Nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) e nelle case di riposo trentine, sta per cambiare il rapporto tra infermieri e pazienti: da 1 a 10, si passerà a 1 a 15. Il motivo? L’insostenibile carenza di personale che attanaglia la nostra sanità.
Ulteriori carichi di lavoro
E a farne le spese, tanto per cambiare, proprio ora che il Covid sta nuovamente alzando la testa, saranno gli infermieri che si vedranno aumentare ulteriormente il carico di lavoro.
Come denunciato Roberto Moser, vice segretario generale della Fenalt, (sindacato maggioritario nelle case di riposo): “Sembra una burla, ma purtroppo è la realtà.
La Giunta provinciale per affrontare la carenza di infermieri nelle APSP del Trentino, riduce il numero di infermieri per utenti. Ma non si limita a questo: addirittura nelle APSP con meno di 70 posti letto l’infermiere che dovrebbe coprire il turno notturno non serve più. Incredibile, ma vero”.
Niente infermiere di notte
Eh già: da quanto si apprende (tutto è riportato nella nota di inizio settimana emanata dalla Provincia), saranno introdotti i turni di notte in pronta disponibilità (non più in presenza attiva, quindi) per gli infermieri, che riguarderanno più sedi e solo per strutture con meno di 70 degenti.
Gli infermieri rimasti fuggiranno
In cosa si tradurrà tutto questo? Il segretario Fenalt non ha dubbi: “Se si aumenta ancora il carico di lavoro, che in certi casi finirà per raddoppiare, se ne andranno anche gli infermieri che restano, svuotando del tutto le RSA, ma anche gli OSS in assistenza che si vedranno cadere addosso la responsabilità del turno di notte e l’aumento di mansioni.
Cercheranno un’alternativa professionale più qualificante e dignitosa. Gli unici che dovranno solo subire senza poter reagire a queste insensate prese di posizione, saranno gli anziani e le loro famiglie!”
Il documento congiunto
Sulla questione si sono espressi, in un documento congiunto, anche la Consulta Provinciale per la Salute, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche della Provincia di Trento e l’Ordine dei Medici: “Pur nella consapevolezza della carenza di infermieri, ma anche di medici specialisti in altri servizi del nostro Sistema sanitario provinciale, le decisioni per il suo ‘governo’ non possono perdere di vista il criterio guida fondamentale: garantire un’assistenza sicura e di qualità alle persone fragili che risiedono nelle Rsa, portatrici di bisogni assistenziali e sanitari sempre più complessi”.
Una “pericolosa revisione al ribasso”
“Sorprende che la decisione della Provincia per far fronte ad un problema così complesso si limiti alla mera e pericolosa revisione al ‘ribasso’ dello standard infermieristico nelle Rsa. Una decisione che si basa su una logica burocratica di far ‘tornare i conti’, ponendo a forte rischio la sicurezza e la qualità delle cure”, si legge nella nota.
Altro che ‘attrattività’…
“Sorprende inoltre che, nonostante sia stato portato, in più occasioni, all’attenzione dell’Assessorato alla Salute, il grave sottodimensionamento delle dotazioni infermieristiche in Rsa, congiuntamente a proposte e strategie a breve e medio-lungo termine, ad oggi inascoltate, la decisione di ridurre il parametro infermieristico sia stata presa senza il coinvolgimento delle rappresentanza dei cittadini e delle professioni sanitarie e altre parti interessate coinvolte.
Anziché un approccio ‘burocratico’ al problema, considerato che si tratta di garantire un diritto fondamentale, sancito dalla Costituzione Italiana, quello della salute dei cittadini fragili, è necessario e urgente adottare un approccio politico orientato ad agire sulle cause del problema e con una visione sistemica e lungimirante mettendo a terra interventi condivisi, coordinati, incisivi, innovativi, coraggiosi che consentano, innanzitutto, di rivedere complessivamente i modelli organizzativi e professionali in Rsa alla luce dei bisogni dei residenti a prevalenza sanitaria e prevedendo, tra le altre cose, migliori condizioni di lavoro e valorizzazione delle professionalità con percorsi di carriera: deve aumentare l’attrattività delle Rsa nei confronti delle professioni sanitarie” conclude il documento.
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