Paola Binetti, professore emerito di Storia della medicina, è intervenuta ieri al simposio presso l’Università Campus Bio-Medico (Ucbm) di Roma, in occasione del lancio del nuovo corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche all’ateneo. Lo ha fatto parlando del lavoro dell’infermiere: «Spesso ci si chiede cosa contraddistingue la specificità del lavoro di cura dell’infermiere. La risposta è la profonda asimmetria dell’azione di cura: l’infermiere arriva dove il paziente non può arrivare».
E ancora: «L’infermiere opera in un contesto in cui l’estrema fragilità porta all’incapacità delle funzioni basilari, in una relazione di cura nel senso più profondo del termine. Lo straordinario potere dell’infermiere rispetto alla fragilità del paziente dovrebbe compensare l’ingratitudine del sistema. Il lavoro dell’infermiere non è correttamente considerato. Purtroppo non calcoliamo il costo della qualità».
Però i pazienti vogliono un’assistenza di qualità, sottolinea Binetti, che «passa dalla relazione con l’infermiere. Attraverso questa figura la fragilità, la debolezza personale, si fa forza, con la conoscenza di nuove capacità prima sconosciute. È l’infermiere a fare questo passaggio. La sintesi tra la dimensione classica dell’ospedale e la dimensione innovativa del territorio è rappresentata dall’infermiere domiciliare, che rappresenta una pagina tutta da scrivere. In questo caso – conclude Binetti – il sapere dell’infermiere si traduce in risposta concreta» al bisogno di salute dei cittadini.
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