Insufficienza respiratoria acuta: gestione infermieristica

Giulia Vizza 07/04/21
Il paziente che presenta un’insufficienza respiratoria acuta, è una persona in imminente pericolo di vita. Se non trattata tempestivamente, la persona può essere ricoverata d’urgenza in un reparto di rianimazione, sedata e assistita artificialmente.

Il ruolo dell’infermiere nelle terapie intensive

L’infermiere necessita di un addestramento specifico che preveda: una spiccata elasticità mentale, un’approfondita conoscenza delle tecniche e un buon bagaglio di esperienza per poter affrontare le eventuali situazioni di urgenza ed emergenza.

Gli è richiesto un pensiero critico, che gli permetta, non solo di poter monitorare e registrare i dati, bensì, di interpretarli e potersi accorgere dell’eventuale peggioramento delle condizioni fisiche e cliniche della persona e di poter intervenire, ove possibile, o di allertare chi di dovere.

Tuttavia, non è solo questo il suo lavoro.

L’infermiere di Terapia Intensiva è l’unico che ha un contatto diretto con il paziente, la sua presenza è fondamentale. Questi sono ambienti dove raramente sono permesse visite da parte dei familiari, per questo è molto importante qui, più che in qualunque altro reparto ospedaliero, che l’infermiere si faccia carico, non solo dei bisogni di salute della persona, ma anche delle sue ansie e paure, che sia sempre sincero e chiaro nelle risposte e che, soprattutto, dimostri empatia.

Insufficienza Respiratoria Acuta

Per insufficienza respiratoria s’intende l’incapacità del sistema respiratorio di garantire un adeguato apporto di ossigeno (O2) nel sangue e/o di assicurare un efficiente eliminazione dell’anidrite carbonica (CO2) nell’ambiente esterno.

Ne distinguiamo due tipi:

  1. ipossiemica (tipo I o parziale) quando la concentrazione di O2 nel sangue è bassa;
  1. ipossiemica e ipercapnica (tipo II o totale) quando abbiamo bassi livelli di O2 e alte concentrazioni di CO2 nel sangue.

L’insufficienza respiratoria acuta può causare dispnea, irrequietezza e ansia. I segni comprendono confusione mentale o alterazione dello stato di coscienza, cianosi, tachipnea, tachicardia e sudorazione.

La prognosi è altamente variabile e dipende dall’ eziologia dell’insufficienza respiratoria, dalla gravità della malattia, l’età e lo stato di salute generale.

I pazienti affetti da questa patologia necessitano di trattamento intensivo, proprio per questo la loro gestione avviene, ove possibile, in UTIR (Unità di Terapia Intensiva Respiratoria), un’area specialistica pneumologica di monitoraggio e di trattamento. A causa dell’alta intensità e complessità assistenziale, l’infermiere si avvale dell’utilizzo di device elettromedicali che permettono il monitoraggio ed il supporto delle funzioni vitali, nonché la gestione in sicurezza della terapia farmacologica.

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore

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Tramite il monitoraggio elettrocardiografico ed emodinamico, l’infermiere riesce ad interpretare le maggiori alterazioni del ritmo cardiaco ed allertare prontamente il personale medico per una congrua risposta diagnostico-terapeutica.

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Con il monitoraggio emogasanalitico il professionista è in grado di eseguire una prima valutazione, prendendo sempre in considerazione il quadro clinico generale del paziente e andando a valutare: la PO2, la PCO2, il PH, gli elettroliti e i metaboliti.

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Per quanto concerne la funzionalità respiratoria è essenziale valutarne l’efficacia. È necessario, attraverso il posizionamento del paziente, favorire la miglior ventilazione possibile e constatare, tramite esame clinico, l’adattamento del paziente a tale terapia, attraverso:

Gestione del Rischio

La maggior parte dei pazienti assistiti in UTIR presenta spesso presidi di carattere invasivo (catetere vescicale, catetere venoso centrale, catetere arterioso, sondino nasogastrico, cannula tracheale, ecc…), dunque è soggetto ad un elevato rischio infettivo se non vi è un’adeguata gestione e manipolazione.

Il personale infermieristico adeguatamente formato con corsi di base e corsi avanzati, aderenti a linee guida riconosciute a livello internazionale, acquisisce le skills indispensabili per l’assistenza avanzata al paziente critico.

La prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza deve essere considerato un obiettivo ed una responsabilità̀ specifica di ciascun operatore della sanità.

Interventi infermieristici nell’insufficienza respiratoria

  • La broncoaspirazione è la procedura atta a rimuovere le secrezioni dall’orofaringe o dalla trachea, fino alla carena bronchiale. Si rende estremamente necessaria in quei pazienti che non presentano lo stimolo della tosse e che dunque non riescono ad eliminare spontaneamente le secrezioni bronchiali. L’obiettivo della manovra è quello di migliorare gli scambi respiratori, migliorare il comfort del paziente e, spesso, ridurre la frequenza respiratoria.
  • La pronazione consiste nel posizionamento del paziente in decubito prono per migliorare l’ossigenazione e favorire il drenaggio delle secrezioni. Le evidenze scientifiche dimostrano come nei pazienti con grave insufficienza respiratoria, si assista ad evidenti miglioramenti dei parametri emogasanalitici.
  • L’ossigenoterapia ad alti flussi con cannule nasali, HFNC hight flow nasal cannula, è un sistema che consiste nell’erogazione di ossigeno tramite un circuito aperto, con possibilità di regolare la FiO2 costante e un flusso superiore a quello inspiratorio.
  • La ventilazione meccanica ha il compito di assicurare un adeguato apporto di O2 e CO2, somministrando un’adeguata e controllata quantità di O2 al paziente ed eliminando la CO2 prodotta. Può essere di tipo non invasivo se viene effettuata tramite maschera facciale, boccaglio o casco e invasivo quando necessita del posizionamento di un tubo oro tracheale, naso tracheale o di una cannula tracheostomica.
  • La Ventilazione Meccanica Non Invasiva(NIMV), altrimenti indicata come NIV (Non Invasive Ventilation) garantisce un supporto ventilatorio meccanico a pressione positiva che si avvale di diverse strategie ventilatorie.

Richiede un’interfaccia ventilatore-paziente costituita da diversi tipi di device, che comprendono:

  • maschera nasale;
  • maschera facciale;
  • maschera total-face;
  • casco o scafandro.

L’efficacia della NIV dipende in gran parte dalle competenze del personale infermieristico ben addestrato all’impiego di queste tecniche ventilatorie.

  • Il casco per l’erogazione della CPAP (Continuos Positive Airway Pressure) è un dispositivo utile ad aumentare la superficie di scambio respiratorio. Questo trattamento è in grado di aumentare la capacità funzionale residuae la compliance polmonare, aumentando di conseguenza la ventilazione, l’ossigenazione e riducendo al tempo stesso il lavoro respiratorio.

Autrice: Giulia Vizza (Facebook)

Fonti e Bibliografia:

  • American Heart Association Guidelines Update for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care, Circulation; 2015
  • Corrado A. et al: Respiratory Intensive Care Unit: an update
  • Savoia G, Bosco G, Cerchiaru E. et al: SIAARTI – IRC Recommendations for organizing responses to in-Hospital emergencies, Minerva Anestesiol; 2015

Giulia Vizza

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