La responsabilità del medico vaccinatore

alla luce della recente sentenza CGE causa C-586/23P resa il 30 gennaio 2025

Pubblichiamo il commento puntuale del Prof. Mauro Di Fresco sulle responsabilità del medico vaccinatore alla luce della recente sentenza CGE, causa C-586/23 P, resa il 30 gennaio 2025, che chiarisce i profili giuridici e le eventuali implicazioni per la pratica medica.

Autore di diversi testi di natura giurisprudenziale, Di Fresco, ha pubblicato per la Maggioli “Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie“, un testo fondamentale per la tutela dei professionisti nei confronti delle aziende sanitarie e delle loro istituzioni. Consigliato da Dimensione Infermiere, è disponibile su MaggioliEditore.it e su Amazon.it.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

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La sentenza, come spesso accade, è stata oggetto di diffusa pubblicità e commenti positivi da parte del fronte “no vax” perché affermerebbe la libertà del medico di sconsigliare la vaccinazione, così da paralizzare l’iniziativa disciplinare ordinistica (OMCeO) nei confronti dei medici che sono in aperto disaccordo con le imposizioni ministeriali e della comunità medica che si è assoggettata a tali diktat, pur motivandoli sula base di asserzioni scientifiche o pseudoscientifiche.

Con questa disamina non si vuole sostenere l’una o l’altra parte del conflitto scientifico che ha interessato le avversarie fazioni mediche, pur se personalmente protendo per la libertà dell’autodeterminazione del paziente e scientifica che costituisce il sapere (conoscenza scientifica più o meno pertinente e approfondita) e il fare del medico (inteso come esperienza nel campo attinente alla branca specialistica), ma da semplice giurista non posso che attenermi a quanto stabilito dalla sentenza in esame che ritengo, al pari di quelle della Corte Costituzionale, eccessivamente forzate per i motivi che vado ad illustrare.

Il dott. Giovanni Frajese, ben conosciuto grazie alla cronaca vaccinale, dichiaratosi medico vaccinale, ha proposto ricorso avverso la decisione del Tribunale dell’Unione europea basato su 4 motivi, tutti rigettati anche dalla Corte di Giustizia (che opera in fase di appello rispetto al tribunale europeo).

Tralasciando l’esame dei primi due motivi, in quanto attengono a questioni squisitamente procedurali, le altre due eccezioni sollevano dubbi di interesse sanitario perché riguardano, essenzialmente, lo spatium deliberandi del medico in ambito normativo-sanitario e i limiti dell’etica deontologica medica connessa (rectius: incompatibile) alla norma impositrice legiferata dal Governo.

La prima questione
Ci si chiede se il medico, in quanto tale, è soprattutto vaccinatore, debba necessariamente conoscere il contenuto, gli effetti avversi e le incompatibilità del vaccino in quanto farmaco e, quindi, della possibilità che il medico stesso possa sconsigliare la vaccinazione. Naturalmente la regola vale per qualunque medico si trovi a dover esprimere un parere specialistico al paziente perché questi sia edotto sui rischi vaccinali in relazione alle proprie comorbilità.

La sentenza stabilisce due regole giuridiche:

  • 1) il medico non deve accollarsi nessuna responsabilità per quanto possa accadere al paziente durante la vaccinazione né risponde sul piano civile e penale delle conseguenze derivanti dal vaccino, perché la sua sicurezza e la sua efficacia è garantita, a monte, dall’EMA. In poche parole è chi produce il farmaco che ne attesta l’efficacia e la sicurezza e ciò non deve interessare il medico (e, aggiungerei, sul quale grava solo l’onere di eseguire la prestazione secondo le leges artis). In effetti questa non è una novità perché il medico, come per chiunque, non risponde delle caratteristiche di un prodotto; ne risponde il produttore.
  • 2) Pur se il medico nutrisse dubbi sulla sicurezza e sull’efficacia del prodotto, egli resterebbe libero di non raccomandare e non somministrare il vaccino (punto 36 della sentenza). Su questa dichiarazione, il web ha reagito deducendo che il medico avrebbe potuto semplicemente sconsigliare la vaccinazione per ragioni di sicurezza (non essendo stato supportato, il vaccino, da alcuna idonea sperimentazione), soprattutto durante la vigenza dell’art. 4, D.L. n. 44/21 e che, quindi, le sanzioni ordinistiche comminate ai medici dissenzienti siano state francamente illegittime. Così sembrerebbe da una lettura superficiale della sentenza, ma, purtroppo, al punto 51, la Corte precisa che la base giuridica per obbligare il medico a somministrare e prescrivere il vaccino, la si “potrebbe trovare nel diritto nazionale dello Stato membro in questione”, cioè, afferma la Corte, i medici sono libero di sconsigliare il vaccino, ma solo come regola di massima, perché se, come in Italia, viene introdotto un obbligo di legge (come lo è stato, appunto, il D.L. n. 44/2021), tale facoltà viene meno e il medico è soggetto alle sanzioni previste per la sua resistenza. È vero che al punto 50, la Corte appena tange la necessaria prescrizione medica quale elemento preliminare alla vaccinazione, ma il successivo punto 51 (sopra citato) investe anche questa deduzione sollevata da Frajese, tanto è vero che, purtroppo, è stato condannato alle spese legali per la totale soccombenza nel giudizio.

Particolarmente interessante è, invece, il punto 54 della sentenza perché, pur contestando al ricorrente la carenza probatoria della sua pista difensiva, si ammette che la responsabilità del medico sarebbe rilevante qualora non sconsigliasse la vaccinazione in presenza di particolari trattamenti o patologie evidentemente rischiose dal punto di vista vaccinale (cosa peraltro già prevista dal D.L. n. 44/21).

La seconda questione
Ci si chiede quale sia il limite impositivo degli Stati nell’ambito del trattamento sanitario.

Pur non concordando la decisione offerta dalla Corte, per ragioni esegetiche dell’art. 32, co. 2, Cost., alle quali rimando in altra trattazione, si è deciso, al punto 67, che gli Stati dispongono di piena discrezionalità quanto all’opportunità di imporre ai medici il ricorso ai vaccini e se necessario anche utilizzando i consueti strumenti coercitivi previsti dall’ordinamento.

È, per chi scrive, una argomentazione lapidaria che non offre spunti di riflessione giuridica così come è stata resa ed è per tali motivi che non può essere accolta se non corroborata da altri ulteriori elementi giustificativi come, per esempio, una adeguata motivazione di sicurezza nazionale, intesa nel senso di salute pubblica necessitata e motivata almeno scientificamente e non solo politicamente.

In conclusione, non pare che la CGE abbia fatto un passo in avanti verso il concetto di autodeterminazione e libertà di cure e di scelte mediche, pare, invece, che le ragioni giuridiche sottese tali motivazioni non siano chiaramente evincibili e convincenti e, in particolare, a chi nasce e vive nelle regole libertarie.

Autore: Il Prof. Mauro Di Fresco insegna all’Università Sapienza di Roma, presso la I e la II Facoltà di Medicina, le materie di diritto del lavoro, diritto amministrativo e diritto sanitario. È laureato in Scienze Giuridiche e in Giurisprudenza e ha seguito un percorso formativo in diritto pubblico, oltre a un master biennale di II livello presso la Corte Suprema di Cassazione in diritto sanitario. È membro ed è stato presidente del Comitato Mobbing dell’Università, nonché consulente legale nazionale dell’UGL Medici e del Nursind Infermieri.

Mauro Di Fresco

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