassello fondamentale per la cura e la prevenzione delle malattie, specialmente di quelle a più elevato impatto sociale.
Infermiere di Famiglia e di Comunità: gli esempi di eccellenza regionale
In questi ultimi anni altre Regioni hanno iniziato sperimentazioni in tal senso. Tra queste antesignana l’esperienza del Friuli Venezia Giulia avviata già a partire dal 2001 nell’ambito dei Distretti dell’Azienda per i servizi sanitari “Bassa Friulana”.
Friuli Venezia Giulia
Tratotasi di un brillante esempio di medicina e assistenza d’iniziativa centrata non più sull’ospedale ma sui servizi territoriali più vicini alle esigenze e ai bisogni socio-sanitari della popolazione” che prevede l’introduzione della figura dell’Infermiere di Comunità come promotore della continuità assistenziale e dell’integrazione socio-sanitaria, in collaborazione con tutti i professionisti e gli operatori del territorio e come elemento chiave nella presa in carico dei pazienti dimessi dall’ospedale, in stretto rapporto con i medici di famiglia e con gli assistenti sociali dei Comuni, secondo una logica multiprofessionale.
L’esperienza decennale dell’infermiere di famiglia in FVG è raccontata in questo libro:
Toscana
Recentemente anche la Toscana ha avviato un importante percorso. La Giunta regionale lo ha deciso con la delibera 597 del 4 giungo 2018, con cui ha indicato il quadro di riferimento, la definizione, le caratteristiche del modello, le responsabilità, le funzioni e le competenze e il relativo percorso formativo per la nuova figura che, come afferma la stessa delibera, rappresenta lo sviluppo di specifici percorsi assistenziali che affrontino l’area della cronicità, come ha previsto il Piano socio sanitario regionale in cui si afferma la necessità di “intervenire sulla fragilità dell’anziano per evitare la non autosufficienza”, prevedendo che la gestione della cronicità e della fragilità da parte dei team multiprofessionali sia realizzata in modo proattivo, nell’ambito della sanità di iniziativa, attraverso interventi di identificazione e di follow-up e attraverso la diffusione di esperienze di Infermiere di Famiglia e di Comunità.
Basilicata e Lombardia
Anche al sud la Basilicata ha trovato accesso a fondi provenienti dalle royalties del petrolio per sperimentare “L’infermiere di famiglia” e per eseguire esami strumentali 24 ore su 24. In questo la Basilicata potrebbe fare da apripista sperimentando bandi per l’assunzione di professionisti e per creare una rete territoriale efficace ed efficiente.
Ci sono, comunque, alcune sperimentazioni attive in Lombardia come l’infermiere di quartiere a Pavia, l’infermiere di Comunità in provincia di Lecco e l’Infermiere di Famiglia a Varese.
Lazio
Infine anche il Lazio è in dirittura d’arrivo uno specifico disegno di Legge regionale. Intanto con l’accordo sottoscritto fra l’OPI di Roma e le ASL Roma 4, 5 e 6 per l’attivazione il prossimo ottobre della nuova figura professionale dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC), è iniziato il 6 luglio scorso il percorso formativo per gli infermieri delle ASL che hanno aderito all’intesa.
L’obiettivo finale per l’infermiere di famiglia e di comunità
L’obiettivo è creare le basi per l’acquisizione di competenze specifiche nei campi della continuità assistenziale, della promozione della salute, della prevenzione sanitaria, della riabilitazione e della gestione delle patologie a maggiore incidenza sul territorio delle tre ASL coinvolte: Bpco, diabete, ipertensione e scompenso cardiaco.
La formazione offre la possibilità di sviluppare competenze nella cura domiciliare del paziente, nel mantenimento della continuità della cura e nel sostegno all’auto cura, nel coinvolgimento delle famiglie e nel fornire protezione e tutela della salute.
Fornisce inoltre preziosi spunti di riflessione sul lavoro in team, in quanto l’infermiere di famiglia e di comunità attiva molteplici reti di assistenza e svolge un rigoroso lavoro di collegamento fra i servizi che intervengono nel percorso di malattia del soggetto assistito e della sua famiglia.
Tutte queste esperienze, oramai diffuse, attendono di essere coagulate in un’unica ed interessante proposta e l’Infermiere dovrà mostrare ai cittadini, all’intera Comunità, alle Istituzioni, ma soprattutto a sé stesso di essere pronto ad accettare una sfida che storicamente si presenta alle soglie del festeggiamenti nel 2020 del bicentenario della nascita di Florence Nigthngale.
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