La Questione infermieristica: il caso del Prof. Di Fresco e Vespa

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Necessita interrogarsi ancora e ancora sulla figura e sul ruolo infermieristico, la querelle tra il prof. Mauro Di Fresco intervenuto nel corso della trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa sul caso dell’infermiera di Piombino, segnò un nuovo capitolo nella disdicevole, ma non evidentemente superata “questione infermieristica“.

La questione infermieristica

La “questione infermieristica” come mi piace definirla, ha la particolare connotazione di essere legata indissolubilmente al panorama e al contesto sociale italiano, (altre realtà ben più avanzate si sognano un tale spreco di energie, in tali contesti è ovvio che la diversità di ruoli non è utilizzabile come grimaldello per attacchi privati e bieche rivendicazioni di carattere sociale). La “questione infermieristica” trova la propria ragion d’essere in vetuste visioni attinenti al prestigio di alcune professioni sanitarie piuttosto che di altre, parlare di ciò è necessario perché puntuale è l’attacco da parte di alcuni esponenti dell’opinione pubblica e non solo alla figura professionale dell’infermiere.

Il caso a Porta a Porta, un anno fa.

Il caso del prof. Di Fresco, maltrattato a Porta a Porta quasi un anno fa sul semplice presupposto che un infermiere non possa essere anche un avvocato o un professore, è una rappresentazione plastica di ciò che è vivere la professione infermieristica allo stato attuale e della considerazione angusta entro la quale la stessa è vincolata.

Dimensione Infermiere crede che il progresso della professione passi anche da qui, riteniamo che la prassi che vede lo sbilanciamento di valori e opinioni in favore di medici e degli altri lavori sanitari sia un vulnus da dover guarire al più presto, come? Instillando nei più la convinzione del merito degli infermieri. Bisogna far conoscere l’ampio bagaglio di conoscenze e competenze maturate, ed è necessario al contempo la valorizzazione di professionalità e l’aumento delle responsabilità da riservare all’infermiere stesso, il quale, da far suo, deve aggiornarsi ed essere pronto alle sfide comunicative e professionali cui è volente o nolente destinato.

Un libro fondamentale per gli infermieri, dalla penna del Prof. Di Fresco.

La difesa del professore Di Fresco, non è preventivamente concessa sulla base dell’appartenenza dello stesso alla categoria, la difesa del professore è indispensabile affinché i margini sociali di ghettizzazione entro i quali sono relegate varie figure professionali siano smantellate e distrutte. Comprendere ciò consentirà alle future generazioni di potersi affrancare dal servilismo ottuso fideisticamente riservato esclusivamente ai medici o ad altre categorie professionali, sposare la battaglia dell’infermiere Di Fresco, è volere il meglio per tutti i lavoratori italiani.

Di sotto riportiamo l’intervista (per gentile concessione) che lo stesso Di Fresco ha rilasciato all’AADI:


Cosa è successo?
Mi sono presentato e lui già lì ha tagliato corto, con il suo solito fare mi ha detto: “va bene, va bene …” come dire non ce ne frega niente chi sei perché sei un semplice infermiere che non conta niente. E poi ha replicato sul fatto che io fossi iscritto all’ordine degli avvocati del foro di Roma. Dice a chiare parole che è illegale che io infermiere possa essere iscritto all’ordine degli avvocati. Io replico che sono iscritto e posso esibire la tessera. Lui mi risponde che sono un semplice laureato in giurisprudenza e che sbaglia l’ordine degli avvocati a iscrivermi nell’albo dei praticanti. Io replico che da quando un carabiniere ha vinto una causa in cassazione che non è mai stata più oggetto di discussione negli ultimi 10 anni (ed è, quindi, ius receptum) il dipendente può essere iscritto sine die nell’albo dei praticanti dell’ordine. Lui insiste dicendo che non è vero. Io sorvolo per non entrare in polemica ma capisco subito che sto per fare lo zerbino cioè la comparsa come, purtroppo, è successo alla Mangiacavalli, suo malgrado (ora l’ho capito).
Ma ci sono stati altri spunti o situazioni in cui Vespa ha palesato un certo fastidio alla sua presenza?
Certo! Io ho parlato della cartella unica di terapia come un documento sanitario destinato a riportare la prescrizione medica e la somministrazione del farmaco per cui in caso di malpratice la prima cosa da fare è andare a leggere l’esattezza e la congruenza della prescrizione anche in termini di dosaggio. Preciso che, comunque, un infermiere assassino cioè che intende uccidere un paziente, non abbisogna della prescrizione medica; prende l’eparina e la somministra in alte dosi endovena al paziente quando e come vuole. Cosa gliene importa all’assassino sovradosare un farmaco dietro prescrizione. Lo fa magari la notte mentre il paziente dorme. Allora interviene un medico, il rappresentante dei ginecologi, che Vespa ben presenta, scandendo precisamente le parole dei suoi titoli altosonanti e lì mi chiedo perché non ha anche scandito i miei cioè non è da tutti i giorni conoscere un infermiere che è anche iscritto all’ordine degli avvocati. Invece Vespa aveva sorvolato opportunamente sulla mia posizione, perché non mutasse la ghettizzazione popolare che si ha nei confronti degli infermieri. In quel preciso momento mi sono ricordato quanto è avvenuto alla presidente della federazione IPASVI alle trasmissione in cui ha partecipato.
Ma perché avete discusso sulla questione dell’autopsia?
Semplicemente perché Vespa deve dare ragione ai suoi amici medici, e mica può dare ragione all’infermiere che per concezione anche giornalistica-populista è ignorante. La criminologa, quella che Vespa in virtù del pluralismo invita sempre e, successivamente un medico, avevano detto che sull’autopsia decide il magistrato. Io mi sono permesso di correggere l’informazione dicendo che è il medico che decide l’autopsia ponendo un quesito diagnostico a cui il parente del defunto non può opporsi. Non solo. Se il medico decide di non procedere con l’esame autoptico, il parente del de cuius non può obiettare se non attraverso lo strumento della denuncia-querela per omicidio. Subito Vespa ha detto con tono palesemente sardonico e svilente, guardando i medici e non me che mi trovavo seduto di fronte: “… grazie per la lezione di diritto”, sfregandosi le mani come solo lui sa fare.
Secondo lei cosa si aspettava Vespa da un infermiere.
Probabilmente la mea culpa, visto che ha condotto la trasmissione sollevando un allarme sociale: tutti gli infermieri devono essere visti con sospetto, sono pericolosi. Attenti quando vi toccano, potrebbero uccidervi. Forse voleva che parlassi di padelle o di marmellate e biscotti. Se l’è presa quando ha visto che un infermiere poteva tenere testa alla sua equipe di esperti.
Cosa deve fare un infermiere se vuole partecipare alla trasmissione Porta a Porta.
Deve stare zitto ed evitare di intervenire su tutte le questioni anche se attengono la nostra professione. Deve annuire e sorridere ad ogni parola che esce dalla bocca dei graditi ospiti di Vespa. Deve dimostrare di essere succube della scienza medica e di avere un ruolo ausiliario e secondario nella sanità. Deve dimostrare di essere uno sguattero e di non capire quello che si dice.
E’ vero che durante il break ha “sculacciato” Bruno Vespa e le hanno tolto il microfono?
