Torniamo, ancora una volta, a parlare della RSA Santa Chiara di Volterra. Lo avevamo fatto già in un paio di occasioni: la prima volta perché la direzione aziendale della struttura aveva rivolto alla cittadinanza un accorato appello col fine di reperire al più presto personale infermieristico (VEDI); la seconda perché, nonostante la Residenza non riuscisse a schierare infermieri in turno di notte, per la Usl non vi era “nessun rischio di mancata assistenza o sicurezza” (VEDI).
Una ‘promozione’ contra legem
Ebbene, la carenza di personale infermieristico oramai insostenibile avrebbe portato la suddetta RSA a tirare fuori dal cilindro un’altra pittoresca idea per far fronte all’emergenza: ‘promuovere’ un dirigente medico nel ruolo di coordinatore infermieristico.
Secondo la direzione aziendale, “Pur trovandosi ad operare in un contesto di oggettiva difficoltà, Santa Chiara sta lavorando con il massimo impegno per una crescita continua della qualità dei servizi erogati”.
Qualcuno, però, dovrebbe spiegare ai dirigenti della Residenza che, per sperare di crescere, bisognerebbe distribuire le diverse responsabilità ai professionisti in base al loro percorso di studi e alla formazione specifica di ognuno. Ma soprattutto, qualcuno dovrebbe aggiornarli circa il fatto che un medico proprio non può coordinare gli infermieri: è contro la legge.
Nursing Up: ‘La legge parla chiaro’
Il sindacato Nursing Up, nella persona di Antonio De Palma (il presidente nazionale), ha annunciato che indagherà a fondo sulla questione. Riportiamo qui il comunicato
“Apprendiamo con molta preoccupazione, attraverso i nostri referenti della Toscana, la notizia che all’interno di un RSA, per sopperire alla cronica carenza infermieristica, sarebbe stato nominato negli ultimi giorni un dirigente medico a svolgere l’importante funzione di coordinare il personale sanitario, ovvero infermieri (i pochi rimasti si legge in una nota), ma anche OSS.
Vorremmo innanzitutto ricordare ai protagonisti di questa vicenda che qualcosa di certo non quadra: non ci piace affatto assurgere al ruolo di guastafeste di turno, ma in questo caso c’è davvero poco da sprecarsi in elogi, poichè la legge parla chiaro, e prevede i requisiti che devono possedere coloro che ambiscono alla funzione di coordinatore, requisiti specifici ai quali non si può derogare.
Un percorso di studi specifico
I coordinatori dell’area infermieristica vengono specificatamente formati secondo le previsioni della legge numero 43 del 2006. Tale funzione deve essere esercitata da un professionista sanitario, nel nostro caso un infermiere, in possesso di un Master di 1 livello, al cui percorso di studi si viene ammessi dopo aver conseguito la laurea di medesimo livello.
Si parla di un percorso di studi specifico e differente, che altre qualifiche, anche mediche, non hanno. Si tratta di una attività che esprime responsabilità e funzioni che non possono afferire in alcun modo a persone che non vengono formate per assumere tali specifiche competenze, tanto meno i medici, ‘figli’ di un percorso diametralmente opposto.
L’Atto Sanitario infermieristico
Non si dimentichi, per quanto attiene specificatamente alla professione infermieristica, l’importanza e le previsioni della Legge 251/2000, che fissa i tasselli fondamentali del percorso di riordino della categoria.
Dopo l’emanazione del Profilo Professionale e l’abolizione del mansionario con la Legge 42/99, con tale norma viene finalmente abbattuto un muro che aveva tenuto prigionieri per oltre 20 anni la crescita e lo sviluppo della professione infermieristica.
L’Atto Sanitario infermieristico non coincide con l’Atto Medico, ma rappresenta un complesso di prestazioni e competenze risultanti dall’agire di una professionalità autonoma per competenze e funzioni”.
Autore: Alessio Biondino
‘La carenza di infermieri nel privato? Una voragine quasi insanabile’
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