A tale proposito, per fare un po’ di chiarezza sulla somministrazione dei vaccini e sulle competenze imprescindibili che i sanitari devono avere per poterla effettuare, il sindacato di categoria Nursing Up ha realizzato una interessante indagine.
‘Non è una semplice iniezione intramuscolare’
Come spiegato da Antonio De Palma, presidente nazionale, il tutto è stato realizzato per evitare una pericolosa “caccia alle streghe nei confronti degli operatori sanitari, che comunque, in caso di accertamento di errori umani, si assumeranno le loro responsabilità come è giusto che avvenga”.
Continua De Palma: “Ricordiamo che il vaccino anti-Covid rappresenta una operazione complessa, per la quale non solo è richiesta quella indispensabile esperienza che solo gli infermieri e i medici hanno, ma soprattutto nell’insieme ci sono una serie di operazioni coordinate ed integrate che portano alla somministrazione finale, fasi tutt’altro che banali. Il vaccino non è una semplice iniezione intramuscolare, come qualche persona poco competente asserisce”.
‘Numeri elevatissimi’
“Ad ogni buon fine, abbiamo voluto svolgere anche una indagine accurata con i nostri referenti, e abbiamo preso come base due regioni del centro Italia, la Toscana, dove è avvenuto il fatto, e il Lazio. Abbiamo verificato nelle ultime ore, con cognizione di causa, che visto l’elevato numero di somministrazioni a cui le Regioni stanno sottoponendo i centri vaccinali, molti hub si sono organizzati in modo per così dire ‘singolare’, ma che potrebbe tuttavia essere funzionale alle esigenze del momento e all’emergenza che stiamo vivendo. Si stigmatizza, soprattutto, il super impegno a cui sono sottoposti gli infermieri a cui viene chiesto in questo momento di raggiungere numeri di vaccinazioni elevatissimi: si parla addirittura di arrivare, da qui a pochi giorni, a 600 somministrazioni/die, per portare a termine l’immunizzazione di massa entro luglio”.
‘C’è chi prepara il vaccino e chi lo somministra’…
“C’è chi prepara il vaccino e lo diluisce, e c’è chi lo somministra, cosa questa ‘singolare’, se si volesse tener conto di una delle regole fondamentali vigenti nella pratica clinica infermieristica, ma anche in ambito della responsabilità professionale specifica: di norma non cambia il soggetto che si occupa della preparazione e somministrazione della medesima dose di prodotto, essendo tali azioni considerate interdipendenti ed in continuità tra di loro. Pare tuttavia, che con gli altri protocolli in uso, sarebbe possibile, ed usiamo sempre il condizionale, ridurre maggiormente il rischio di eventuali errori”.
‘Ansia, stress e… Disorganizzazione’
“Ciò premesso, noi non vorremmo mai che accadesse, ed è per questo che abbiamo aperto una indagine, che alla fine il cerino più corto rimanesse proprio nelle mani degli infermieri. Ansia, stress, numeri elevatissimo di somministrazioni e complessità dell’operazione in se stessa, potrebbero indurre in errore qualsiasi professionista, con esiti fatali sia per le persone sottoposte alla vaccinazione che ai fini della responsabilità degli interessati”.
“Fatte queste necessarie premesse, noi ora ci chiediamo: potrebbero essere stati proprio lo stress e la disorganizzazione (ovviamente usiamo il condizionale), le cause dei due errori commessi in Toscana, a distanza di pochi giorni uno dall’altro?”.
“Per fare chiarezza sui fatti, i nostri esperti sono a disposizione delle autorità competenti, alle quali chiediamo di far luce sulla vicenda tempestivamente, prima che si verifichino altri casi analoghi, le cui eventuali conseguenze sarebbero nefaste, sia per i cittadini che per i professionisti interessati”.
Autore: Alessio Biondino
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