Esagerati. Dopo che ha salutato e accarezzato i suoi ospiti prediletti, mi sono avvicinato e gli ho detto: “E’ un piacere conoscerla, però la sua trasmissione è faziosa, come sempre pone in terzo piano gli infermieri e comunque io, le piaccia o meno, sono iscritto all’albo dei praticanti avvocati di Roma. Mi dispiace solo essere ancora uno dei pochi che paga ancora il canone Rai”. Lui ha urlato davanti il pubblico, ancora seduto per subirsi le frasi fatte del secondo blocco, e mi ha detto che io come infermiere non mi dovevo permettere di criticare quello che dicevano i medici e che mi avrebbe denunciato all’ordine degli avvocati. Io gli ho risposto che mi avrebbe fatto un favore perché così mi avrebbe aiutato a non pagare la tassa annuale e potevo evitare di essere dichiarato moroso dall’Ordine degli Avvocati come già accaduto per una dimenticanza. Poi dandogli le spalle gli ho detto che non conosce affatto la legge e che avrebbe dovuto informarsi meglio. Ora mi hanno proposto di tagliare i due minuti e tredici secondi che riprendono le critiche di Vespa nei miei confronti sulla mia iscrizione all’Ordine degli Avvocati , però devo firmare la liberatoria. Ma mi chiedo: avrà chiesto anche ai suoi medici di esibire i titoli di studio o l’avrà fatto solo con me?
Ha almeno una punta di orgoglio per quanto ha fatto?
Certo, anzi due. La prima certezza che avevo fatto il mio dovere difendendo la verità è venuta da mia moglie che appena ho raggiunto dietro le quinte, mi ha detto: “bravo, bravo, hai fatto bene”. La seconda certezza l’ho avvertita alla fine del litigio perché non mi sono piegato come la Mangiacavalli al sistema baronale televisivo che oramai è totalmente controllato dai medici. Capisco che la Mangiacavalli debba rappresentare l’ala moderata della nostra professione, ma Mauro Di Fresco ha fondato l’A.D.I. per combattere il sistema, non per servirlo e all’ADI la diplomazia è sempre andata stretta. Del resto, in Italia, ci vuole qualcuno che reagisca e rivoluzioni il sistema infermiere sia sul fronte reale che sul fronte della stima collettiva, considerato anche la brutta fine che stiamo facendo. Gli infermieri dell’ADI non sono schiavi di nessuno, tanto meno di Bruno Vespa e non si piegheranno mai ai poteri forti che vogliono sacrificarli e umiliarli. Se ne accorgeranno quando dovranno fare i conti con il fenomeno del demansionamento. Il conto alla rovescia è iniziato. La giustizia ci riscatterà e condannerà gli sfruttatori dando un messaggio chiaro.
Quindi la vedremo in trasmissione.
No. Non ho ancora firmato la liberatoria. Sono stato inseguito dai tre collaboratori di Vespa fin sulla strada e mi hanno tartassato di telefonate. Io firmerò se mi consegneranno la registrazione integrale perché non mi fido dei tagliatori di Porta a Porta. Chissà cosa faranno vedere e sentire. Diversamente possono anche eliminare le riprese, io ho scritto quello che è successo veramente. E non posso descrivere le sensazioni che permeavano lo studio cioè assoluta mancanza di rispetto per le migliaia di infermieri che lavorano sacrificio dopo sacrificio per poco denaro al fine di salvare vite umane, lenire il dolore e curare le malattie. Vespa è abituato a circondarsi di giacche e cravatte, di gente che parla parla ma non è mai stata nella stanza del malato in fin di vita, tutta la notte in piedi a respirare l’aria della morte. Ma che ne può sapere? Dico solo che se fai una trasmissione sugli infermieri, invita gli infermieri, non come contorno, ma come protagonisti. Lascia che i medici giudichino i medici. Ora più che mai ci dobbiamo riprendere il ruolo che ci spetta.
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Secondo lei di chi è la colpa dell’umiliazione sociale che subisce l’intera categoria infermieristica?
Di quelli che fanno le denunce penali se non paghi la quota IPASVI. Di quelli che anche al corso di laurea magistrale, senza contare del corso triennale, insegnano agli infermieri come lavare i capelli dei pazienti, come pettinarli e come tagliare le unghie. Di quelli che dedicano 5 crediti al giro letti e un credito al diritto del lavoro. In poche parole dell’IPASVI, dediti solo a curare le proprie poltrone ed a sporcare le nostre. La vergogna ce l’abbiamo in casa, non dobbiamo cercarla in altri posti! E’ tutto da rifare, è tutto da radere al suolo e l’ADI lo farà, di sentenza in sentenza, anzi lo stiamo già facendo e le nostre vittorie parlano chiaro.
TUTTI I LETTORI SONO PREGATI DI COMMENTARE QUANTO ACCADUTO SCRIVENDO A info@aadi.it. I VOSTRI COMMENTI SARANNO PUBBLICATI NEL SITO www.aadi.it.
Grazie

Link diretto all’intervista sul sito AADI

 

Martino Di Caudo

 

Martino Di Caudo

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