L’obesità e il ruolo dell’infermiera in “The Whale” di Aronofsky

“The Whale”, uscito nelle sale cinematografiche italiane il 23 Febbraio, è l’ultima fatica di Darren Aronofsky, uno dei migliori registi di drammi psicologici: infatti, lui pone sempre molta attenzione ai disturbi o ai disagi psicologici che affliggono i suoi personaggi.

In questo film, ispirato all’omonima pièce teatrale di Samuel D. Hunter e vincitore di 2 Premi Oscar, Aronofsky affronta il tema dell’obesità grave.

Consiglio ai lettori che non hanno ancora visto film, di fermarsi qui con l’articolo per evitare spoiler. Se invece siete temerari, allora aspetto le vostre considerazioni alla fine.

Tutto il film ruota attorno alla figura di Charlie (interpretato magistralmente da Brendan Fraser), professore universitario di letteratura che, dopo aver perso il suo fidanzato Alan, morto suicida, si sfogherà con il cibo arrivando a pesare quasi 300 kili. Rifiuterà sempre di farsi ricoverare in un ospedale, in quanto privo di un’assicurazione sanitaria (parliamo ovviamente del sistema sanitario statunitense).

Quando la sua infermiera e amica, nonché sorella del defunto fidanzato, Liz (interpretata da Hong Chau), gli diagnosticherà l’insufficienza cardiaca congestizia quindi l’imminente morte, Charlie proverà a ricongiungere i rapporti con la sua figlia adolescente, Ellie (interpretata dalla star di Stranger Things Sadie Sink), avuta nel suo precedente matrimonio e che ha abbandonato all’età di 8 anni.

L’obesità, soprattutto quella grave, compromette quasi totalmente i bisogni primari di una persona. La deambulazione e la movimentazione sono compromesse, così come le condizioni igieniche, c’è difficoltà nel raccogliere un oggetto caduto sul pavimento, nell’allacciarsi le scarpe, nel vestirsi, nel cucinare e tanto altro.

Inoltre, la persona obesa si isola dalla società, per paura del giudizio degli altri: loro sanno di apparire “disgustosi” (per utilizzare un termine ripetuto spesso nel film), perché loro stessi si sentono “disgustosi”.

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Tutti problemi che Aronofsky ci mostra in modo chiaro. La persona affetta da obesità inoltre è soggetta a respiro affannoso, sudorazione eccessiva, dolore osteoarticolare cronico e disturbi del sonno.

Quando la persona obesa avvertirà la percezione di sconfitta, avrà una perdita di controllo e inizierà ad abbuffarsi di cibo; questo alimenterà il suo senso di colpa e più il senso di colpa aumenta e più lei mangia. Se non trattata, come nel caso del protagonista, questa patologia può portare alla morte.

Questo film mostra anche come una famiglia affronta il fine vita, concentrandosi maggiormente sul protagonista che vive rassegnato, anzi cerca proprio la morte.

Charlie vive questo contrasto tra scienza e fede: la scienza rappresentata da Liz, quindi la nostra parte razionale, e la fede rappresentata dal giovane missionario Thomas (interpretato da Ty Simpkins) che rappresenta la parte spirituale.

Da una parte il sistema sanitario che lo ha abbandonato, dall’altra la religione che gli ha portato via l’uomo amato. Charlie vuole raggiungere Alan, ma allo stesso tempo si vergogna di come apparirebbe ai suoi occhi se ci fosse un aldilà.

Charlie vorrebbe anche farsi curare, ma vuole lasciare i soldi alla figlia per assicurargli una vita serena. Charlie è una persona allegra, ottimista, ma abbandonata e affranta.

Questo film riesce a farci entrare nella mente di una persona gravemente obesa, ci aiuta ad empatizzare con lei. Ciò è fondamentale, in quanto – purtroppo – l’obesità è sempre in aumento come problema. Oggi ci sono molti rimedi, è possibile trattarla in modo efficace sia a livello medico e psicologico, sia a livello chirurgico.

Voglio concludere l’articolo, considerando anche la rivista per cui sto scrivendo, mostrando – in modo laconico – il mio compiacimento verso la bellissima immagine del ruolo dell’infermiere in questo film, rappresentato realmente come un professionista sanitario e non solo a parole, come spesso avviene in Italia e nei prodotti audiovisivi nazionali.

Giuseppe Gervasio