Il pozzo delle lungimiranti strategie che la politica italiana studia incessantemente per far fronte alla gravissima carenza di infermieri che attanaglia il paese, sembra non avere fondo. Così, dopo la probabile invasione indiana (VEDI) e la produzione di Assistenti alla Salute “con competenze infermieristiche” (VEDI), ecco che si agisce finalmente sul problema “attrattività professionale”: si tagliano pure le pensioni dei professionisti!
O almeno è ciò che si evince dalla manovra 2024 del Governo Meloni, che ha scatenato le proteste dei sindacati e che rischia di essere davvero la goccia che fa traboccare un vaso già da tempo stracolmo.
In sostanza, la manovra prevede il taglio delle pensioni di alcuni dipendenti pubblici degli enti locali e della sanità, degli insegnanti e degli ufficiali giudiziari che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 e che hanno versato contributi nel regime retributivo prima del 1996.
Un’autentica beffa. Anche perché, da quanto si apprende, vi saranno delle “revisioni” solo per quanto riguarda la dirigenza medica. I sindacati degli infermieri, pronti a sit-in e mobilitazioni, non ci stanno.
Così De Palma, presidente nazionale Nursing Up: «Arrivano in queste ore pericolose illazioni sull’articolo 33 della bozza della legge di Bilancio, che parlano di possibili revisioni della norma sulle pensioni solo per la dirigenza medica. Tutto sarebbe partito dalle recenti dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Cosa sta accadendo?
Secondo alcune interpretazioni che circolano nel mondo politico, riguardo al comunicato di Durigon, lo stesso potrebbe svelare la malcelata intendendo di possibili revisioni dei tagli solo a favore della dirigenza medica».
Tutto ciò, non rappresenterebbe altro che «una vera e propria punizione che il personale attualmente in servizio nella sanità pubblica non merita, con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media.
Gli iscritti ci chiedono se davvero saranno ‘toccate’ le loro pensioni. Vogliono lasciare la sanità italiana, vogliono fuggire all’estero, vogliono capire come andare prima in pensione. Ci auguriamo, allora, che di illazioni si tratti, e ci auguriamo di leggere, con urgenza, chiarimenti rassicuranti del governo sulla questione. Siamo stanchi degli illusionismi e delle promesse vane, quando nella realtà dei fatti rischiamo come sempre di incarnare ancora una volta il ruolo della ‘Cenerentola’ della situazione».
Anche il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega, ha proclamato lo stato di agitazione: «Non si cambiano le regole del gioco a partita in corso. Il ricalcolo delle pensioni retributive contenuto in manovra è inaccettabile per una categoria che è già ridotta al lumicino e a cui la nuova norma darà solo il colpo di grazia, incentivando ancora di più la fuga di infermieri o verso nuovi lavori o fuori confine».
E ancora: «Se il governo non tornerà sui suoi passi siamo pronti allo sciopero. Non è accettabile che un infermiere assunto per esempio nel ’92 arrivi a perdere, secondo le nostre stime, circa 6mila euro lordi all’anno di pensione».
Trattasi di «una cifra enorme, considerando lo stipendio medio di un professionista. Senza contare che un cambio di regime previdenziale così improvviso non darebbe neppure il tempo di ragionare su una exit strategy. L’unico effetto che produrrebbe, questo sì, è di accelerare ancora di più gli addii in seno alla categoria. Col rischio per l’Italia di ritrovarsi con circa 13mila infermieri in meno, come sostiene la Fnopi».
Bottega ricorda anche come «le risorse stanziate in legge di Bilancio per i rinnovi contrattuali» siano «del tutto insufficienti a una piena valorizzazione della professione. Siamo di fronte, infatti, a un finanziamento che riesce a mala pena a coprire l’anticipo della vacanza contrattuale che percepiremo a dicembre. In una parola: briciole».
Altro che “attrattività professionale”, quindi: «Non c’è alcuna prospettiva di migliorare le condizioni lavorative ed economiche degli infermieri né di coprire il turnover e potenziare la sanità territoriale» conclude Bottega.
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