L’infermiere Pubblico Ufficiale: un caso interessante!

Redazione 31/07/19

L’infermiere Pubblico Ufficiale: un caso d’intoppo nel meccanismo di legittimità dell’azione

di Giovanni Trianni – Infermiere Legale Forense

Un giorno mentre relazionavo ad un Corso sulla documentazione assistenziale (responsabilità e principali reati), una collega mi disse, e a tutto il pubblico presente, che nel proprio reparto regnava un così sentito affiatamento all’interno dell‘equipe multiprofessionale, tanto da sfociare in eventi di condivisione della pratica, in spartizioni amichevoli di compiti e suddivisioni di oneri oberanti.

E fin qui…Ma che poi sfociavano purtroppo ed immancabilmente in acquisizioni improprie di leggittimità e paternità delle azioni quando si doveva scrivere e documentare. Azione forse estremamente “deplorevole” agli occhi di tanti.

Io la guardo con attenzione sperando che nel suo discorsivo percorso inciampi o venga illuminata da un raggio di spirito autonomo, responsabile ma soprattutto legale. Ma invano. Mi dice, con aria di chi consapevolmente crede di aver raggiunto un apice di organizzato assetto inamovibile ma funzionale:

“In pratica il Medico prescrive, poi il collega somministra o esegue la procedura ed io o qualcun’altro di conseguenza lo scrive in cartella (su diario, in consegna, ecc.), firmando di suo pugno. A volte per velocizzare, se ho visto e fatto qualcosa, lo dico al collega che scrive, mentre io sono ancora impegnata. Tanto mi fido”.

 

Esterrefatto le dico che è inammissibile una tale consecutio che non definisce la paternità dell’azione, rischiando di generare confusione, ma prima di tutto deleteria a livello di responsabilità legale e legittimità decisionale. Ma lei con assoluta tranquillità, con una consapevolezza 5.0 e più di una punta d’orgoglio, mi incalza: “Ma è così che si fa in un gruppo che si integra e lavora bene insieme! Altrimenti che senso avrebbe parlare di equipe multiprofessionale? E’ così che si lavora!

Mi viene meschinamente da pensare che una evoluzione del vecchio DPR 225/74 “mansionariamente odioso” indicante che si dovesse effettuare la “…registrazione su apposito diario delle prescrizioni mediche, delle consegne e delle osservazioni eseguite durante il servizio“, sia sfociata in una conquista strampalata e mutamenti sulla paternità delle azioni, sancite in virtù di una evoluzione raggiunta, ma a testa in giù, allontanandoci da un presupposto ormai logoro che già di per sè vedeva coinvolto l’infermiere a documentare (di persona) ciò che aveva effettuato.

Allora ritornando al contenzioso suddetto, in risposta le dissi e senza speranza, che non si può ragionare così, che è sbagliato, spiegandole che per ciò che avevo ascoltato, non avevo più capelli da farmi imbiancare, visto che lo sono da tempo (non so se per tutto ciò che ho visto e sentito). Ma questa nuova idea fantascientifica, mi mancava proprio.

Me la ricordo ancora adesso, e di sicuro starà ancora pensando all’inutilità della mia arringa, ma spero di no. Non avevo nè serbo rancore contro questa collega, anzi è un esempio da riportare per far comprendere una carenza di coscienza di autonomia e responsabilità che ancora non sembra avvolgerci positivamente, ma che distorce una visione necessaria già dalle basi.

Spero di tutto cuore in un cambio di passo, senza remore del trascorso.
Dunque altro non mi sento di fare se non ringraziarla ancora per aver fatto emergere tale riflessione, e di consentirci di analizzare più da vicino la nuova figura dell’infermiere come Pubblico Ufficiale, riservandoci di intraprendere una descrizione particolareggiata in un altro articolo.

La traccia dell’azione infermieristica nel concetto di Pubblico Ufficiale

Nel concetto dell’infermiere pubblico ufficiale trova sfogo un indispensabile ruolo, nuovo e necessario, ma assodato e che non può essere rifiutato dal professionista, che si è concretizzato nell’evoluzione normativa di autonomia che ne è derivata.

Tener presente chi siamo e dove andiamo a documentare le nostre azioni è di fondamentale importanza, ci aiuta a comprendere la costruzione dell’assodato meccanismo della legittimità e paternità di un atto. Quindi è essenziale considerare l’investitura dell’assunto di Pubblico Ufficiale e di Atto Pubblico che entrano in gioco a ristabilire equilibri psicologici di liberi pensatori e gregari di azioni altrui.

Se ci chiedessimo cosa possa contraddistinguere e legittimare la peculiarità di un professionista, parlando per il nostro scopo di quello sanitario, la risposta potrà essere una sola.

Solo in un modo reputato assoluto per legge, estratto, a maggior ragione e “sfruttato” per vari scopi a livello giuridico, si può comprendere la fattualità della propria azione: si deve documentare solo ed esclusivamente ciò che si è visto e fatto di persona. La nostra presenza fisica è d’obbligo, in quanto ciò implica una presa di coscienza dell’accaduto, una valutazione ed una pianificazione degli interventi e di tutti gli atti compiuti (un paramentro clinico e la sua variazione, la compromissione dello stato di salute, ecc.).

Inoltre l’atto del proprio operato deve essere reso raggiungibile sempre, deve esaltare, deve lasciare traccia e solchi indelebili nel percorso assistenziale di cura, attraverso l’azione del documentare.

E curiosamente vale il pensiero per cui “ognuno pensa per sè”, non permettendo di far scrivere cioè ad altri quello che abbiamo compiuto noi stessi, per inedia turnistica, per inerzia lavorativa, per confusione professionale, anche se ciò comporti ritardi, ire funeste di Coordinatori e ingerenze di Direttori.

L’infermiere Pubblico Ufficiale. A chi fa paura?

Diversi tentativi si sono avuti in questi ultimi anni per abilitare e disabilitare la figura dell’infermiere nelle vesti di Pubblico Ufficiale. A chi faceva e fa comodo? Qualcuno teme di già l‘infermiere in quanto organismo pensante, intellettuale e diagnosticante, figuriamoci nelle vesti di infermiere Pubblico Ufficiale.

Diciamoci la verità, oggi chi ha paura dell’infermiere, ha paura dei suoi resoconti, ha paura delle sue valutazioni, teme che l’efficacia delle sue minuziose descrizioni cliniche sullo stato del paziente, possano ripercuotersi negativamente e riempire le cronache giudiziarie con i dovuti risvolti della colpa, chiamandolo in causa.

Ma non è ha colpa, solo che nell’ambito dell’amministrazione di appartenenza deve essenzialmente assicurare adempimenti descrittivi obbligatori circostanziali di accadimenti avvenuti sotto i propri occhi e percezione diretta, questo lo dice la Legge.

Sarà duro barcamenarsi tra i meandri di tale compito, ma ancor più difficile sarà capire che non si tratta di una scelta a cui attingere dal cesto della professionalità.

La strada è una sola, è già imposta giuridicamente, e la battaglia più ardua è solo con la nostra coscienza e la consapevolezza dell’investitura di nuovi professionisti a tutti gli effetti.

Autore: Giovanni Trianni – Infermiere Legale Forense

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