“Infermieri e OSS non sono la stessa cosa”, ma i cittadini vedono tutt’altro


Infermieri e Operatori Socio Sanitari non sono la stessa cosa. E l’infermiere non può essere impegnato sistematicamente come OSS, per qualsivoglia ragione organizzativa (come le ferie altrui, il risparmio dell’azienda, concetti strampalati come “il bene del paziente”, ecc.). Eppure, semplicemente guardandosi intorno nei luoghi di cura, i cittadini (tra cui politici, giornalisti, sindacalisti e altri professionisti) vedono tutt’altro.


A sottolinearlo, stavolta, dopo il recente comunicato della FNOPI (VEDI articolo Le coop agli OPI: “L’infermiere può fare l’ASA, l’OTA o l’OSS”? La risposta della FNOPI), è stato il Nursind Emilia-Romagna, che ha espresso sdegno e preoccupazione per questa pratica diffusa, fuori controllo e (troppo) spesso avallata dalle dirigenze infermieristiche.


«Non è accettabile – spiega Antonella Rodigliano, segretaria regionale (VEDI Gazzetta di Bologna) –  che gli infermieri siano costretti a coprire le carenze organizzative delle aziende sanitarie, eseguendo compiti che non competono al loro profilo professionale. Questo non solo dequalifica il loro lavoro, ma va anche a discapito della qualità dell’assistenza offerta ai pazienti.


Le diverse sentenze emesse negli ultimi anni dal Tribunale del lavoro pongono il giusto freno contro un sistema adottato dalle aziende sanitarie, che da anni sfruttano gli infermieri non assumendo OSS o assumendoli in misura insufficiente, ma è opportuno che anche le stesse aziende pongano una maggiore attenzione sull’organizzazione al loro interno, evitando situazioni che sviliscono i professionisti e creano danno prima di tutto ai cittadini».


«È necessario – conclude Rodigliano – un limite definitivo a certe situazioni, garantendo un corretto dimensionamento del personale, in modo da non richiedere sempre agli infermieri di sopperire alle carenze».

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Alessio Biondino

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