Lo ha spiegato Maria Gaetana Droghi, vice presidente Opi Piacenza: “È un momento di grande difficoltà per tutte le professioni sanitarie, sia dal punto di vista numerico che dal punto di vista attrattivo di queste professioni in particolar modo per quella infermieristica. Cosa ci portiamo a casa, a cinque anni di distanza dal covid? La multiprofessionalità, il fatto di lavorare tutti insieme, significa dare delle risposte vincenti ai nostri cittadini. È quello che è accaduto durante il covid, quando mettendo insieme tutte le forze, gli infermieri hanno potuto esprimere il loro valore.
Venivamo chiamati gli eroi, però come abbiamo sottolineato anche oggi, spesso gli eroi fanno una brutta fine. È proprio quello che non vorremmo che accadesse: vogliamo avere la possibilità di esprimere appieno la nostra competenza, la nostra professionalità che ha fatto passi da gigante e che è in grado di rispondere ai bisogni della cittadinanza, e non solo sul fronte delle acuzie, ma anche sul fronte della cronicità e della sanità territoriale. Questa è una sfida che accettiamo, per dare le risposte adeguate ai cittadini”.
La professione, però, ancora oggi, naviga a vista tra scarso riconoscimento, pregiudizi e stereotipi duri a morire: “Tante persone hanno di noi, a livello di immaginario, una visione che non corrisponde a quello che è oggi il nostro lavoro. Proprio per questo dobbiamo farlo conoscere di più, farci ascoltare. Perché quello che può valorizzare una professione, oltre all’aspetto economico, che è importante, è anche il farsi conoscere, uscendo dagli ambienti più strettamente legati al lavoro, come il reparto o l’unità operativa”.
Cosa consigliare ai giovani, qualora ce ne fossero ancora intenzionati a diventare infermieri? La vice presidente non ha dubbi: “Il lavoro di cura è un lavoro di grande responsabilità e attenzione, ma è anche di grande soddisfazione. Questo perché il lavoro di cura è un lavoro di reciprocità. Questo significa che noi diamo agli altri e che gli altri, allo stesso tempo, danno a noi e insieme ci cambiamo. È un lavoro di crescita, sia personale che professionale. Ovvio, siamo a contatto con tante fragilità, sia sanitarie che sociali, ma questo arricchisce tantissimo. Spero, in futuro, anche economicamente, ma lo fa prima di tutto dal punto di vista personale e dà tanti spunti di riflessione e di crescita che, chi non appartiene a questo mondo, forse non ha l’opportunità di avere” (VEDI Piacenza Sera).

Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento