È successo ieri, alle 5 di mattina, al Policlinico di Tor Vergata: mentre si accingeva a concludere il proprio turno di lavoro presso il Triage del pronto soccorso, il dott. Emiliano Fanicchia è stato aggredito da un paziente in stato di agitazione che, dopo avergli strappato via e rotto gli occhiali da vista, lo ha colpito in pieno viso con un pugno così forte da provocargli un trauma cranico-facciale. Noi di Dimensione Infermiere lo abbiamo intervistato.
Intervista all’infermiere di triage malmenato ieri al Policlinico di Tor Vergata
Emiliano, lei è un infermiere di triage. Poche sere fa, una come tante, era in servizio presso il dea del Policlinico di Tor Vergata (Roma) quando, ad un certo punto… È scattata la violenza. Può spiegarci bene cosa le è successo?
Arriva in PS un ragazzo per stato di agitazione psicomotoria dopo abuso di alcool. Effettuo il triage, ci parlo, cerco di calmarlo per evitare che possa creare problemi in pronto soccorso, visto che ci sono circa 80 persone in attesa e sono le 5 di mattina. In un primo momento riesco a calmarlo e lo metto in barella all’interno del PS.
Dopo circa 30 minuti si strappa ago, terapia infusionale e scappa dentro l’ospedale. Lo rincorro e riesco a calmarlo ancora una volta. Arriva il padre, che mi chiede di aiutarlo perché non sa più come fare con il figlio. Io gli prometto che lo aiuteremo e lo faccio entrare, perché il figlio chiede insistentemente di vederlo.
All’interno discutono ed il ragazzo, ancora una volta, si allontana per poi rientrare col padre dopo che ha dato in escandescenza fuori dal PS. Essendo riuscito a calmarlo più volte, nel momento in cui rientra mi avvicino a lui per cercare di farlo calmare ancora, ma lui vuole sapere i nomi dei colleghi del 118 che lo hanno portato in ospedale in quanto asserisce di volerli denunciare non si capisce per quale motivo.
Al mio rifiuto (non li conosco e comunque per la privacy non posso) il paziente inizia a inveirmi contro urlando, intanto che il padre cerca di calmarlo insieme e me. Lui non ne vuole sapere, vuole a tutti i costi quei nomi e al mio nuovo diniego mi strappa gli occhiali (rompendomeli) e mi colpisce con un pugno in pieno viso.
Ciò che le è accaduto è praticamente una prassi in molti ospedali italiani. Anche dove lavora lei è così oppure si è semplicemente trattato di un episodio imprevedibile? Ci sono stati altri episodi recenti? Può raccontarceli in breve?
Purtroppo tra gli utenti che affluiscono al Dea dell’ospedale ci sono molto spesso alcuni elementi che causano problemi. Siamo all’interno di un quartiere che è secondo in Italia per criminalità, purtroppo. Le aggressioni verbali sono giornaliere, quelle fisiche un po’ meno, ma… Ad esempio circa 20 giorni fa una collega ha ricevuto uno schiaffo in faccia e questo solo per essersi azzardata ad assegnare un codice bianco!
Possibile che nel 2019 un infermiere di triage debba subire aggressioni di questo tipo, pressoché indisturbate? Secondo lei è accettabile? Nel “suo” pronto soccorso come viene prevenuto e affrontato il problema?
Nel mio ospedale è stato posizionato un vetro al bancone del triage ed è stato limitato l’accesso per ridurre questi episodi. C’è una vigilanza armata che ci aiuta moltissimo, ma a volte la scheggia impazzita può sempre capitare. Basta solo un istante in cui si abbassa leggermente l’attenzione… Ed ecco che l’infermiere di turno si becca un cazzotto in faccia.
Secondo lei cosa sarebbe necessario fare, subito, per evitare le continue aggressioni a professionisti e operatori che si verificano nei dea e di cui anche lei, purtroppo, è stato protagonista? E a lungo termine?
Servirebbe un presidio di polizia h 24, ma conosciamo bene le carenze che hanno le forze dell’ordine sul territorio. Più che a lungo termine, mi auguro che a brevissimo venga approvata la legge sulle aggressioni al personale sanitario, perché a quanto pare cambierà molto!
A livello fisico e psicologico… Quali ferite le ha lasciato questa aggressione? Come si sente oggi, a distanza di diverse ore dall’accaduto? Teme che ciò possa influire, in qualche modo, sul suo essere un infermiere di pronto soccorso?
Le ferite “fisiche” passano in pochi giorni. Quelle dell’animo ci metteranno qualche giorno in più, ma anche quelle passeranno e non credo che influiranno; perché il pronto soccorso è il posto che amo e dove ho scelto di stare da ormai 14 anni. Continuerò a lavorare con la medesima abnegazione e la stessa passione, quella che ho messo fin dal primo giorno. Non mollerò!
C’è chi asserisce che gli infermieri, in quanto “non medici”, non dovrebbero trovarsi al triage. Al di là della legge piuttosto chiara sulla questione… Lei cosa ne pensa?
È assurdo che nel 2019 non si riesca a riconoscere l’importanza della figura dell’infermiere di triage (ma anche di tutta la categoria) e del suo percorso formativo. L’infermiere ha le competenze per poter selezionare bene le urgenze e c’è poco da aggiungere. In pronto soccorso non siamo alla posta dove si entra per numero e non è accettabile subire aggressioni da persone che spesso ignorano le nostre competenze specialistiche!
Concludo questa intervista con una domanda sulla nostra categoria, quella degli infermieri. Secondo lei qual è (se c’è) la strada che bisogna intraprendere per crescere davvero e per ottenere un accettabile riconoscimento economico e sociale?
Ci vuole visibilità a livello mediatico e a livello istituzionale. Bisogna fare richieste serie in sede sindacale, senza scendere a compromessi! Dovremmo essere tutti uniti verso questa strada, magari anche insieme al cittadino, messo veramente in condizioni di riconoscere il nostro fondamentale operato!
Autore: Alessio Biondino – Facebook
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