Mazzoleni (FNOPI): “Si fa infermieristica perché non si è riusciti a fare medicina? Non è vero”


In una lunga e interessante intervista rilasciata a Eurispes (VEDI), Beatrice MazzoleniSegretaria nazionale di FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche), ha parlato di diversi temi riguardanti l’evoluzione e il cambiamento della professione infermieristica. Essendo l’intervista molto lunga e gli argomenti molto variegati, abbiamo deciso di pubblicare diversi articoli per riportarne le parti essenziali.


Tra le “minacce” (se così si possono chiamare) alla professione descritte da Mazzoleni, ci ha fatto riflettere quella riguardante la potenziale abolizione del numero chiuso per entrare a Medicina. A domanda diretta (“Se il numero chiuso in medicina venisse rivisto, vi sarebbero effetti sulla vostra categoria professionale?”), la segretaria nazionale FNOPI ha infatti risposto: «L’apertura dei posti di medicina potrebbe sottrarre risorse sul versante infermieristico. Potremmo essere favorevoli all’abolizione dei numeri chiusi, ma cercando di trovare dei meccanismi di riqualificazione. C’è da fare un lavoro di consapevolezza sui giovani, perché a volte non si sa neanche, a quell’età, che professione si sta cercando».


E ancora: «Si fa infermieristica perché non si è riusciti a fare medicina? Non è vero, sono due cose completamente diverse.Ci sono, potenzialmente, degli studenti che provano sia da una parte che dall’altra, ma è una percentuale minima. Sono due lavori completamente diversi, e forse una delle necessità dal punto di vista di comunicazione è proprio quella di far conoscere nel miglior modo possibile gli infermieri e le professioni sanitarie.


Noi abbiamo organizzato un evento, il 4 luglio, con la Conferenza dei Rettori a Roma e abbiamo diffuso un video per presentare il potenziale infermieristico, perché nell’idea giovanile il ruolo degli infermieri è: si lavora in ospedale, sei l’eroe del Covid. È una rappresentazione molto riduttiva. Quindi sul numero chiuso siamo davanti a due strade. O lo si mantiene concentrando l’attenzione sulle risorse formative delle professioni sanitarie in modo strutturato, oppure si apre a tutti e tra dieci/quindici anni ci troveremo dei disoccupati il che, a cascata, ridurrà l’attrattività delle professioni sanitarie».


Qualcosa, però, in questo ragionamento, inevitabilmente ci sfugge: se «non è vero che si fa infermieristica perché non si è riusciti a fare medicina», se la percentuale di chi prova «sia da una parte che dall’altra» è «minima» e se «sono due cose completamente diverse», come può l’abolizione del numero chiuso a medicina rappresentare in qualche modo una rilevante minaccia per la professione infermieristica?


Sarà mica che, in realtà, anche alla FNOPI sanno che molti degli aspiranti infermieri diventano tali in quanto non riescono a superare il test di medicina o non si sentono abbastanza preparati per passarlo? Siamo sicuri che oggi, quello di diventare infermieri, nelle condizioni imbarazzanti in cui versa la categoria (tra stipendi da fame, riconoscimento sociale a dir poco scarso, demansionamento sistematico, possibilità di carriera ridicole, ecc.) per molti giovani non sia solo un “piano B” assai più accessibile e che garantisce di trovare lavoro nella sanità? 

AddText 05 13 10.50.09

Alessio Biondino

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento