Intervista ad Alberto Apostoli, infermiere esperto in wound care
I suoi testi sono citati in numerosi articoli clinico-scientifici e divulgativi, guadagnandosi la reputazione di punto di riferimento nel settore. Il suo approccio assistenziale va al di là della semplice medicazione avanzata e raggiunge il paziente nella sua interezza, fornendoci il perché del “guardare oltre il buco nella pelle“.
Sostituisce, così come dall’intervista traspare, il concetto stesso di essere “esperti” in wound care, con un nuovo paradigma infermieristico che cambierà il nostro modo di concepire le lesioni da decubito.
Parlami di te: chi sei, di cosa ti occupi e come sei arrivato fin qui?
Sono arrivato fin qui perché ho iniziato a dedicarmi alle lesioni da pressione sin da quando andavo a scuola ( ex-scuola per infermieri, ndr), nei tirocini vedevo una serie di trattamenti infiniti ed ognuno ti diceva la sua e quindi la domanda mi venne spontanea…
Poi perché l’ambito delle lesioni è stato il primo in cui gli infermieri sono cresciuti e lo hanno fatto abbondantemente. Ambito tra i primi anche ad essere stato contaminato dalle EBN e in cui c’è tanto da fare (dove si è anche pasticciato molto) e c’è molto ancora da costruire.
Nel mio quotidiano fino a qualche mese fa lavoravo in un reparto di Chirurgia Plastica, quindi a contatto diretto con la materia, idem all’inizio della professione in Geriatria. Adesso lavoro in Degenze Protette, un altro ambito, ma chiarisco che è stata una mia scelta dovuta al fatto che questo mio interesse mi consuma molto tempo e in questo contesto ho maggiori occasioni per potermi aggiornare, leggere l’articoli, partecipare a indagini o a gruppi di lavoro aziendali sulle lesioni.
Ad esempio abbiamo concluso da poco un’indagine sulla associazione tra medicazioni e penso che a breve ne trarremo una pubblicazione. Magari mi interesso meno dal punto di vista clinico ma maggiormente da quello della ricerca teorica e scientifica.
In quanto infermiere esperto in wound care, quali pensi sia la formazione ideale che un infermiere debba esplorare per poter a sua volta diventare un esperto in wound care?
In realtà il termine “esperto” mi fa sempre un po’ paura, ho visto fin troppi danni fatti da “esperti”, preferisco definirmi un appassionato.
Questo perché il wound care ti deve interessare, ti deve piacere. Per diventare “esperti” (anche se secondo me non lo si diventa mai), bisogna fare un lavoro costante, quotidiano, metterci curiosità, fare fatica mentale… Non puoi permetterti di distrarti un momento senza rischiare di non essere più al passo con le nuove conoscenze, di analizzare, leggere, confrontarti. Il mio consiglio è quello di non limitarsi al mondo delle medicazioni come purtroppo si fa.
Ci siamo resi conto che la specificità del wound care viene spesso interpretata come la capacità nella scelta delle medicazioni e questo secondo noi è una prospettiva sbagliata.
Ti faccio un esempio preso dalla letteratura: il 60-80% delle ulcere curate non sono diagnosticate o sono sotto-diagnosticate. Quindi in quel caso stiamo curando delle lesioni di cui non conosciamo ne nome ne cognome, e per noi ciò è estremamente grave perché porta inevitabilmente a spreco di risorse.
