Nel campo della medicina e dell’assistenza infermieristica, la terminologia riveste un ruolo cruciale, specialmente quando si affrontano problematiche come la definizione di lesioni da pressione.
Sfogliando gli articoli diffusi su internet e persino alcuni protocolli clinici presenti nei reparti, ci si imbatte spesso in termini come ulcere da pressione, piaghe da decubito o, più genericamente, ferite. Tuttavia, l’uso intercambiabile di questi vocaboli può generare confusione e compromettere la precisione comunicativa tra i professionisti sanitari.
Quando si parla di lesioni cutanee, è fondamentale adottare una terminologia precisa, sia per favorire una comunicazione efficace tra gli operatori sanitari, sia per garantire un trattamento mirato e coordinato.
La confusione terminologica può infatti compromettere l’accuratezza diagnostica e la pianificazione degli interventi assistenziali. Analizziamo nel dettaglio le principali definizioni di lesioni da pressione.
Lesioni da pressione: definizioni corrette dei termini “ulcere”, “piaghe” e “ferite”
Quando si parla di lesioni cutanee, è fondamentale adottare una terminologia precisa, sia per favorire una comunicazione efficace tra gli operatori sanitari, sia per garantire un trattamento mirato e coordinato.
La confusione terminologica può infatti compromettere l’accuratezza diagnostica e la pianificazione degli interventi assistenziali:
Ferita
Una ferita è una soluzione di continuo dei tessuti corporei, causata da un trauma acuto (tagli, lacerazioni, abrasioni o interventi chirurgici). Le ferite possono essere classificate in base alla profondità:
- Superficiali: coinvolgono solo la cute o il tessuto sottocutaneo.
- Profonde: interessano i piani anatomici sottostanti.
- Penetranti in cavità: raggiungono una cavità corporea, potenzialmente danneggiando organi interni.
Ulcera
L’ulcera rappresenta una lesione cronica del rivestimento cutaneo o mucoso, spesso caratterizzata da margini netti e forma regolare. È associata a una difficile guarigione e necessita di intervento medico per risolversi. Se non trattata, tende a progredire in profondità, compromettendo i tessuti fino a perforare la parete coinvolta.
Piaga
Il termine “piaga” è comunemente associato alle ulcere da pressione, che si formano tra una prominenza ossea e una superficie di appoggio. Queste lesioni derivano dall’ischemia tissutale causata da una pressione prolungata, spesso aggravata da attrito o stiramento. Anch’esse rientrano nella categoria delle lesioni croniche per la loro tendenza a guarire lentamente.
Lesione
“Lesione” è il termine più generico, indicante qualsiasi danno o alterazione di tessuti o organi, che comporta modifiche nella forma, funzione o morfologia. Può essere il risultato di un insulto fisico, chimico o biologico. In questa cornice semantica, tutte le altre definizioni – ferita, ulcera, piaga – possono essere considerate sottoinsiemi del termine “lesione”.
Come definire le lesioni da pressione secondo la NPIAP
Nell’approccio alle lesioni da pressione, il termine raccomandato è proprio “lesione da pressione”, conforme agli standard internazionali e descrittivo del fenomeno specifico.
La questione terminologica può sembrare marginale, ma la stessa National Pressure Ulcer Advisory Panel (NPUAP) – una delle più autorevoli associazioni scientifiche internazionali nel campo delle lesioni da pressione – ha sottolineato quanto sia cruciale l’uso corretto dei termini.
Nel 2016, il Panel ha dichiarato: “Il termine lesione da pressione è una definizione più accurata rispetto a ulcera da pressione, poiché alcune manifestazioni del fenomeno non si presentano come ulcere, ma tutte possono essere legittimamente classificate come lesioni tessutali.”
Questo chiarimento ha segnato un importante passo avanti nella comprensione del fenomeno, poiché ha ampliato la prospettiva clinica oltre il concetto ristretto di “ulcera”.
Le lesioni da pressione, infatti, possono manifestarsi in forme che non implicano una perdita della soluzione di continuità (ad esempio: le lesioni da pressione di 1° stadio, visibili come arrossamenti responsivi alla digitopressione), e dunque il termine “ulcera” risulta inadeguato a definire ogni singolo fenomeno patologico possibile.
Questa evoluzione ha spinto l’associazione, nel 2019, a cambiare il proprio nome da National Pressure Ulcer Advisory Panel a National Pressure Injury Advisory Panel (NPIAP), abbandonando definitivamente il termine “ulcer” (ulcera) in favore di “injury” (lesione).
Il nuovo nome riflette un approccio più inclusivo e clinicamente accurato, che considera tutte le manifestazioni delle lesioni da pressione, sia quelle con soluzioni di continuo (ulcere) sia quelle che interessano i tessuti sottostanti senza alcuna rottura della cute.
Adottare il termine corretto per descrivere le lesioni cutanee non è solo una questione di precisione lessicale, ma una necessità clinica. La scelta della parola giusta consente di:
- Descrivere in modo accurato il tipo di danno e il contesto clinico.
- Facilitare la comunicazione tra i professionisti sanitari.
- Migliorare la pianificazione e l’efficacia degli interventi terapeutici.
Questo cambiamento linguistico non è una semplice formalità, ma una trasformazione concettuale che migliora la comprensione del fenomeno e la comunicazione tra operatori sanitari.
In parole povere, la scelta del termine “lesione da pressione” rispetto a “ulcera da pressione” rappresenta non solo una maggiore precisione descrittiva, ma anche un passo avanti verso un linguaggio universale e basato sull’evidenza scientifica.
Procedere ad una corretta valutazione delle lesioni da pressione
Dopo aver compreso l’importanza di una terminologia precisa, il passo successivo fondamentale è la valutazione corretta delle lesioni da pressione.
Una valutazione dettagliata non solo consente di classificare la lesione in base alla sua gravità, ma anche di pianificare interventi terapeutici mirati e monitorarne l’evoluzione.
Per approfondire come eseguire una valutazione efficace e utilizzare scale di classificazione validate (come la scala di Braden o la suddivisione in stadi NPIAP), consigliamo di continuare la lettura con l’articolo che trovate nel box qui sotto:
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Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram)
La valutazione del paziente con ulcere croniche
La valutazione del paziente con ulcere croniche
Quando, nelle corsie dei reparti, o dai lettini degli ambulatori, oppure durante gli eventi formativi o in occasione degli stage/ tirocini dei corsi di laurea e master universitari, si pone la fatidica domanda: “Cosa serve per ottenere la guarigione di un’ulcera cronica?”, comunemente la risposta è un lungo elenco di medicazioni, dispositivi e tecnologie tra i più disparati. Oggi più che mai è invece necessario (ri)orientare l’assistenza limitata e limitante generata da questa prospettiva che non riesce ad andare oltre al “buco che c’è nella pelle”, restituendo centralità alla persona con lesioni cutanee; occorre riaffermare che il processo di cura deve essere basato su conoscenze approfondite, svincolate da interessi commerciali, fondate su principi di appropriatezza, equità, sostenibilità e in linea con il rigore metodologico dell’Evidence Based Nursing/Medicine che fatica ad affermarsi. Questo testo, pensato e scritto da infermieri con pluriennale esperienza e una formazione specifica nel settore del wound management, propone nozioni teoriche e strumenti pratici per capire quale ulcera e in quale paziente abbiamo di fronte, e de- finire quali obiettivi e quali esiti dobbiamo valutare e devono guidare i nostri interventi. Nello specifico, la prima sezione del volume affronta alcune tematiche propedeutiche alla valutazione delle ulcere croniche, offrendo al lettore una discussione approfondita sui meccanismi della riparazione tessutale normale e quelli attraverso cui un’ulcera diventa cronica; segue una panoramica di questa tipologia di lesioni cutanee. La seconda sezione entra nel dettaglio delle varie fasi in cui si articola il percorso strutturato della valutazione con cui realizzare la raccolta di informazioni e dati sulla base dei quali formulare un giudizio clinico e guidare, in maniera consapevo- le e finalizzata, gli interventi di trattamento delle ulcere croni- che, come è richiesto ai professionisti della salute di oggi.Claudia Caula, infermiera esperta in wound care. Direzione delle Professioni Sanitarie. AUSL Modena.Alberto Apostoli, podologo; infermiere esperto in wound care; specialista in assistenza in area geriatrica; specialista in ricerca clinica in ambito sanitario. Azienda ASST Spedali Civili di Brescia.Angela Libardi, infermiera specializzata in wound care. ASST Sette Laghi – Varese.Emilia Lo Palo, infermiera specializzata in wound care. Ambulatorio Infermieristico Prevenzione e Trattamento Lesioni Cutanee; Direzione delle Professioni Sanitarie. Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
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