Ad oggi, l’infermieristica italiana è attrattiva come un lavoro in miniera o quasi. E nonostante tra le aziende sanitarie ci sia chi parla di ‘forzature’ lontane dalla realtà (VEDI), i fatti ci dicono che le iscrizioni al corsi di laurea sono in calo e le dimissioni dei professionisti sono aumentate drasticamente.
Le gravi problematiche
I gravi problemi che attanagliano la categoria sono noti da tempo. In primis troviamo lo stipendio indegno, da ‘diplomato’, a fronte di responsabilità che invece sono decisamente da laureato.
C’è poi lo stress lavorativo, dovuto in parte alla perpetua carenza di personale che costringe un mare di professionisti a turni da incubo, al totale svilimento professionale dovuto al demansionamento, a sacrificare/stravolgere la propria vita familiare e a dirigersi a grandi falcate verso a grandi falcate verso la sindrome di burnout.
Abbiamo quindi le pressoché assenti possibilità di crescita professionale e di carriera (che invece abbondano nei paesi normali) e infine c’è la piaga delle aggressioni, che sono all’ordine del giorno e che oramai sembrano far parte di un nuovo, avvincente e impunito sport nazionale.
Rassegnati, stanchi e delusi
E se nemmeno la pandemia, quella con gli “eroi” italiani in prima linea sulle pagine dei quotidiani di tutto il mondo è riuscita a cambiare qualcosa in termini di riconoscimento sociale ed economico…
Gli infermieri adesso non ci credono proprio più. E scappano verso l’estero, verso il privato (quando paga bene), verso la libera professione o addirittura lontano anni luce dalla categoria stessa, in favore di ‘lavori’ diversi e magari un po’ meno ingrati. Ma soprattutto sono rassegnati, delusi, stanchi di essere presi per i fondelli e di battersi da soli e a mani nude “per il bene del paziente”.
Meglio disoccupati che infermieri…?
Altresì, i giovani non scelgono più il corso di laurea in Infermieristica e ciò è gravissimo se pensiamo anche solo al fatto che comunque, iscrivendosi, avrebbero praticamente la certezza di trovare lavoro al termine del percorso universitario; cosa che non dovrebbe essere affatto trascurabile, in un periodo come questo. Siamo arrivati addirittura al punto che è meglio rischiare la disoccupazione che diventare infermieri?
Bisogna agire in fretta
Ed ecco qui che i conti tornano: l’attrattività professionale è in basso, sotto alle scarpe o ancora più giù. In miniera, per l’appunto. E bisogna fare qualcosa. In fretta. Perché la nostra giovane ‘professione’, mai stata veramente tale a causa di problemi culturali, degli ignobili tagli alla sanità perpetrati negli ultimi decenni, dell’ignoranza di media e politica che la pensano e descrivono spesso come un’accozzaglia di teneri manovali pronti a tenerti la manina quando stai male o poco più, rischia di morire.
Se veramente si vuole risollevare la categoria degli infermieri, sempre che non si voglia sostituirli in toto con altre figure (Super OSS, Mini Infermieri o altre follie studiate ad arte col solo fine di risparmiare), è necessario:
- intervenire al più presto e in modo risolutivo sugli stipendi (ridicoli e ingiustificabili, basta dare un’occhiata al resto dell’Europa per appurarlo);
- abbattere la piaga del demansonamento infermieristico, cosa che ancora oggi ci fa apparire agli occhi di media, cittadini, dirigenti, politici e altri professionisti sanitari (quelli veri e riconosciuti) come degli sfruttabilissimi e caritatevoli factotum a basso prezzo;
- creare percorsi di crescita professionale che prevedano possibilità di carriera reali ed appetibili per gli infermieri;
- eradicare il vergognoso fenomeno delle aggressioni ai danni del personale sanitario, di cui (troppo) spesso sono vittime gli infermieri.
Chiediamo troppo, cara Politica? E allora… Buon Super OSS a tutti!
“Lo stipendio di 1500 euro degli infermieri non è dignitoso”
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