Il sindacato Nursind Piemonte si è rivolto alla Procura della Corte dei Conti per avere delucidazioni circa l’utilizzo dei 50 milioni dell’anno 2020 e i 60 milioni per il 2021 che erano destinati al potenziamento dell’assistenza domiciliare e all’assunzione di infermieri di famiglia e comunità.
Dove sono andati a finire i soldi?
Il sindacato, già lo scorso 26 giugno, aveva richiesto chiarimenti in merito ai direttori generali delle asl piemontesi. Che però, secondo quanto dichiarato dai rappresentanti dei lavoratori, non hanno fatto altro che orecchie da mercante.
Eh sì, perché dopo tre mesi, come spiega Francesco Coppolella (segretario regionale), “la stragrande maggioranza delle aziende, inspiegabilmente non ha ancora risposto.
Solo alcune di loro, dopo l’ennesimo sollecito, si è limitata a fornire una risposta insoddisfacente, affermando che tali fondi sono stati ricevuti e spesi secondo le indicazioni contenute in alcune note regionali, prescindendo dalla linea di finanziamento nazionale e per tutte le attività assistenziali legate all’emergenza covid, senza indicarci quali”.
Niente assunzioni
E tutte le altre risorse in ballo? Sono state utilizzate? E se sì come? Chi avrebbe dovuto vigilare e chiedere delucidazioni sulle presunte spese (l’assessore Luigi Icardi, insieme alla direzione regionale della Sanità) ai vari direttori generalizzo ha fatto? Dove sono i dati?
Come sottolineato da Coppolella, “Non ci risulta siano state fatte assunzioni per potenziare l’assistenza domiciliare né tantomeno l’assunzione dei 750 infermieri di comunità.
Con quei fondi si sarebbero potuti assumere almeno 1.500 infermieri a tempo pieno. E poi come si concilia il fatto, a dir poco strano, che le indicazioni regionali per rendere disponibili quei soldi arrivino soltanto nel 2022, mentre alcune Asl spiegano di averli già spesi?”.
In Lombardia, invece…
Confrontando questa situazione con quella di altre regioni, il sindacalista evidenzia: “La Lombardia ad esempio ha investito sugli infermieri di famiglia autorizzando le 1.600 assunzioni previste extra tetti di spesa, assegnando le necessarie risorse e autorizzando alle assunzioni.
E in quella regione risultano già in servizio ben 1.039 infermieri di famiglia. Da noi, invece, che fine hanno fatto queste risorse assegnate ma non utilizzate? La storiella che qualcuno vuol farci credere che non vi fossero graduatorie e professionisti disponibili non era credibile prima e non lo è adesso”.
Vedremo ora cosa succederà, sempre che la Procura decida di dare seguito all’esposto e di vederci chiaro.
L’allarme: “Gli infermieri rischiano di diventare i nuovi poveri”
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