“La dirigenza infermieristica ignora le richieste degli infermieri”


In una lunga e articolata lettera inviata a Varese News (VEDI) e firmata da «un infermiera/infermiere qualsiasi» dipendente dell’Asst Sette Laghi, un professionista dell’assistenza fa delle interessanti «considerazioni sulla continua fuga di infermieri dalla ASST», che spiegano i motivi per cui l’attrattività della professione infermieristica sia oramai in caduta libera.


Nella missiva, al grido di «non ci sono le condizioni per potermi esprimere come il/la professionista della salute che vorrei essere», l’infermiere sottolinea come la sua dissertazione sia «una personale considerazione che non è assolutamente espressione ufficiale degli enti istituzionali che rappresentano la categoria». Divideremo il suo sfogo in diversi articoli, a seconda dell’argomento trattato, sperando che tutto ciò possa generare riflessioni e prese di coscienza in chi di dovere.


Le orecchie da mercante della dirigenza infermieristica.

«…Un altro problema è che la stessa dirigenza infermieristica ignora le richieste degli infermieri che vorrebbero cambiare reparto, spesso ci troviamo infermieri con master (che ricordo essere autofinanziati) in area critica che lavorano in una psichiatria, geriatria o oncologia…


Infermieri ormai senza stimoli. Un professionista o si adegua, appiattendo la propria professionalità e umanità, o va alla ricerca di chi sa adeguatamente ricompensare e riconoscere le competenze personali. Le attitudini del singolo professionista vengono ignorate, perché l’azienda di questo ha bisogno. “Non ti va bene? Quella è la porta”.


La mia amara conclusione a riguardo è che, sia i giovani italiani, sia quelli sudamericani, una volta viste le condizioni in cui versiamo oggigiorno, scapperanno se non saremo in grado di rendere attrattiva una professione che di per sé è magnifica, gratificante, dall’enorme potenziale. Ma queste sono le ennesime parole che rimarranno inascoltate, tanto il destino della nostra sanità, una volta si parlava di eccellenza lombarda, è già segnato.


Forse, dopotutto, è vero: ci vuole motivazione per fare questo lavoro, in queste ingrate condizioni. Motivazione e un pizzico di masochismo. Io continuerò fino all’ultimo giorno, con lo stesso entusiasmo del primo coi miei pazienti, ma, nel profondo, deluso e amareggiato. Ringrazio la redazione e il lettore che è arrivato fin qui per l’attenzione dedicatami, sperando di suscitare un sano e costruttivo dibattito tra cittadini e istituzioni».


CONTINUA:

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Alessio Biondino

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