Infermiere in Inghilterra rientra a malincuore in Italia per stare vicino alla famiglia ma rimpiange stipendi più alti, carichi di lavoro sostenibili e formazione gratuita. Antonio Torella racconta cosa significa sentirsi davvero valorizzati in corsia.
Infermiere in Inghilterra e la nostalgia dell’Italia
“In Inghilterra la figura dell’infermiere è storicamente valorizzata“. Antonio Torella, 41 anni, infermiere con 18 anni di esperienza, non usa mezzi termini nel confronto tra il sistema sanitario britannico e quello italiano. Il suo rientro, infatti, è stato dettato da necessità personali che lo hanno spinto ad accettare un posto di lavoro in Italia. Dopo aver lavorato a Brighton, oggi è tornato a Bologna per stare vicino alla sua famiglia. Ma se la situazione fosse diversa, lo dice apertamente: rifarebbe le valigie.
La differenza economica è netta: “In Italia, un infermiere che lavora dal lunedì al venerdì, senza notti né festivi, guadagna circa 1.800 euro lordi al mese. A Brighton, da neo assunto, prendevo 2.500 euro netti. In più, mi pagavano corsi di specializzazione e master universitari“. In Italia invece, formazione e aggiornamento sono a carico del singolo.
Ma il punto non è solo lo stipendio, conferma Torella: “Là cercano il meglio, e il meglio lo trattano bene“. Il rapporto infermiere-pazienti è uno degli indicatori chiave: in Inghilterra un infermiere gestisce 6 pazienti, in Emilia-Romagna si arriva a 13-14 durante il turno di notte. Un carico insostenibile, che incide sulla qualità dell’assistenza e sul benessere del professionista.
E poi ci sono i tipici benefit per chi decide di diventare un infermiere in Inghilterra: alloggio gratuito il primo mese, prestiti a tasso zero per l’affitto, formazione dedicata, eventi sociali coperti dall’ospedale per favorire l’integrazione del personale. In breve un infermiere in Inghilterra a la sensazione che: “Ti fanno sentire parte di qualcosa. L’obiettivo è trattenerti, non logorarti“.
Quando fu reclutato, con Antonio c’erano altri 24 infermieri e “Sono rimasti quasi tutti là“. Nessuno di loro ha perso il legame con l’Italia, ma in pochi se la sentono di tornare alle condizioni attuali.
Intanto, oggi Antonio lavora nella sanità pubblica emiliana, con due master, cinque anni di università alle spalle, e uno stipendio che non arriva nemmeno a 2.000 euro al mese. Condizione condivisa da praticamente tutti i 280mila infermieri del servizio sanitario italiano.
Fonte: msn.it
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