La valutazione del paziente con ulcere croniche
Quando, nelle corsie dei reparti, o dai lettini degli ambulatori, oppure durante gli eventi formativi o in occasione degli stage/ tirocini dei corsi di laurea e master universitari, si pone la fatidica domanda: “Cosa serve per ottenere la guarigione di un’ulcera cronica?”, comunemente la risposta è un lungo elenco di medicazioni, dispositivi e tecnologie tra i più disparati. Oggi più che mai è invece necessario (ri)orientare l’assistenza limitata e limitante generata da questa prospettiva che non riesce ad andare oltre al “buco che c’è nella pelle”, restituendo centralità alla persona con lesioni cutanee; occorre riaffermare che il processo di cura deve essere basato su conoscenze approfondite, svincolate da interessi commerciali, fondate su principi di appropriatezza, equità, sostenibilità e in linea con il rigore metodologico dell’Evidence Based Nursing/Medicine che fatica ad affermarsi. Questo testo, pensato e scritto da infermieri con pluriennale esperienza e una formazione specifica nel settore del wound management, propone nozioni teoriche e strumenti pratici per capire quale ulcera e in quale paziente abbiamo di fronte, e de- finire quali obiettivi e quali esiti dobbiamo valutare e devono guidare i nostri interventi. Nello specifico, la prima sezione del volume affronta alcune tematiche propedeutiche alla valutazione delle ulcere croniche, offrendo al lettore una discussione approfondita sui meccanismi della riparazione tessutale normale e quelli attraverso cui un’ulcera diventa cronica; segue una panoramica di questa tipologia di lesioni cutanee. La seconda sezione entra nel dettaglio delle varie fasi in cui si articola il percorso strutturato della valutazione con cui realizzare la raccolta di informazioni e dati sulla base dei quali formulare un giudizio clinico e guidare, in maniera consapevo- le e finalizzata, gli interventi di trattamento delle ulcere croni- che, come è richiesto ai professionisti della salute di oggi.Claudia Caula, infermiera esperta in wound care. Direzione delle Professioni Sanitarie. AUSL Modena.Alberto Apostoli, podologo; infermiere esperto in wound care; specialista in assistenza in area geriatrica; specialista in ricerca clinica in ambito sanitario. Azienda ASST Spedali Civili di Brescia.Angela Libardi, infermiera specializzata in wound care. ASST Sette Laghi – Varese.Emilia Lo Palo, infermiera specializzata in wound care. Ambulatorio Infermieristico Prevenzione e Trattamento Lesioni Cutanee; Direzione delle Professioni Sanitarie. Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Claudia Caula – Alberto Apostoli – Angela Libardi | 2018 Maggioli Editore
32.00 € 30.40 €
La valutazione non è solo il momento iniziale, con anamnesi, storia personale, caregivers, ecc… ma è la raccolta di tutta una serie di elementi che non sono solo nella fase zero, ma in tutti i restanti momenti e per cui devi definire l’attitudine alla guarigione, gli obiettivi, i costi da sostenere, le risorse a disposizione, gli esiti che vai a misurare, gli strumenti per il monitoraggio, il gruppo di lavoro che coinvolgi. Per questo il titolo del libro è “La valutazione del paziente con ulcere croniche”.
In che maniera il vostro testo è diverso da tutti gli altri presenti nel mercato?
Mentre la manualistica si concentra sui prodotti topici, offrendoci le schede tecniche di molti prodotti, “La valutazione del paziente con ulcere croniche” parte dai meccanismi di guarigione alterati che rendono cronica una lesione e fornisce conoscenze cliniche teoriche approfondite che non trovi negli altri libri in italiano.
Temi particolari molto approfonditi che rendono il testo “per tanti ma non per tutti”! E infatti richiede una certa base di conoscenze e di competenze per comprendere l’argomento. Credo che chi lo acquisterà in quest’ottica non rimarrà deluso.
Perché se uno si aspetta il manualetto “su cosa ci metto sopra?” come se fosse un libro di cucina qui non lo trova di sicuro…questo è un testo per chi si vuole impegnare nel wound care! È un libro che ti impone un determinato percorso…
Un cambio di paradigma!
Sicuramente. La medicazione è solo uno degli elementi del wound care e nemmeno tra i fondamentali, cioè è sbagliato presupporlo come tale. Ricordo nella fase dei boom dei master in wound care, nei primi anni 2000, era addirittura uscito un master in “esperto in medicazioni avanzate”. Non condivido una simile cosa! La lesione la guarisci se conosci e curi il paziente!
