Tra assistenti infermieri che guadagneranno quasi quanto gli infermieri veri, livellamento del mercato sempre più in basso (VEDI l’arrivo degli indiani), sfruttamento sistematico e fuori controllo della categoria e ritmi di lavoro insostenibili, nessuno si iscrive più al CdL in Infermieristica.
E in questo desolante panorama, fa riflettere l’appello di una aspirante professionista dell’aiuto che si domanda quanto il test d’ammissione sia utile (VEDI Il Tirreno): «Fin da quando ero bambina – racconta Angela (nome di fantasia) – ho sempre saputo che il mio destino era diventare infermiera. Nonostante la mia sordità bilaterale, non ho mai permesso che questa condizione definisse chi sono o quali sogni potessi realizzare. Al contrario, ha rafforzato la mia determinazione a dimostrare che la vera essenza di un’infermiera non risiede nelle capacità uditive, ma nel cuore, nell’umanità e nella dedizione verso chi ha bisogno di aiuto».
«In molti mi hanno detto che non potevo fare l’infermiera perché sono sorda – spiega la ragazza –, tante volte mi sono sentita dire che “non è possibile”. Parole che ho scelto di ignorare perché la mia passione ha sempre prevalso su tutto alimentata dal profondo desiderio di poter fare la differenza nella vita delle persone, di esserci nei momenti più critici, quando la cura e la compassione possono cambiare il corso di una giornata, o addirittura di una vita».
Eppure, nonostante la sua caparbietà, il sogno di Angela è momentaneamente rimasto nel cassetto. È entrata comunque nella sanità come impiegata, ma al pensiero che oggi molti posti messi a bando rimangano vuoti le fa davvero male: «Ho affrontato il test d’ingresso all’università più volte, ogni volta con rinnovata speranza e determinazione.
Eppure, quest’anno in particolare, il test è stato incredibilmente difficile, formulato in modo tale da sembrare rivolto a candidati già laureati in scienze come biologia, chimica o fisica. Come molti altri aspiranti infermieri – aggiunge –mi sono preparata con dedizione, studiando le conoscenze di base. Ma purtroppo, il risultato è stato che molti di noi hanno ottenuto punteggi bassi; io stessa sono stata giudicata “non idonea” per pochi punti, un’etichetta che non rispecchia né le mie capacità, né la mia profonda vocazione».
E i posti rimangono vacanti: «Fa male saperlo, soprattutto quando ci sono aspiranti infermieri come me, pronti a colmare quelle lacune, desiderosi di mettersi al servizio del prossimo. Questi posti lasciati vuoti non sono solo un’opportunità persa per noi candidati, ma rappresentano anche una mancanza per un sistema sanitario che ha un bisogno disperato di nuove forze».
In conclusione, Angela si domanda: «Qual è lo scopo di questo test? Stiamo cercando candidati perfetti su carta o stiamo cercando persone che con dedizione, impegno e umanità possono fare la differenza nella vita dei pazienti? Cosa si ottiene nel lasciare vuoti quei posti, sapendo che c’è un disperato bisogno di infermieri?».
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