Infermieri “specializzati” o meno? Comunque pedine


La crisi professionale degli infermieri “professionisti” italiani ed il crollo verticale dell’attrattività professionale dell’Infermieristica stanno oramai diventando una sorta di ricco (non in senso economico, ovviamente) minestrone, traboccante di discutibili e a tratti imbarazzanti ingredienti.

Un agglomerato informe e assai poco invitante in cui, a quanto pare, è lecito da parte di chiunque aggiungere di continuo e a piacimento degli elementi sempre più amari, senza che chi di dovere possa/voglia/riesca a intervenire per frenare o almeno rallentare l’inevitabile outcome che da tutto ciò deriva: una intollerabile schifezza. 


Ed è così che, tra dirigenze che inventano pronte disponibilità in modo da spremere ancora di più gli infermieri già sfruttati e stressati (VEDI il caso dell’Ausl Emilia Romagna), tra relatori e presidenti OPI che presentano i Corsi di Laurea al grido di “L’infermieristica è una vocazione” (VEDI), coi media che quando non diffamano la categoria parlano di “missione degli infermieri” (VEDI), con la politica che invece di onorare le promesse pesca all’estero (VEDI “il dramma” degli infermieri indiani) e produce altre figure a basso prezzo (VEDI Super OSS e Assistente alla Salute), arrivano in continuazione conferme di quanto gli infermieri, nonostante il percorso, le conquiste (almeno teoriche) e le competenze approfondite con studio e esperienza, siano a prescindere trattati come tappabuchi e pedine da spostare a piacimento.


Dopo il caso che avevamo trattato lo scorso agosto (VEDI articolo Cosenza, infermieri di rianimazione usati come tappabuchi, insorge la Uil), ovvero quello di personale infermieristico “altamente specializzato” di Rianimazione utilizzato in ostetricia, un’altra situazione simile ha attirato la nostra attenzione.

Stavolta, però, è un po’ diverso visto che in ballo c’è la sicurezza dei pazienti: al Brotzu di Cagliari mancherebbero Infermieri nel blocco operatorio. Per compensare tale voragine, che mette a rischio i diversi interventi chirurgici, il poco personale disponibile sarebbe costretto a dare il proprio aiuto in operazioni per cui non sono addestrati/preparati adeguatamente.


Come spiegato meglio dalla Uil (VEDI Casteddu Online) in una lettera firmata dall’intera segreteria aziendale: «L’ultimo episodio, ma non l’unico, è quello di sabato 14 ottobre, in cui un’equipe di sala operatoria della Chirurgia vascolare, già impegnata dalla mattina con un importante intervento che si è protratto sino alla notte, abbia dovuto sopperire ad un’altra urgenza proveniente da Carbonia, ossia un paziente con un aneurisma rotto, nonostante si sapesse che le equipe della chirurgia vascolare del Brotzu fosse già impegnata tutto il giorno.

Ci chiediamo se esiste solo una chirurgia vascolare a Cagliari e, se così non fosse, perche non è stata fatta una equa distribuzione delle emergenze-urgenze nel territorio? E chi ha deciso di portare il paziente al Brotzu di Cagliari?


É mai possibile che per l’emergenza vascolari a Cagliari ci siano solo sei infermieri della chirurgia vascolare del Brotzu che devono sostenere tutto questo carico? Ovviamente, davanti all’emergenza tutto il personale anche di altre specialità è stato attivato prontamente, ma in quali condizioni di sicurezza? L’ospedale Brotzu, essendo un hub di secondo livello, oltre agli interventi programmati, garantisce l’emergenza/urgenza.

É corretto che il personale di una specialità sia costretto ad affrontare, sia pure in emergenza, interventi chirurgici di cui non conosce sia le procedure dell’intervento stesso che la sala operatoria in cui deve operare ed il tipo d’intervento? Con quali procedure e chi si attiva a rintracciare il personale reperibile con formali disposizioni scritte, a tutela dei lavoratori interessati?


Quali, e di chi sono, le responsabilità medico legali di eventuali errori da da parte di personale non addetto a quella specialità? É come se per un’urgenza di Chirurgia generale venissero attivati degli ortopedici».

Possibile che, al di là delle tante chiacchiere e in barba alla sicurezza dei pazienti e dei lavoratori, gli infermieri ancora oggi debbano essere trattati come delle semplici pedine intercambiabili?

Possibile che il fantomatico concetto denominato “bene del paziente” abbia un valore inestimabile in sanità solo quando si tratta di giustificare il demansionamento e ogni tipo di sfruttamento istituzionalizzato ai danni degli infermieri italiani?

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Alessio Biondino

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