L’infermiere strumentista ai miei tempi
Ah…Che tempi erano quelli! Molto spesso ricordando esperienze del passato rievochiamo momenti trascorsi, definendoli indimenticabili. Delle reminiscenze ti riportano indietro a tempi andati che ti hanno segnato una vita importante ed essenziale come quella lavorativa.
Tutto bene finchè i ricordi sono buoni e positivi, ma cosa accade se non vedevamo l’ora di fuggire da quell’inferno? E se i segni lasciati erano di qualcos’altro? Un ferro chirurgico che per puro caso volando, ti atterrava sul dorso della mano (fattapposta?), sospinto da una forza sconosciuta (sempre sconosciuta?).
L’infermiere strumentista di sala operatoria alle prese con i momenti di stizza del proprio chirurgo ha da sempre tenuto vivo un ricordo (per chi ci è passato), da recuperare alla mente giusto così, tanto da paragonare il vecchio e il nuovo ruolo dell’infermiere non più ferrista-passa-ferri ma protagonista insieme ad altri Operatori della scena chirurgica.
I ferri che volavano, l’incrocio tra il port’aghi e le pinze anatomiche che provocava scintille, il bisturi che anzichè incidere il muscolo bersaglio, tagliava la densa aria della sala, il sudore magico del primo operatore che fermava il tempo. Erano momenti spesso fantastici ma anche fantasmagorici, che al contrario non segnavano una velocità richiesta dal momento tragico-decisorio per colui che aveva sulle spalle le sorti del paziente, ma quasi sempre di nervosismo, di ansia da prestazione, di reponsabilità che poteva logorare le sorti dei tre “malcapitati”: da una parte il paziente sotto-i-ferri, dall’altra il medico chirurgo primo operatore sopra-i-ferri, e in un angolino, camaleontico nel verde-acceso della teleria, il poveretto passa-ferri isolato da tutto e tutti.
Chi si occupava di lui? Chi si preoccupava di una entità fluttuante e voluta espressamente non-pensante dalla maggior parte dei chirurghi, come l’infermiere strumentista di sala operatoria?
Ci sono passato anche io! Se mi guardo le mani, sottocute sento ancora i bozzi che nelle giornate di fredda tramontana gridano incessantemente i loro “perchè”: “Non pensare!”, “Muoviti!”, “Lascia stare, non contare le garze, tanto ho controllato: non ce ne sono!”, “Mettimi i guanti, i ferri te li sistemi dopo!”, “Dai, aspira, aggiusta la scialitica, più garze!”, e di tanto altro da dire, ne saranno pieni di sicuro i vostri orecchi!
Si pretendeva ed ancora per alcuni, un essere non pensante, un automa servizievole, che collegato al cervello del chirurgo attraverso fili (all’epoca era impensabile il wireless), ne anticipasse le volontà, le necessità e i capricci, rischiando di tralasciare quasi e prendere sotto gamba la sicurezza del campo sterile, la conta dei ferri e delle garze, lo sguardo d’intesa col “circolante” e compagnia bella.
Gli errori in sala operatoria
Nel 1999 lo IOM (Institute Of Medicine) negli USA pubblicò un famoso rapporto dal titolo To err is human: building a safer health system, nel quale si stimò che in un anno muoiono tra i 44.000 e i 98.000 a causa di errori medici in sala operatoria. Nonostante grandi passi avanti fatti sulla sicurezza in chirurgia, almeno la metà degli eventi avversi si verificano durante le cure chirurgiche. Ritenzione di garze, interventi su sito chirurgico errato, trapianti di organo non corrispondente, trasfusioni di sangue errato e tanto ancora, rientrano nei fallimenti umani: cattiva comunicazione, interruzione del lavoro di squadra, inesistente o inefficace leadership, cattiva capacità decisionale. Da questa analisi prende spunto la letteratura, specificando (per lo stupore di molti) che il miglioramento delle capacità non tecniche (non-technical skills) può ridurre gli errori chirurgici e migliorare i risultati dei pazienti.
