Perché 85.000 operatori sanitari non sono ancora stati vaccinati?

Le continue performances di alcuni operatori sanitari in lotta contro i vaccini anti-Covid non stanno aiutando un granché la campagna vaccinale, già di per sé colpevolmente in ritardo e con nuovi preoccupanti segnali di rallentamento ( più si scende con l’età e maggiori sono le resistenze a vaccinarsi). Ma non è solo colpa di esse.

Il 5% di tutto il personale sanitario non è ancora immunizzato

In base all’ultimo report sulle vaccinazioni pubblicato sul sito del Governo, ci sono ancora tanti (troppi) operatori sanitari che non sono ancora stati immunizzati contro il Sars-Cov2.

Si tratta di ben 85.000 lavoratori, corrispondenti al 5% del totale di tutto il personale sanitario italiano. Un numero importante, più ampio del previsto, se pensiamo che è ormai passato più di un mese dall’entrata in vigore del decreto Covid che ha introdotto l’obbligo.

Compongono questo pericoloso esercito: i ‘dubbiosi’ (chiamiamoli così) circa i vaccini anti-Covid, i dichiarati ‘no vax’, i sanitari che hanno avuto l’infezione e stanno ancora aspettando di potersi vaccinare, gli esentati dall’obbligo a causa di un ‘accertato pericolo per la salute’, ma non solo.

Ci sono anche quelli, infatti, che vorrebbero tanto farsi inoculare il preparato immunizzante, ma che… Per un motivo o per l’altro che esula dall’aver avuto l’infezione, sono costretti ad aspettare.

E ci sono poi i tanti ‘furbetti’ che, consapevoli del marasma burocratico generato dal decreto e dalla difficoltà che le aziende stanno avendo nel ‘punire’ i dipendenti inosservanti, prendono tempo.

L’immancabile burocrazia 

Che in questo paese si viva e si muoia di complicazioni burocratiche non è affatto una novità e, anzi, è qualcosa di così scontato da non fare proprio più notizia. Poteva, quindi, la campagna vaccinale, salvarsi da questo contorto meccanismo? Ovviamente no.

Ed ecco che i cittadini si ritrovano (di nuovo) a sguazzare tra le difficoltà più astruse, perché  il decreto che ha sancito l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari prevede un mare di complicazioni e di scappatoie.

Altresì, questo non è proprio chiarissimo sulle possibilità di esclusione dall’obbligo, così come sugli operatori che devono essere necessariamente coinvolti nell’immunizzazione (si parla di ‘personale sanitario’ in senso stretto, tra cui non vengono inclusi molti lavoratori che comunque operano nelle strutture socio-sanitarie).

Cosa prevedono le norme

Cercando di fare ordine: entro cinque giorni dall’entrata in vigore della legge, le strutture sanitarie devono inviare alle Regioni gli elenchi dei propri dipendenti.

A loro volta, elenchi alla mano, le Regioni verificano l’assolvimento dell’obbligo da parte dei lavoratori ‘segnalati’ e inviano poi alle Asl entro dieci giorni i nomi degli inadempienti.

Quindi, le Asl invitano questi ultimi a fornire entro cinque giorni i documenti che provino la vaccinazione effettuata, la richiesta per eseguire il vaccino o la documentazione che attesti l’eventuale impossibilità a eseguire la vaccinazione.

Allo scadere dei cinque giorni, senza alcuna comunicazione da parte dei lavoratori, le azienda sanitarie provvedono a invitare formalmente l’interessato a sottoporsi alla vaccinazione, indicando modalità e termini entro i quali adempiere l’obbligo”.

A seguito dell’inoculazione del vaccino, i dipendenti devono poi inviare entro tre giorni i documenti di attestazione necessari. Nel caso in cui rifiutino di essere vaccinati, la Asl trasmetterà la notizia dell’inosservanza all’interessato, al luogo di lavoro e all’Ordine professionale.

Un bel batti e ribatti, non c’è che dire. In cui ritardi, mancate comunicazioni e un mare di errori sono sempre in agguato lì, dietro l’angolo.

Spostamento ad altre mansioni? È difficile per le aziende

Il datore di lavoro, trovandosi di fronte a dipendenti riluttanti nei confronti della vaccinazione, secondo il decreto deve in primis spostarli, cambiargli mansioni, facendo sì che essi non stiano più contatto con i pazienti.

Semplice? Non proprio: negli ospedali e nelle cliniche non vi sono chissà quanti posti di lavoro a disposizione che non comportino un contatto con i pazienti e poi… Vi è il fondato timore di doversi poi ritrovare immersi in contenziosi legali più o meno dispendiosi e snervanti.

In secundis, quando non è possibile realizzare quanto descritto sopra, si può arrivare alla soluzione estrema: sospensione dal lavoro del sanitario che non si è vaccinato e stop allo stipendio, come è recentemente avvenuto in quel di Belluno dove il tribunale ha rigettato il ricorso di alcuni operatori e ha dichiarato “prevalente sulla libertà di chi non vuole vaccinarsi il diritto alla salute dei soggetti fragili che entrano in contatto con gli esercenti le professioni sanitarie” (VEDI).

Autore: Alessio Biondino

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Alessio Biondino

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