Continuano senza sosta gli episodi di violenza ai danni degli infermieri, nonostante la meravigliosa e utilissima giornata nazionale contro le aggressioni al personale sanitario ‘festeggiata’ una settimana fa.
Furia al De Lellis di Rieti
Stavolta, a farne le spese, è stata una collega dell’ospedale San Camillo De Lellis (Rieti), che ha rimediato una testata in pieno volto e se l’è cavata con 7 giorni di prognosi.
I fatti, riportati da Rieti Life, sono stati raccontati da Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (il primo e più rappresentativo della Categoria): “Tutto è nato dalla protesta sconsiderata e incomprensibile di un detenuto di nazionalità egiziana ricoverato presso il reparto di diagnosi e cura, Spdc, dell’ospedale San Camillo De Lellis di Rieti perché sottoposto a Tso.
All’atto della somministrazione dei farmaci ad opera del personale sanitario del reparto, per futili motivi l’uomo ha aggredito prima l’infermiera sferrandole una testata al volto (trasportata al pronto soccorso e refertata con 7 giorni di prognosi) e successivamente il personale di Polizia Penitenziaria addetta al piantonamento dello stesso, che prontamente è intervenuto per cercare di placare la furia incontrollata del detenuto.
Informata la sorveglianza generale del carcere reatino, è stata inviato altro personale di Polizia in supporto ai colleghi. Solo grazie al tempestivo intervento di quest’ultimi, il detenuto è stato contenuto e riportato alla calma anche con l’ausilio del personale medico. Anche le due unità di Polizia Penitenziaria addette al piantonamento hanno dovuto far ricorso al Pronto Soccorso”.
Telecamere nascoste negli spogliatoi a Foligno
Un altro episodio ai danni delle infermiere (e non solo), decisamente inquietante, è stato invece raccontato dal Corriere dell’Umbria e ha avuto luogo in quel di Foligno: in un cestino dell’immondizia all’interno dello spogliatoio numero 64 dell’ospedale San Giovanni Battista riservato al personale femminile, è stata trovata una telecamera nascosta.
Secondo la denuncia di Paride Santi, segretario regionale Fsi-Usae, il dispositivo (scoperto per caso da una infermiera che si stava cambiando) era posizionato ad arte per scrutare professioniste e operatrici mentre si spogliavano e rivestivano.
“Va fatta un’ispezione immediata, chiediamo l’apertura delle indagini per capire chi ha fatto una cosa del genere. Da tempo, e numerose volte, abbiamo chiesto che venisse messo un posto fisso di polizia e di sorveglianza, perché l’ospedale è diventato terra di nessuno. Ma non c’è stato alcun riscontro” ha spiegato il sindacalista.
La maggior parte non denuncia
E questi sono solo due tra gli ultimi episodi “denunciati”, fatti anche di calci in testa, dita mozzate, sequestri di persona, tendini recisi, pronto soccorso devastati, malori in seguito alle continue aggressioni e continue minacce.
In quanti non segnalano le violenze subite? Beh, in troppi. Come ricordato non molto tempo fa da Carmelo Gagliano (consigliere del Comitato Centrale della FNOPI), infatti: “Un recente studio fatto con l’Università di Tor Vergata a Roma, insieme a sette atenei pubblici su tutto il territorio italiano ha rilevato che, in realtà, sono 120-130 mila ogni anno gli infermieri oggetto di aggressioni da parte di pazienti all’interno di presidi ospedalieri, il 75% di loro sono donne.
La maggior parte non denuncia la violenza subita, perché pensa che faccia parte del lavoro. Molti di loro riportano traumi psico-fisici permanenti come la sindrome di burnout o la depressione e finiscono per abbandonare la professione.”
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