Il riconoscimento sociale ed economico “vantato” dalla categoria infermieristica italiana? Ad oggi, sembra una sorta di incubo. E su questo tema, tanto dibattuto tra gli infermieri e per cui i nostri governanti asseriscono di lavorare alacremente (non producendo nulla di concreto), non sembrano mai arrivare buone notizie.
Anzi, si peggiora. E tra stipendi ridicoli, promesse da marinaio della politica, stress insostenibili, svilimenti e violenze quotidiane, nessuno vuole più fare l’infermiere. Quelli che rimangono in corsia sono sempre più anziani e in tanti se ne vanno… Verso il privato, verso la libera professione, verso vicine realtà che pagano molto di più e addirittura lontano della professione stessa, in favore di mestieri e occupazioni che nulla hanno a vedere con l’infermieristica, ma che evidentemente garantiscono uno stipendio e una qualità di vita differenti.
E in questo desolante panorama, i media seguitano imperterriti a fornire descrizioni distorte e a tratti addirittura preoccupanti degli infermieri italiani: tra “scopa e pappagallo, amici fidati dell’infermiere”, “infermiere inserviente”, richiami continui alla mancanza di “vocazione” e “infermiera del dottore”, ecco che arriva un bel “titolone” ambiguo da parte di un quotidiano locale del Lazio: “Infermieri killer in corsia. Con loro, ospedali luogo di morte per neonati e anziani”.
Il pezzo, che vuole analizzare fatti di cronaca del recente passato in cui alcuni infermieri si sono ritrovati a comportarsi come killer o presunti tali, a nostro modo di vedere forza un po’ la mano e chi lo ha composto non ha fatto chissà quale attenzione alla scelta del titolo: sembra quasi che non si voglia raccontare di sporadici e gravissimi casi di omicidio nei nosocomi da parte di alcuni criminali, bensì che gli infermieri siano dei “killer in corsia” e che, a causa loro, gli ospedali si trasformino in luoghi di morte. Nessuna parola, ovviamente, sulle condizioni lavorative e retributive degli infermieri italiani o sul loro immolarsi per i cittadini durante la recente pandemia.
Anche stavolta, in molti diranno che si tratta di una trascurabile sottigliezza e che non sarà di certo questo pezzo a far sprofondare l’infermieristica. E forse è proprio così. Eppure, ancora una volta, come avviene pressoché quotidianamente, ai cittadini viene fornita una descrizione quantomeno equivoca e allarmante di un’intera categoria di professionisti, che poi si ritrova a prendere sputi, schiaffi e calci mentre si trova in prima linea ad aiutare gli altri per pochi spiccioli.
Ancora una volta, ribadiamo: se davvero si vogliono migliorare l’attrattività della professione infermieristica e il suo riconoscimento, non sarebbe il caso di monitorare seriamente e di non tollerare più tali disastrose descrizioni della figura professionale in oggetto?Non sarebbe il caso di ingolfare, da parte di chi di dovere, le diverse redazioni con richieste di rettifica non necessariamente serene e pacate?
Quanto è lontano, il tempo degli “eroi”…
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