Spesso in corsia “si litiga” con i colleghi su che tipo di medicazione utilizzare ma poi quando si chiede “che tipo di lesione è questa?” ti rispondono: “una lesione cronica” “sì, ma quale tra le 200 diverse tipologie di lesioni!?”
La scelta della medicazione deve essere l’ultimo atto di una serie di ragionamenti che spesso mancano: è proprio questo il cambio di paradigma che ci siamo proposti.
Visto la presenza notevole di esperti in wound care e la relativa carenza di medici specialistici, in un contesto in cui all’estero l’infermiere è valorizzato, come portare avanti la causa infermieristica e superare l’idea che solo il medico debba occuparsi di clinica?
L’ambito del wound care è uno di quelli ad alta interazione e con i medici puoi trovarti in condizioni diverse sia per le conoscenze che per i percorsi formativi fatti. Come comportarsi? La ci vuole pazienza, tempo e la capacità di acquistare la fiducia, riuscire a dimostrare di saper ottenere risultati ed essere più tenaci e approfonditi senza mai risultare superbi; in maniera diversa si entra in competizione con i medici.
Non ci sono vincitori in una guerra fratricida tra infermieri e medici. Ci perde solo il paziente.
Il mio suggerimento è quello di avvicinarsi al medico attraverso piccoli passi, come disporre sempre di conoscenze aggiornate e credibili e fornire sempre un suggerimento pratico al paziente; mentre le scelte diverse vanno discusse di fronte a un caffè, mai in ambulatorio o in corsia. Un lento approccio di conquista.
Com’è la situazione all’estero?
Generalmente la specialità in wound care viene riconosciuta e gli infermieri dispongono di un’autonomia che noi non abbiamo. Ad esempio l’infermiere specialista in wound care in Inghilterra (Tissue Viability Nurse, ndr) e nei paesi anglossassoni in generale ha la prescrizione su medicazioni, presidi e ausili, esegue in autonomia bendaggi, utilizza strumenti diagnostici, ecc. Credo che anche in Spagna l’infermiere disponga della possibilità di prescrivere…
In Italia, noi paghiamo il risultato di una situazione di vecchia data. La professione medica, storicamente, è stata la professione di riferimento in Italia, socialmente ma sopratutto politicamente. Precedenti legislazioni avevano in parlamento una cosa come 60 medici.
60 medici e 0 infermieri! È chiaro che dal punto di vista decisionale la norma non sarà a favore degli infermieri!
Anche perché sempre storicamente, il medico è inteso come l’ultimo gestore responsabile della clinica.
Cosa viene, ad oggi, ancora tralasciato nel settore del wound-care?
Tantissime cose. Di sicuro l’idea che la formazione non andrebbe ritenuta completata a termine del corso di specializzazione ma proseguita e continuata, costantemente.
E la formazione dovrebbe essere indipendente: attualmente è quasi unicamente sponsorizzata e finanziata dalle aziende di presidi e medicazioni, ma è un tabù parlare di conflitto d’interessi!. Quando vi è un bisogno di formazione e un interesse commerciale di un’azienda si crea uno squilibrio: una formazione orientata dagli interessi delle aziende è un aspetto negativo.
Non pensi però che le aziende che si rivolgono agli infermieri, anche se solo per interessi commerciali, in qualche modo ne riconoscano la professionalità?
Le aziende sono aziende e quindi si rivolgono a chi gli porta soldi! Si è vero, ti riconoscono professionalmente e ti accarezzano pure, però…
Qual’è il consiglio da infermiere esperto in wound care da dare al paziente con una lesione cronica?
Primo: essere molto fortunato! (ridiamo). No, scherzo!
Dovrebbe fidarsi e cercare sopratutto dei veri professionisti, visto che nel settore si stanno buttando anche gli OSS. Con la possibilità riconosciuta di eseguire medicazioni semplici spesso scalzano il lavoro che dovrebbe fare l’infermiere ma senza aver la stessa formazione!
