Recuperare la vista: una ricerca per curare la cecità

Dario Tobruk 19/01/21
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Una ricerca dell’Harvard Medical School di Boston è riuscita, con un trattamento epigenetico, a ringiovanire e far riacquistare la visione a vecchi topi non vedenti. Purtroppo per le applicazioni umane la strada è ancora lunga, ma la ricerca in questo campo di studi prosegue al fine di raggiungere questo scopo: guarire da cecità, dai danni del glaucoma e dalle lesioni del nervo ottico. 

Recuperare la vista: una ricerca scopre il modo per ringiovanire i neuroni

Al contrario delle cellule mature, i neuroni della retina giovanili hanno la capacità di ripararsi. Lo scopo della ricerca è quindi trovare un modo per ridare alle cellule neuronali mature la possibilità di recuperare questa capacità. David Sinclair, autore dello studio e docente di genetica spiega: “Nell’occhio si trovano le cellule gangliari della retina, che estendono le proiezioni, chiamate assoni, dall’occhio al cervello. Gli assoni possono sopravvivere e rigenerarsi se sono danneggiati all’inizio dello sviluppo, ma non durante la vita adulta

Per far sì che questo avvenga è necessario trattare le cellule adulte con alcuni fattori di trascrizione, macromolecole proteiche che regolano l’espressione genica e che, in vitro sono in grado di riportare indietro nel tempo le cellule ad uno stadio giovanile. Purtroppo quando somministrato negli animali in vivo, il trattamento ha provocato tumori nei tessuti.

I ricercatori hanno poi scoperto che, selezionando solo tre dei quattro fattori di trascrizione generalmente utilizzati, è possibile avere il risultato sperato: i neuroni si riparano e la visione migliora.

Recuperare la vista anche negli uomini?

Quali sono le speranze che questo trattamento funzioni anche negli uomini e quali patologie potrebbe curare? 

I ricercatori hanno provocato, nelle cavie da laboratorio, danni identici a quelli del glaucoma (ipertensione oculare e danno al nervo ottico), la seconda causa di cecità negli uomini. Ma grazie al trattamento preventivo, i danni cellulari si sono rilevati ridotti, ed è stata ripristinata parte della funzionalità visiva.

Secondo Sinclair, altri mammiferi potrebbero rispondere al trattamento. Le cellule umane in vitro sottoposte all’espressione di questi fattori hanno avuto gli stessi risultati: ricrescita degli assoni e sopravvivenza delle cellule migliorata.

Dai risultati promettenti sui topi all’applicazione clinica sull’uomo, la strada è ancora lunga ma certamente ricca di speranza. “Nonostante l’approccio debba essere ancora testato negli esseri umani, i risultati suggeriscono che potrebbe essere possibile riprogrammare i neuroni cerebrali in varie specie” è il commento di Andrew Huberman, neuroscienziato presso la Stanford University School of Medicine.

Inoltre non è ancora chiaro se questo trattamento possa avere effetti notevoli anche su cellule di altre parti del sistema nervoso, come cervello o midollo spinale. Da molto tempo si spera nel giorno in cui la comprensione dei processi neuronali più profondi dia la possibilità di curare le malattie cerebrali. Forse quel giorno è arrivato. Ed è solo necessario attendere il tempo per godere dei frutti di questa stupenda scoperta.

Ginnastica mentale: Esercizi di ginnastica per la mente per disturbi della memoria e altri deficit cognitivi lievi-moderati

Carta (questo volume), matita, gomma da cancellare, come optional un righello, e… buon divertimento. Questo volume invece ha lo scopo di stimolare le varie funzioni cerebrali (memoria, linguaggio, calcolo, ragionamento/astrazione) attraverso un manuale di esercizi proposti perlopiù in forma di giochi, ed è rivolto a persone anziane con problemi di memoria. Da alcuni decenni è noto che interventi di stimolazione cognitiva nell’anziano normale sono in grado di produrre effetti positivi anche a lungo nel tempo dopo l’intervento specifico. Più recente è invece l’evidenza che anche nelle persone affette da malattia di Alzheimer, per antonomasia il “nemico” delle nostre memorie, interventi di riabilitazione cognitiva hanno un ruolo terapeutico benefico. A chi si rivolge – Direttamente alle persone con disturbi della memoria e altri deficit cognitivi sia iniziali che moderati. Come nasce – Dall’attività professionale dell’autrice ma soprattutto dalla sua esperienza personale. Come è stato costruito – Gli esercizi sono differenziati. Si inizia con esercizi di base adatti a tutti e si prosegue con esercizi più personalizzati che tengono conto della fascia d’età e della scolarità. Come è strutturato – I vari esercizi attivano prevalentemente alcune specifiche zone del cervello. Sono stati appositamente mescolati per stimolare complessivamente tutte le funzioni ed anche per non scoraggiare le persone che hanno difficoltà in alcune aree specifiche. Come usarlo – Il testo può essere utilizzato in autonomia o con l’aiuto di un famigliare o di un caregiver. Si colloca nell’ambito della riabilitazione cognitiva, ma al di fuori dei classici schemi didattici e può essere utilizzato a casa. Il manuale non è stato creato per gli operatori, ma essi ne possono trarre utili spunti di lavoro. Il testo risponde alla frequente domanda posta dai familiari (per lo più i figli) “Cosa posso fare”” e vuole essere uno strumento per facilitare la comunicazione e facilitare il controllo di alcuni disturbi del comportamento quali ad esempio aggressività, depressione, wandering. Vuole inoltre dare al familiare la consapevolezza di come il proprio congiunto affetto da Alzheimer sia ancora in grado di fare qualcosa e di divertirsi: magari ridendo mentre ricorda vecchi proverbi o mettendosi a cantare le canzoni dei suoi tempi riportate negli esercizi. Cristina Gueli, Specialista in Medicina Interna è dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Ha lavorato per molti anni presso l’ex Centro esperto dei disturbi cognitivi e della memoria dell’Ospedale Maggiore di Bologna partecipando anche come docente a corsi per i familiari e per i medici di medicina generale, organizzando attività creative per i pazienti affetti da demenza come la “tombola visuale”. Prima di ciò ha vissuto in prima persona il ruolo di “caregiver” di sua madre affetta da Alzheimer.

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Autore: Dario Tobruk (FacebookTwitter)

Fonti:

  • nature.com
  • Lu, Y., Brommer, B., Tian, X. et al. Reprogramming to recover youthful epigenetic information and restore vision. Nature 588, 124–129 (2020). https://doi.org/10.1038/s41586-020-2975-4

 

Foto di 愚木混株 Cdd20 da Pixabay

Dario Tobruk

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