In pratica non basta essere dotati esclusivamente di un’abilità tecnica che sovrasta tutto e tutti, ma è richiesta un’attitudine che esula dal classico tecnicismo, infatti il termine non-technical skills si riferisce alle capacità cognitive, di comunicazione, della leadership, del lavoro di squadra, del processo decisionale e della consapevolezza della situazione, indispensabili per svolgere le attività in modo sicuro ed efficiente.
Cosa dice la letteratura?
Una ricerca sugli incidenti aerei ha dimostrato che nella maggior parte di essi la causa è da attribuirsi ad errore umano, evitabile con una risposta ottimale da parte dell’uomo stesso che partecipa in un’equipe (CRM: gestione delle risorse dell’equipaggio) in tutto simile a quella sanitaria. Per questo i programmi si focalizzarono sullo sviluppo delle non-technical skills.
Quali sono le competenze non tecniche
Le competenze non tecniche (non-technical skills), sono raggruppate in:
cognitive o abilità mentali
- processo decisionale;
- pianificazione;
- consapevolezza della situazione;
abilità sociali o interpersonali
- lavoro di squadra;
- comunicazione;
- leadership.
Scendiamo nello specifico ad analizzare alcuni punti essenziali sottolineati in letteratura.
La consapevolezza della situazione
Uno degli elementi essenziali, la consapevolezza della situazione specifica nel contesto della sala operatoria, viene definita come: “la percezione degli elementi all’interno dell’ambiente, un volume di tempo e spazio, la comprensione del loro significato e la proiezione del loro status nel prossimo futuro.” L’infermiere strumentista, ha questa capacità, cioè riesce a percepire tutti gli elementi che compongono il proprio “habitat” chirurgico, riesce a collocarli efficacemente in una consecuzione di causa-effetto.
La leadership
I risultati di una precedente revisione della letteratura infatti, suggeriscono tra l’altro che c’è stato un crescente riconoscimento del ruolo di leadership nell’assistenza infermieristica perioperatoria: gli infermieri esperti, anche se poco percepito, tendono ad assumere ruoli di leadership quando lavorano con un chirurgo o un infermiere di sala inesperti.
In uno studio integrato (Gillespie B, Gwinner K, Fairweather N & Chaboyer W., 2013), l’infermiere strumentista di sala operatoria tendeva a prendere decisioni intuitive che si basavano sulla conoscenza derivata dalle esperienze pregresse utilizzando un processo decisionale denominato “gatekeeper”. Egli cioè, codificava ed esaminava le informazioni che arrivavano al primo operatore, consentendogli di rimanere concentrato nella propria azione.
Per concludere
Forse a suo tempo qualcuno sentenziava che non ci voleva poi molto a passare due ferri, a stendere due teli sterili, ad aspirare due gocce di sangue (arterioso), ed altre cavolate simili, tanto era una questione di sola dimestichezza e velocità. Ora la moderna visione e analisi della letteratura ci insegna a guardare con occhi nuovi alle qualità dell’infermiere strumentista (non più passa-ferri o ferrista). Le virtù richieste e la nuova sfera di competenze deve andare al di là dell’expertise tecnica, deve essenzialmente considerare delle capacità particolari come le non-technical skills. La cognitività entra di diritto e completa il professionista non più ultima ruota del carro, bensì protagonista completo e baluardo essenziale verso gli errori, produttore di qualità, sentinella indiscussa della buona riuscita del prodotto finale quale la seduta chirurgica.
Autore: Giovanni Trianni (Linkedin)
Bibliografia
- Gillespie B & Hamlin L. (2009). A Synthesis of the Literature on“Competence” as It Applies to Perioperative Nursing. AORN Journal, Vol. 90, No. 2, pp. 245–258.
- Endsley MR. (1995). Toward a Theory of Situation Awareness in Dynamic Systems. Human Factors: The Journal of the Human Factors and Ergonomics Society, Vol. 37, No. 1, pp. 32–64.
- Gillespie B, Gwinner K, Fairweather N & Chaboyer W. (2013). Building shared situational awareness in surgery through distributed dialog. Journal of Multidisciplinary Healthcare, Vol. 6, pp. 109–118
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