Secondo: imparare a fare richieste, domande “posso fare il bagno?”, “come comportarmi con questa ulcera”, “posso medicarla io?”, “quanto tempo ci vorrà e quanto costerà guarire?” “cosa devo fare perché non mi si formi nuovamente?”tutte domande che il paziente ha il diritto di fare e a cui l’infermiere dovrebbe rispondere…deve essere un paziente esigente.
Risposte che fornirete in un prossimo libro, vero?
Nonostante ci siano voluti 5 anni per fare questo libro stiamo pensando ad un terzo testo ( il primo è “Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche” vedi: FNOPI).
Vorremmo affrontare tutte le domande particolari legate alla quotidianità sia del paziente sia dell’infermiere, ad esempio: “il paziente con ulcere può farsi il bagno o la doccia?” o “cosa devo fare in caso di epibole?” o “ quali sono le associazioni tra medicazioni corrette?”.
Domande chiare con risposte immediate, un titolo potrebbe essere: i perché nel wound care o una roba del genere!
Mi sembra un’ottima idea.
Beh noi ci stiamo lavorando!
Un ringraziamento speciale ad Alberto Apostoli per averci dedicato parte del suo prezioso tempo (anche in una piacevole chiacchierata). Il volume si chiama “La valutazione del paziente con ulcere croniche di Alberto Apostoli, Claudia Caula, Angela Libardi” ed. Maggioli, 2018.
La valutazione del paziente con ulcere croniche
Quando, nelle corsie dei reparti, o dai lettini degli ambulatori, oppure durante gli eventi formativi o in occasione degli stage/ tirocini dei corsi di laurea e master universitari, si pone la fatidica domanda: “Cosa serve per ottenere la guarigione di un’ulcera cronica?”, comunemente la risposta è un lungo elenco di medicazioni, dispositivi e tecnologie tra i più disparati. Oggi più che mai è invece necessario (ri)orientare l’assistenza limitata e limitante generata da questa prospettiva che non riesce ad andare oltre al “buco che c’è nella pelle”, restituendo centralità alla persona con lesioni cutanee; occorre riaffermare che il processo di cura deve essere basato su conoscenze approfondite, svincolate da interessi commerciali, fondate su principi di appropriatezza, equità, sostenibilità e in linea con il rigore metodologico dell’Evidence Based Nursing/Medicine che fatica ad affermarsi. Questo testo, pensato e scritto da infermieri con pluriennale esperienza e una formazione specifica nel settore del wound management, propone nozioni teoriche e strumenti pratici per capire quale ulcera e in quale paziente abbiamo di fronte, e de- finire quali obiettivi e quali esiti dobbiamo valutare e devono guidare i nostri interventi. Nello specifico, la prima sezione del volume affronta alcune tematiche propedeutiche alla valutazione delle ulcere croniche, offrendo al lettore una discussione approfondita sui meccanismi della riparazione tessutale normale e quelli attraverso cui un’ulcera diventa cronica; segue una panoramica di questa tipologia di lesioni cutanee. La seconda sezione entra nel dettaglio delle varie fasi in cui si articola il percorso strutturato della valutazione con cui realizzare la raccolta di informazioni e dati sulla base dei quali formulare un giudizio clinico e guidare, in maniera consapevo- le e finalizzata, gli interventi di trattamento delle ulcere croni- che, come è richiesto ai professionisti della salute di oggi.Claudia Caula, infermiera esperta in wound care. Direzione delle Professioni Sanitarie. AUSL Modena.Alberto Apostoli, podologo; infermiere esperto in wound care; specialista in assistenza in area geriatrica; specialista in ricerca clinica in ambito sanitario. Azienda ASST Spedali Civili di Brescia.Angela Libardi, infermiera specializzata in wound care. ASST Sette Laghi – Varese.Emilia Lo Palo, infermiera specializzata in wound care. Ambulatorio Infermieristico Prevenzione e Trattamento Lesioni Cutanee; Direzione delle Professioni Sanitarie. Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Claudia Caula – Alberto Apostoli – Angela Libardi | 2018 Maggioli Editore
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