I numeri sono impietosi: dei 9600 professionisti impegnati sul territorio che erano previsti dal Decreto Rilancio, finora ne sono entrati in servizio solo il 12%. Solo 1.132 professionisti rispetto ai 9600 previsti!
Infermieri assunti in periodo Covid: il 72,6% è precario
Ma non solo… Per ciò che concerne le altre assunzioni in tempo di Covid, è bene ricordare che solo il 27,4% dei 32.000 infermieri reclutati è stato assunto in via definitiva, mentre il rimanente 72,6% versa nella precarietà più totale.
Il sindacato Fials, nella persona del segretario generale Giuseppe Carbone, non ci sta e ha vibratamente protestato per il fatto che gli infermieri siano trattati come “Lavoratori usa e getta: una cosa inaccettabile, non tolleriamo che chi prima è stato definito eroe, ora non meriti neanche un contratto stabile. Tanto più che c’è un’enorme carenza di infermieri e non è stata ancora potenziata l’assistenza domiciliare, centrale nel Pnrr”.
E ancora: “A tenere i cordoni della borsa chiusi sono state proprio le Regioni non assegnando le prestazioni aggiuntive, né corrispondendo in alcuni casi indennità e premialità. Così i professionisti non possono più andare avanti: spremuti e buttati via, è ora di finirla”.
La lettera di Fials alla Commissione Sanità del Senato
Il sindacato, in riferimento al progetto dell’infermiere di famiglia partito col freno a mano tirato, ha provato intanto a smuovere le acque per uscire da questo imbarazzante impasse, scrivendo una lettera alla Commissione Sanità del Senato (VEDI).
Nella missiva, Fials dichiara di aver apprezzato le proposte di legge n.1346 e n.1751 (di cui i senatori Mariniello e Boldrini sono stati i primi firmatari) e suggerisce di unificarle, sperando poi nell’approvazione di Camera e Senato per una “legge la cui spendibilità è realmente immediata” e il cui potenziale riformatore si dispiegherebbe nel rinnovo del Ccnl.
Per Carbone “Urge approvare quanto prima il Ddl sugli infermieri di famiglia per l’attuazione della Mission Salute del Recovery Plan e approntare un piano post pandemico che metta nero su bianco cifre stanziate e il personale da impiegare nel recupero dei 145 milioni di prestazioni ambulatoriali saltate, per non parlare dei 747 mila ricoveri di cui i cittadini non hanno potuto usufruire”.
‘Riaprire il paese sulle pelle degli infermieri? No!’
Perché “Non è concepibile riaprire il Paese senza prevedere un numero di professionisti congruo al ripristino delle attività ordinarie del Servizio sanitario nazionale e all’attuazione del Pnrr, sulla pelle di professionisti che hanno già speso tutte le proprie energie psicofisiche e neanche possono riprendere fiato”.
Per Fials l’infermiere di famiglia e di comunità è la “massima espressione di autonomia e competenza della professione infermieristica” e per tale motivo rappresenta una figura che va individuata da una norma condivisa. Nella lettera è spiegato che questo non può essere “un infermiere neolaureato, bensì un infermiere che unisca all’esperienza professionale pluriennale una specifica formazione specialistica successiva alla laurea”.
‘Urge un piano assunzionale straordinario’
Quindi “non potrebbe che essere uno specifico incarico professionale come previsto dal vigente Ccnl del personale del Ssn”, evenienza che fa scartare l’ipotesi del libero professionista convenzionato “difficilmente configurabile nelle Case di comunità” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Una cosa è certa: SERVONO INFERMIERI, e tanti: “In questa ottica occorre intervenire senza perdere altro tempo con un piano assunzionale straordinario” conclude il segretario generale Fials. E se è vero che in sanità, come ha detto l’altro ieri il Ministro della Salute Speranza, “Dobbiamo chiudere la stagione dei tagli e aprire una e di grandi investimenti”… Possiamo essere finalmente ottimisti?
Autore: Alessio Biondino
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